Un breve commento alle assegnazioni dei Leoni d’Oro della 18. edizione della Biennale di Venezia
VENEZIA. In una Biennale tanto sorprendente non fanno eccezione i premi: non scontati, in alcuni casi spiazzanti. Si comincia da quello alla carriera, annunciato già a marzo. Nei giorni di vernice, la presenza di Demas Nwoko – 88enne artista poliedrico nigeriano – si è distinta, anche plasticamente, simbolo del cambio di visione. Due anni fa era andato ad un “mostro sacro” dell’architettura (e dei suoi racconti), Rafael Moneo. Il passaggio di testimone è emblematico: Nwoko è figura poco conosciuta in Occidente. Nella sua esperienza profondamente africana il progetto architettonico è intrinsecamente legato all’arte e all’ibridazione dei linguaggi, tra materialità e decorativismo.
L’Africa – così dominante in Mostra – resta fuori quasi del tutto fuori dai Leoni assegnati dalla giuria (presieduta da Ippolito Pestellini Laparelli, già partner in OMA, fondatore di 2050+). Quello d’Oro per la miglior partecipazione nazionale va al Brasile. Nel Padiglione ai Giardini, il titolo secco (Terra/Earth) si ritrova nella chiarezza tematica. Terra fisica (distribuita al suolo) ma anche terra come memoria e come storia. Perché “il futuro è ancestrale” – dicono i curatori, Gabriela de Matos and Paulo Tavares – e la terra è uno strumento. C’è coerenza con un’impostazione legata alle tradizioni locali di questa Biennale.
Sorprende, invece, la menzione speciale a Dancing Before the Moon, il Padiglione inglese. Il registro è radicalmente diverso, un percorso artistico tra opere d’arte (o come tali proposte) in cui pare davvero difficile cogliere “la potenza dei rituali quotidiani come forme di resistenza e come pratiche spaziali nelle comunità della diaspora”, celebrata dalla giuria. E soprattutto a individuare il filo rosso di una sperimentazione laboratoriale sullo spazio: dove sta questo futuro?
Il miglior partecipante invitato è invece DAAR, studio interdisciplinare di Stoccolma che già nell’acronimo (Decolonizing Architecture Art Research) interpreta alla perfezione lo sfondo del Laboratorio di Lokko. Da alcuni anni sviluppa un lavoro di scomposizione allusiva (profanazione, dicono Sandi Hilal e Alessandro Petti) della facciata dell’insediamento rurale siciliano di Borgo Rizza. Installazione sperimentale e itinerante (in sosta alle Corderie) premiata per un non del tutto chiaro “profondo coinvolgimento politico con pratiche architettoniche e di apprendimento della decolonizzazione in Palestina e in Europa”.
Le menzioni speciali sono andate per lavori sempre sul crinale di post-colonialismo, ricerca militante e progetto collaborativo a Twenty Nine Studio / Sammy Baloji (Belgio), Wolff Architects (Sudafrica) e Thandi Loewenson (Inghilterra). Leone d’argento per un promettente giovane all’artista americano, nigeriano di nascita, Olalekan Jeyifous (46 anni), per un lavoro multimediale su costruzione e immaginazione.
Immagine di copertina: Demas Nwoko premiato con il Leone d’Oro alla carriera nella cerimonia del 19 maggio, con Lesley Lokko e Roberto Cicutto (© Jacopo Salvi, Courtesy La Biennale di Venezia)
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Biennale Venezia 2023 , premi
Last modified: 23 Maggio 2023