Aspettavamo con ansia, e con qualche preoccupazione, il decreto del governo sulla semplificazione delle procedure edilizie annunciato nella primavera scorsa come il secondo pilastro del Piano casa e di cui era circolata qualche bozza non molto rassicurante.
In molti ci siamo chiesti che fine avesse fatto questo provvedimento. Pochi giorni fa lance ha ribadito linsufficienza dei provvedimenti regionali per ridare slancio alledilizia e ha chiesto di approvare rapidamente le modifiche al Testo Unico.
Il vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, ha offerto ampie garanzie dichiarando che «la semplificazione delle procedure del Piano casa è unemergenza nazionale». Ma, cogliendo tutti di sorpresa, il governo non ha per ora approvato quel decreto ma stralciato alcuni suoi contenuti inserendoli in un DDL omnibus intitolato «Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per lemanazione della carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche», presentato dai ministri Renato Brunetta e Roberto Calderoli e approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri il 12 novembre scorso.
Se leggiamo larticolo 7 del provvedimento ci accorgiamo che viene modificato il DPR 380/2001. Vengono ridefinite le attività edilizie libere, non soggette, cioè, neanche a DIA. In particolare, la novità è rappresentata dalle opere di manutenzione straordinaria per le quali non è più richiesto alcun titolo abilitativo a patto che «non riguardino le parti strutturali delledificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incrementi degli standard urbanistici». Il DDL si preoccupa, tuttavia, di rendere obbligatoria, per chi si accinge a ristrutturare la casa o lufficio, la comunicazione, anche per via telematica, dellimpresa a cui si intende affidare i lavori. In questa nuova dinamica semplificata la figura del tecnico progettista è del tutto scomparsa, non deve essere comunicata perché se ne può tranquillamente fare a meno.
Chiariamo subito che siamo i primi sostenitori della necessità di inserire forme di forte semplificazione e accelerazione delle procedure edilizie che, nel nostro paese, sono imprigionate nelle sabbie mobili di un sistema normativo farraginoso, complicato, contraddittorio. Ben vengano dunque tutti i provvedimenti che aiutano a sbrogliare questa matassa. Santo subito il ministro Brunetta per aver inserito allarticolo 14 del DDL la delega al governo per adottare norme che obblighino le amministrazioni pubbliche ad accettare domande, dichiarazioni, comunicazioni, elaborati tecnici in modalità telematica e a inoltrare tutta la documentazione necessaria ad altre amministrazioni sempre per via telematica. LOrdine degli Architetti di Roma si batte da anni per questi obiettivi, ha anticipato i tempi con il progetto della scrivania virtuale, ha siglato accordi con singole amministrazioni pubbliche per rendere operativi i sistemi di firma digitale, di posta certificata, di inoltro telematico delle pratiche edilizie e di controllo telematico degli iter burocratico-autorizzativi.
Ma ciò detto, siamo sicuri che aver reso del tutto inutile la figura del tecnico progettista negli interventi di manutenzione straordinaria sia la panacea di tutti i mali? Quale sarà il soggetto in grado di verificare e certificare che una manutenzione straordinaria non incide su parti strutturali delledificio? A chi è affidato il controllo del rispetto – considerato comunque obbligatorio dallarticolo 7 del DDL – di normative antisismiche e igienico-sanitarie, di sicurezza, di efficienza energetica, delle prescrizione del Codice dei Beni culturali?
Dalla lettura della proposta di legge si coglie che per il governo tutto ciò è assicurato dalla semplice accoppiata committente-impresa. Allamministrazione pubblica servono questi due soggetti, il resto è esornativo. La vera semplificazione per cittadini e imprese nei rapporti con le amministrazioni consiste, in questo caso, nelleliminazione della figura del tecnico abilitato. Butterò giù muri «non portanti» (o presunti tali), aprirò varchi, realizzerò, trasformerò, sposterò impianti tecnologici in assoluta autonomia. Non posso certo improvvisarmi muratore, idraulico, elettricista perché ho lobbligo di comunicare il nome di unimpresa esecutrice. Posso improvvisarmi progettista, esperto di strutture, impianti o normative urbanistiche. In fondo, per il legislatore, opere di questo tipo sono equiparabili tranquillamente a una pavimentazione di spazi esterni o alla posa in opera di elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
Significativo è un brano dellarticolo apparso sul «Sole24Ore» il 15 novembre che recita: «la presenza di un tecnico abilitato e di un progetto per le opere di minore importanza non è indispensabile, mentre, solo per le manutenzioni straordinarie o assimilate, quali la realizzazione di nuovi bagni, è necessario indicare limpresa esecutrice».
A cosa mai serviranno linutile «relazione a firma di un progettista abilitato», gli «opportuni elaborati progettuali», le asseverazioni della «conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie»?
Come non capire che è molto più importante (sic) la presenza del tecnico abilitato se divido un appartamento in due unità immobiliari distinte, procedimento per cui il legislatore si preoccupa di rendere obbligatoria la DIA con tutte le procedure conseguenti. In fondo nel nostro paese non è mai successo che crollasse un palazzo in conseguenza di una manutenzione straordinaria disinvolta. O no?
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