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Francesco OrofinoWritten by: Reviews

Senza architetto è più semplice?

Aspettavamo con ansia, e con qualche preoccupazione, il decreto del governo sulla semplificazione delle procedure edilizie annunciato nella primavera scorsa come il secondo pilastro del Piano casa e di cui era circolata qualche bozza non molto rassicurante.
In molti ci siamo chiesti che fine avesse fatto questo provvedimento. Pochi giorni fa l’ance ha ribadito l’insufficienza dei provvedimenti regionali per ridare slancio all’edilizia e ha chiesto di approvare rapidamente le modifiche al Testo Unico.
Il vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, ha offerto ampie garanzie dichiarando che «la semplificazione delle procedure del Piano casa è un’emergenza nazionale». Ma, cogliendo tutti di sorpresa, il governo non ha per ora approvato quel decreto ma stralciato alcuni suoi contenuti inserendoli in un DDL omnibus intitolato «Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l’emanazione della carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche», presentato dai ministri Renato Brunetta e Roberto Calderoli e approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri il 12 novembre scorso.
Se leggiamo l’articolo 7 del provvedimento ci accorgiamo che viene modificato il DPR 380/2001. Vengono ridefinite le attività edilizie libere, non soggette, cioè, neanche a DIA. In particolare, la novità è rappresentata dalle opere di manutenzione straordinaria per le quali non è più richiesto alcun titolo abilitativo a patto che «non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incrementi degli standard urbanistici». Il DDL si preoccupa, tuttavia, di rendere obbligatoria, per chi si accinge a ristrutturare la casa o l’ufficio, la comunicazione, anche per via telematica, dell’impresa a cui si intende affidare i lavori. In questa nuova dinamica semplificata la figura del tecnico progettista è del tutto scomparsa, non deve essere comunicata perché se ne può tranquillamente fare a meno.
Chiariamo subito che siamo i primi sostenitori della necessità di inserire forme di forte semplificazione e accelerazione delle procedure edilizie che, nel nostro paese, sono imprigionate nelle sabbie mobili di un sistema normativo farraginoso, complicato, contraddittorio. Ben vengano dunque tutti i provvedimenti che aiutano a sbrogliare questa matassa. Santo subito il ministro Brunetta per aver inserito all’articolo 14 del DDL la delega al governo per adottare norme che obblighino le amministrazioni pubbliche ad accettare domande, dichiarazioni, comunicazioni, elaborati tecnici in modalità telematica e a inoltrare tutta la documentazione necessaria ad altre amministrazioni sempre per via telematica. L’Ordine degli Architetti di Roma si batte da anni per questi obiettivi, ha anticipato i tempi con il progetto della scrivania virtuale, ha siglato accordi con singole amministrazioni pubbliche per rendere operativi i sistemi di firma digitale, di posta certificata, di inoltro telematico delle pratiche edilizie e di controllo telematico degli iter burocratico-autorizzativi.
Ma ciò detto, siamo sicuri che aver reso del tutto inutile la figura del tecnico progettista negli interventi di manutenzione straordinaria sia la panacea di tutti i mali? Quale sarà il soggetto in grado di verificare e certificare che una manutenzione straordinaria non incide su parti strutturali dell’edificio? A chi è affidato il controllo del rispetto – considerato comunque obbligatorio dall’articolo 7 del DDL – di normative antisismiche e igienico-sanitarie, di sicurezza, di efficienza energetica, delle prescrizione del Codice dei Beni culturali?
Dalla lettura della proposta di legge si coglie che per il governo tutto ciò è assicurato dalla semplice accoppiata committente-impresa. All’amministrazione pubblica servono questi due soggetti, il resto è esornativo. La vera semplificazione per cittadini e imprese nei rapporti con le amministrazioni consiste, in questo caso, nell’eliminazione della figura del tecnico abilitato. Butterò giù muri «non portanti» (o presunti tali), aprirò varchi, realizzerò, trasformerò, sposterò impianti tecnologici in assoluta autonomia. Non posso certo improvvisarmi muratore, idraulico, elettricista perché ho l’obbligo di comunicare il nome di un’impresa esecutrice. Posso improvvisarmi progettista, esperto di strutture, impianti o normative urbanistiche. In fondo, per il legislatore, opere di questo tipo sono equiparabili tranquillamente a una pavimentazione di spazi esterni o alla posa in opera di elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
Significativo è un brano dell’articolo apparso sul «Sole24Ore» il 15 novembre che recita: «la presenza di un tecnico abilitato e di un progetto per le opere di minore importanza non è indispensabile, mentre, solo per le manutenzioni straordinarie o assimilate, quali la realizzazione di nuovi bagni, è necessario indicare l’impresa esecutrice».
A cosa mai serviranno l’inutile «relazione a firma di un progettista abilitato», gli «opportuni elaborati progettuali», le asseverazioni della «conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie»?
Come non capire che è molto più importante (sic) la presenza del tecnico abilitato se divido un appartamento in due unità immobiliari distinte, procedimento per cui il legislatore si preoccupa di rendere obbligatoria la DIA con tutte le procedure conseguenti. In fondo nel nostro paese non è mai successo che crollasse un palazzo in conseguenza di una manutenzione straordinaria disinvolta. O no?

Autore

  • Francesco Orofino

    Segretario generale IN/Arch, è socio fondatore dello studio GAP Architetti Associati con il quale svolge la propria attività professionale, in Italia ed all’estero, dal 1992. È stato consigliere dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia, esperto del Comitato economico e sociale dell’Unione Europea, professore a contratto presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari, consulente dell'ONG "Progetto Sud" per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo, nel settore della realizzazione di opere civili e della redazione di programmi di cooperazione. Nel 2012 è stato coordinatore generale della mostra "Le quattro stagioni. Le architetture del made in Italy da Adriano Olivetti alla green economy" curata da Luca Zevi e allestita per il Padiglione Italia alla 13. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia

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Last modified: 17 Luglio 2015