La Sammlung Scharf-Gerstenberg di Berlino omaggia la leggendaria pellicola horror facendo anche luce sulla figura del suo vero padre, l’architetto e occultista tedesco Albin Grau
BERLINO. 4 marzo 1922: la neonata casa di produzione Prana-Film invita i berlinesi alla grande festa (dress code: Biedermeier) che si tiene alla Sala dei Marmi presso Zoo per accompagnare l’attesissimo debutto del film “Nosferatu – Eine Symphonie des Grauens”. Friedrich Wilhelm Murnau in qualità di regista, Henrik Galeen di drammaturgo e Albin Grau di scenografo tuttofare fanno il colpo del secolo: la loro pellicola cambierà per sempre la storia del cinema.
Tutti conoscono Nosferatu, il mostro-vampiro che si avventa sul collo d’innocenti vittime e che s’imbarca su un veliero alla volta dell’Occidente per portarvi la peste e il terrore. La sequenza in cui l’ombra proiettata dal suo corpo ricurvo sale le scale che conducono alla camera della bramata Ellen e quella in cui la sua spettrale silhouette troneggia sul ponte del vascello infestato dai ratti sono diventate leggenda e fonte d’ispirazione per migliaia di pellicole horror da 100 anni a questa parte.
Albin Grau, vero padre-artefice
Si tratta di un personaggio letterario relativamente giovane ma con radici antiche che si perdono nell’oscurità primigenia di un’era remota, opposta alla luminosa età del progresso e delle conquiste tecnico-scientifiche. Moltissimi sono i topoi letterari, artistici e storici che ne ispirano la creazione: alcuni l’individuiamo con facilità, perché sono le nostre più ancestrali paure, gli altri ci vengono svelati da una mostra ricca di suggestioni tali da destare un impellente desiderio di approfondimento. Anzitutto per rendere giustizia al suo vero padre-artefice, non lo stranoto Murnau, ma il direttore artistico, costumista, produttore ed architetto Albin Grau (1884-1971), figura di spicco della scena occultista/esoterica nella Berlino degli anni venti, seguace di Aleister Crowley, grafico pubblicitario ante-litteram, pittore e studioso dell’antico, tanto immerso nel suo tempo quanto ad esso insofferente.
S’improvvisa uomo d’affari in un mondo delle arti in rapida trasformazione, trovando negli scintillanti studi cinematografici di Babelsberg un nuovo terreno di conquista e scalando al contempo le gerarchie di alcune celebri logge segrete. Grau vive appieno un’epoca di transizione, fresca di novità eppure anche decadente, perso nel nevrotico ritmo accelerato della metropoli che tutto divora, come nella celebre pellicola di Fritz Lang. Grande eclettico, impiega tutte le sue energie nella produzione del primo vero film horror della storia, impregnandone ogni singolo fotogramma di simboli e rimandi a un bagaglio culturale vecchio di secoli, al pubblico dell’epoca ancora piuttosto accessibile: dalle atmosfere romantiche di Caspar David Friedrich e Carl Carus a quelle oniriche di Franz Sedlacek, dalle solitudini e Sehnsucht di Max Klinger e Edvard Munch agli incubi di Alfred Kubin, dalle citazioni letterali dei capricci di Goya a quelle di altre opere simboliste, surrealiste e soprattutto espressioniste nel disegno preciso di scene, costumi e situazioni.
Un personaggio saturo di antisemitismo
Lo stesso protagonista della pellicola rimanda, ahinoi, al noto, vecchio immaginario antisemita europeo, capace d’infettare secoli di crudeltà ed ignoranza: il caratteristico copricapo e i caratteri somatici di Orlok/Nosferatu, il suo terribile isolamento, la natura del suo nutrimento ma anche la sapienza antica (è chiamato il Maestro) che mostra nel dominare gli elementi e che s’intravede comparire in scena nel testo di una misteriosa lettera con simboli cabalistici, non son altro che la personificazione delle fantasie di Grau sature dei pregiudizi razzisti molto in voga nella Germania di quegli anni. Nosferatu non è uno di noi: viene da lontano per avvelenare i pozzi di un altresì piuttosto noioso, ridicolo e idilliaco mondo tutto dio-patria-famiglia.
La mostra
Si comincia il percorso espositivo passando per l’imponente Porta del Tempio egizio di Kalabsha (ospite temporanea del museo), che, come una fenomenale Stargate, immette nell’universo parallelo del trascendente e della luccicante Berlino dei roaring twenties. Da qui prende avvio un viaggio per stazioni, 6 in tutto, in cui l’architettura gioca un ruolo da protagonista, illustrata da stampe, progetti, fotografie e accompagnata da scritti e libri d’epoca in un eccezionale apparato iconografico che spiega fin nel più piccolo dettaglio la genesi del film e abbonda di riferimenti ad altre celebri pellicole espressioniste dell’età del muto.
Non c’è spazio per le frenetiche melodie da Tanz auf dem Vulkan solitamente associate alla Germania di Weimar: al loro posto risuonano le note di un Ballo in fa diesis minore, danza macabra di un non-tempo di cui Nosferatu è epitome per l’eternità.
Immagine di copertina: Albin Grau, Progetto per la locandina del film, 1921, acquarello, presso la Kantonsbibliothek Appenzell Ausserrhoden, Trogen, Svizzera © Kantonsbibliothek Appenzell Ausserrhoden, Trogen
“Phantome der Nacht: 100 Jahre Nosferatu” (Fantasmi della notte: 100 anni di Nosferatu)”
fino al 23 aprile 2023
Sammlung Scharf-Gerstenberg, Berlino
Una mostra speciale di Nationalgalerie – Staatliche Museen zu Berlin/smb in sei capitoli: Berlino, 4 marzo 1922; Traute Heimat – Idyll und Sehnsucht – Casa dolce casa – Idillio e anelito; Die unheimliche Reise – Il viaggio inquietante, Das Tor – La porta; Der Tod kommt in die Stadt – La morte arriva in città; Morgengrauen – L’alba
https://www.smb.museum/ausstellungen/detail/phantome-der-nacht/
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anniversari , berlino , cinema
Last modified: 21 Gennaio 2023