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Written by: Biennale di Venezia

Biennale 2016: l’Austria va al fronte per i rifugiati

Biennale 2016: l’Austria va al fronte per i rifugiati

La curatrice Elke Delugan-Meissl illustra la partecipazione austriaca: “Orte für Menschen” (Luoghi per le persone), in controtendenza rispetto alle politiche repressive del governo in tema di ospitalità ai migranti

 

A differenza della politica ufficiale del governo, la presenza austriaca alla Biennale non si spaventa di porsi obiettivi politici ambiziosi. Dagli alloggi temporanei per richiedenti asilo allo sprawl urbano, la curatrice Elke Delugan-Meissl intende sviscerare gli attuali punti caldi del fronte su cui si trova l’architettura. Resterà da verificare – a mostra terminata – quali di questi obiettivi saranno stati raggiunti e, soprattutto, se e come la disciplina architettonica sarà riuscita a superare i recinti veneziani per poter farsi promotrice di una profonda e articolata riflessione sui propri strumenti, sui propri limiti e sulla propria efficacia di fronte a questioni cruciali che solo una riflessione duratura, nachhaltig, è in grado di affrontare.

 

Come il padiglione austriaco affronterà il tema della prossima Biennale? E su quale “fronte” deve combattere l’architettura austriaca?

Secondo l’ONU, ci sono attualmente 60 milioni di rifugiati nel mondo, di cui 90.000 richiedenti asilo in Austria. Inoltre, la popolazione di Vienna è cresciuta, da gennaio 2013, di oltre 100.000 persone, pari alla popolazione di una città come Innsbruck. Questo è uno dei primi punti del “fronte” che l’architettura austriaca deve affrontare e che verrà analizzato a Venezia attraverso una serie di domande quali:

– la popolazione urbana è in crescita mentre i costi, economici e ambientali, della conseguente dispersione urbana ne mostrano tutti i limiti: come è possibile una maggiore densità urbana in chiave sostenibile?

– un numero sempre maggiore di cittadini (famiglie a basso reddito, studenti, rifugiati ecc.) non può permettersi di vivere in città: come è possibile convertire i numerosi edifici vuoti in alloggi per queste categorie?

– regolamenti datati e rigidi mostrano come larga parte dell’edilizia sociale sia anti-economica, rigida e inadatta alle necessità attuali: come possiamo creare modelli per un’edilizia a basso costo e più flessibile?

 

Ritiene che la presenza di “Orte für Menschen” (Luoghi per le persone) al padiglione veneziano, come rappresentazione istituzionale della cultura austriaca, possa incidere sulla politica ufficiale del governo che sembra ora orientarsi verso una svolta repressiva? E come può l’architettura rispondere nella pratica alle questioni sociali – rifugiati, residenze temporanee, cambiamenti demografici – in riferimento specifico al contesto austriaco?

Quando, alla fine dell’estate 2015, abbiamo iniziato il progetto, da un lato eravamo tutti scioccati dalle immagini di un’amministrazione sotto pressione e di campi rifugiati sovraffollati, dall’altro siamo stati incoraggiati dalle manifestazioni di benvenuto della società civile austriaca e delle Ong. Era chiaro per me che avremmo dovuto ora affrontare la questione, pur essendo questa solo una parte della vicenda. Fornire riparo e alloggi, soprattutto per chi si trova in difficoltà, è un compito di vitale importanza per gli architetti. Considero l’architettura una disciplina sociale, il cui ruolo è di disegnare tanto spazi quanto relazioni. Deve reagire rapidamente al variare delle condizioni, con lungimiranza e flessibilità. Deve istituire sinergie per cercare soluzioni complesse, mantenendo, difendendo e inventando sempre una qualità spaziale e funzionale. In questo senso, l’architettura deve reagire alla sfida demografica considerando i rifugiati esattamente come popolazione locale. La cosiddetta “crisi” dei rifugiati può essere la molla ma non è l’unica ragione per cui affrontiamo la questione delle strutture temporanee per l’abitare in città. Dobbiamo iniziare a pensare e costruire la città di un futuro che è già davanti ai nostri occhi. Dobbiamo lavorare sugli standard abitativi, sugli spazi pubblici, sul sistema educativo e del lavoro, sull’accessibilità alla vita culturale e molti altri punti che contribuiscono ad una società integrata e vivibile. Sono convinta che l’architettura possa offrire un contributo pratico. Dobbiamo però essere pronti a mettere in dubbio gli standard attuali, a sperimentare e a prendere dei rischi.

 

Come può la tradizione austriaca contribuire al dibattito attuale sull’edilizia residenziale pubblica?

Storicamente, Vienna può contare su una lunga tradizione. Da un lato, è ben servita dal piano urbanistico di Otto Wagner di fine Ottocento che prevedeva una città per 4 milioni di abitanti. Dall’altro lato, la città possiede 220.000 vani di residenza pubblica, di cui 65.000 costruiti tra il 1918 e 1934 quando il partito socialista comprò a basso costo i terreni dove costruire alloggi salubri per migliorare la condizione abitativa della classe operaia. Tuttavia, l’edilizia pubblica di oggi non è la soluzione adatta per la crisi attuale. Le sue tipologie antiquate, gli standard dispendiosi, i regolamenti inflessibili e restrittivi per i finanziamenti e le regole d’uso devono essere ridefinite per fornire soluzioni per il futuro. Dobbiamo testare e sviluppare nuovi modelli flessibili di edilizia residenziale che rispondano sia al cambiamento demografico che a un rinnovato contesto urbano. Questo è l’obiettivo di “Orte für Menschen”.

 

Come possono la mostra e i suoi contenuti oltrepassare il contesto accademico/disciplinare e spingersi oltre la Biennale?

Abbiamo già superato questi limiti, sottoponendo le nostre idee a una verifica esterna (reality check). I progetti dei gruppi da noi invitati – EOOS, the next ENTERprise e Caramel – sono attualmente, in collaborazione con le Ong, in fase di costruzione in tre differenti luoghi di Vienna. Ogni progetto offre alloggio temporaneo ai rifugiati e allo stesso tempo ne supporta le diverse attività, quali il lavoro e la comunicazione. Certo, sono dei prototipi. Siamo consapevoli che non tutto sarà perfetto ma, solo mettendo a verifica queste idee, potremmo capire di più delle interfacce, dei limiti e mettere in risalto le opportunità offerte da questa nuova realtà urbana. La mostra presenterà questi prototipi, i loro processi, i loro protagonisti e i risultati, mentre i progetti a Vienna continueranno ad essere sviluppati e costruiti. Siamo fiduciosi che gli interventi successivi beneficeranno dalla nostra esperienza.

 

Per_approfondire

I curatori

Elke Delugan-Meissl è, insieme a Roman Delugan, titolare dello studio Delugan-Meissl Associated Architects (DMAA), fondato a Vienna nel 1993. Dai primi progetti di architettura residenziale alla larga scala, come l’edificio The Beam (1998) e la Mischek-Tower (2000), entrambi a Vienna, lo studio ottiene ben presto risonanza internazionale, grazie alla realizzazione del Porsche Museum a Stoccarda nel 2008 e del Film Institute Netherlands (EYE), completato ad Amsterdam nel 2011. Sono inoltre autori del Campus dell’Università di Scienze applicate di Vienna nel 2009 e del Centro di geriatria della Donaustadt del 2015. Hanno vinto vari concorsi di architettura, tra i quali quello per il Badisches Staatstheater di Karlsruhe e quello per la Campus Tower presso la Hafen-City di Amburgo.

Autore

  • Matteo Trentini

    Architetto (nato nel 1980), si è formato tra Milano e Vienna, città dove ha collaborato con numerosi studi alla realizzazione di progetti a diverse scale. Dottorando in Storia dell'Architettura presso l'Accademia di Architettura di Mendrisio, scrive di architettura su riviste e quotidiani ("Il Giornale dell'Architettura", "Costruire", "Il Manifesto")

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Last modified: 6 Aprile 2016