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Luca GibelloWritten by: Città e Territorio

I grandi opifici, motori di sviluppo

Il riuso degli ex opifici è uno dei temi principali della 12° edizione di Urbanpromo. Un commento e i 5 casi studio

 

Tra i principali nodi di discussione della 12° edizione di Urbanpromo – manifestazione nazionale di riferimento per il marketing urbano e territoriale organizzata dall’Istituto Nazionale di Urbanistica e da Urbit alla Triennale di Milano dal 17 al 20 novembre – figurano le prospettive inerenti il riutilizzo degli ex opifici. La rigenerazione delle aree industriali dismesse è stata una dei temi intorno ai quali è ruotato il dibattito sulle politiche urbane a cavallo del passaggio del millennio. Un fenomeno che, in Italia come altrove, ha registrato un impatto urbanistico (si pensi alla messa a punto di tutta una serie di particolari strumenti di piano: dai Programmi integrati d’intervento ai Programmi di riqualificazione urbana, edilizia e ambientale), culturale (come la nascita di Audis, associazione Aree urbane dismesse) ed edilizio (con l’apertura di diversi cantieri su lotti di grandissime dimensioni, molti dei quali ben superiori ai 10 ettari: dalle «Spine» di Torino all’ex Italsider e all’ex Ansaldo a Genova, dall’ex Alfa Romeo all’ex Innocenti Maserati a Milano, dall’ex Michelin a Trento all’ex Zanussi a Conegliano Veneto, dall’ex Bertoli a Udine all’ex Orsi Mangelli a Forlì, dall’ex Breda a Pistoia all’ex Fiat a Firenze). Poi la crisi economica e le sue conseguenze nel mondo del real estate – con un mercato immobiliare saturo e privo di capacità di sperimentare modelli edilizi e funzionali alternativi – ha bloccato quasi tutto, anche per i costi sempre più ingenti delle bonifiche (che, ovviamente, nessuno si vuole accollare). Risulta così quasi surreale riprendere in mano, a soli dieci anni dalla pubblicazione, un volume (Stop&go: il riuso delle aree industriali dismesse in Italia. 30 casi studio, curato da chi scrive insieme ad Andrea Bondonio, Guido Callegari e Cristina Franco per i tipi di Alinea, 2005) che tentava di fotografare lo stato dell’arte inerente la costruzione di nuove parti di città e che oggi pare la storia ormai lontana di un gigantesco incompiuto urbanistico nazionale.

La mutata prospettiva ci fa capire che forse sono stati compiuti errori strategici e che, forse, l’orizzonte del mero profitto speculativo non è praticabile. Si guarda così con maggiore attenzione alle testimonianze edilizie presenti in quelle aree e non alle cubature possibili in base alle superfici dei lotti. Si radica con maggiore consapevolezza l’idea di un recupero – certo arduo e problematico – dei contenitori, un tempo cattedrali del lavoro, invece che pensare alla tabula rasa. Si ragiona maggiormente sulla possibilità di sovrapporre nuovi segni e funzioni a partire da edifici testimoni di fondamentali vicende economiche, sociali e materiali. Stratificare significati vuol dire operare per addizioni valoriali; vuol dire ripensare la propria storia senza negarne alcune radici; vuol dire provare a percorrere la strada della qualità rispetto a quella delle quantità.

I casi studio presentanti

Ex Ansaldo a Milano

Nel medesimo comparto ex industriale che, dal 27 marzo scorso, ospita il MUDEC (Museo delle culture), è prevista, a distanza di un anno – il 30 marzo 2016 – l’inaugurazione di BASE. A place for cultural progress, un progetto culturale e produttivo messo a punto da Arci Milano, Avanzi, esterni, h+, Make a Cube3 (aggiudicatisi il bando di gestione per 12 anni) insieme al Comune. Si tratta di 6.000 mq ricavati nell’ex stecca delle Acciaierie Ansaldo, tra via Bergognone e via Tortona, destinati a incubatore e laboratorio per talenti e imprese creative. Un progetto che coinvolge la città, attraverso il lancio della prima Call to Action aperta a imprese, organizzazioni no profit, gruppi informali e liberi professionisti italiani e internazionali per proporre progetti e idee ma soprattutto per diventare partner strategici dell’iniziativa fin dalla sua nascita. Il progetto architettonico è firmato da Onsitestudio: grandi ambienti d’incontro, studio e lavoro, connessi tra loro e aperti anche di notte. Al pianterreno, due grandi sale ospiteranno un bar-gastronomia sempre aperto, un bookshop, un cinema-teatro e diversi palchi a disposizione per presentazioni e spettacoli. Al primo piano, accanto agli spazi di co-working e ai laboratori, è previsto un ostello per ospiti e artisti di passaggio. I grandi spazi stabiliscono una relazione dialettica di natura urbana con una serie di piccoli e grandi volumi contenenti i servizi.

 

Ex Officine grandi riparazioni a Torino

Costruite a fine Ottocento per le riparazioni ferroviarie ma da tempo dismesse, e solo parzialmente rese agibili attraverso operazioni di messa in sicurezza in occasione di grandi eventi – come le mostre celebrative del 150° dell’Unità d’Italia -, le OGR rappresentano un importante tassello, al momento ancora vacante, della trasformazione urbana torinese. In particolare, il destino delle straordinarie «cattedrali» con tipologia edilizia a navate è legato alla da tempo compiuta realizzazione del grande boulevard urbano su cui si attestano: la cosiddetta «Spina centrale», definita dal PRG firmato da Gregotti Associati International a fine anni ottanta. Dal 2014, grazie a investimenti per 50 milioni della Fondazione CRT, sono cominciati i lavori di recupero per adibire le strutture a «piattaforma per l’innovazione, la ricerca e la produzione culturale e creativa fondata sull’incontro fra le discipline e sulla coproduzione di contenuti con partner pubblici e imprese in grado di veicolare investimenti sul territorio». In particolare, la manica Nord sarà destinata a piattaforma di coproduzione culturale e creativa per musica, teatro, audiovisivo, architettura e design, gaming, fotografia, tecnologie applicate all’arte e alla creatività. La manica Sud a centro per l’innovazione e le tecnologie, i processi di accelerazione d’impresa e la social entrepreneurship. Il transetto a luogo di loisir (ristorazione, caffetteria, design shop) a servizio del complesso.

 

Ex Manifattura tabacchi a Rovereto

Dismesso dal 2008, il comparto di 9 ettari è stato acquistato l’anno successivo dalla Provincia di Trento che, attraverso la società controllata Trentino Sviluppo, ha messo a punto il progetto di riqualificazione con l’obiettivo di realizzare un incubatore specializzato in tecnologie verdi, in parte già operativo dal 2011. Nel 2012, al primo edificio di 3.000 mq se ne è aggiunto un secondo da 4.000 mq, mentre attualmente si sta predisponendo una porzione aggiuntiva di 5 ettari che sarà pronta tra circa tre anni, sulla base di un masterplan redatto nel 2010 da un team composto da Arup, Kengo Kuma & Associates, CarloRattiAssociati e Kanso. Progetto Manifattura è un centro di innovazione industriale che opera prioritariamente nei settori dell’edilizia ecosostenibile, dell’energia rinnovabile, delle tecnologie per l’ambiente e per la gestione delle risorse naturali: attualmente conta 43 tra aziende e start-up, per un totale di circa 200 addetti.

 

Ex Officine Reggiane a Reggio Emilia

Sui 26 ettari del sito che ha ospitato la quarta fabbrica italiana dopo Fiat, Breda e Ansaldo sta sorgendo il Parco dell’innovazione, nuovo polo europeo per la ricerca e lo sviluppo. Primo anello della piattaforma logistica, tecnologica e di servizi che intende favorire la collaborazione tra imprese e ricerca industriale, concentrando in uno stesso luogo fisico le competenze distintive del territorio fungendo da incubatore, è stata la realizzazione, a fine 2013, del Tecnopolo: esito del recupero del Capannone 19 su progetto di Andrea Oliva. Nel febbraio 2015 è stata costituita la Società di trasformazione urbana Reggiane spa, la quale ha avviato i lavori di ripristino dei Capannoni 17 e 18: una partnership pubblico-privata da circa 35 milioni che riguarda anche gli spazi pubblici di piazzale Europa e la riapertura e riqualificazione del braccio storico di viale Ramazzini (conclusione prevista nel 2017). Il progetto si avvale della partnership di Aster (la rete Alta tecnologia della Regione Emilia-Romagna), Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Crpa-Lab, Centro internazionale Loris Malaguzzi, Agenzia di progettazione europea, Unindustria Reggio Emilia e Iren Rinnovabili.

Opificio Golinelli a Bologna

L’intervento di trasformazione delle ex fonderie Sabiem (inaugurato il 3 ottobre scorso su progetto di diverserighestudio e vincitore del Premio Urbanistica), riguarda una cittadella per la conoscenza e per la cultura, su committenza della Fondazione Marino Golinelli.

 

Per_approfondire5

Sul Giornale:

L’Opificio Golinelli, casa-città alla periferia di Bologna

A che punto è il social housing?

 

Autore

  • Luca Gibello

    Nato a Biella (1970), nel 1996 si laurea presso il Politecnico di Torino, dove nel 2001 consegue il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica. Ha svolto attività di ricerca sui temi della trasformazione delle aree industriali dismesse in Italia. Presso il Politecnico di Torino e l'Università di Trento ha tenuto corsi di Storia dell’architettura contemporanea e di Storia della critica e della letteratura architettonica. Collabora a “Il Giornale dell’Architettura” dalla sua fondazione nel 2002; dal 2004 ne è caporedattore e dal 2015 direttore. Oltre a saggi critici e storici, ha pubblicato libri e ha seguito il coordinamento scientifico-redazionale del "Dizionario dell’architettura del XX secolo" per l'Istituto dell’Enciclopedia Italiana (2003). Con "Cantieri d'alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi" (2011, tradotto in francese e tedesco a cura del Club Alpino Svizzero nel 2014), primo studio sistematico sul tema, unisce l'interesse per la storia dell'architettura con la passione da sempre coltivata verso l’alpinismo (ha salito tutte le 82 vette delle Alpi sopra i 4000 metri). Nel 2012 ha fondato e da allora presiede l'associazione culturale Cantieri d'alta quota

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Last modified: 27 Novembre 2015