***5 curatrici rileggono il padiglione modernista di Bruno Giacometti in un progetto commissionato dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia
E se fosse stata Lisbeth Sachs, invece di Bruno Giacometti, a progettare il Padiglione svizzero?
Muove da questo interrogativo il progetto commissionato dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia e sviluppato dal gruppo curatoriale composto da Elena Chiavi, Kathrin Füglister, Amy Perkins, Axelle Stiefel e Myriam Uzor.
La partecipazione elvetica a questa 19.Biennale di Architettura schiera quattro giovani architette del team Annexe (attivo tra Ginevra e San Gallo) cui si aggiunge una giovane artista, Axelle Stiefel. La mostra dal titolo “Endgültige Form wird von der Architektin am Bau bestimmt” (“La forma finale è determinata dall’architetta sul cantiere”) mette in pratica un tentativo di riprogettazione dell’attuale Padiglione modernista realizzato negli anni cinquanta da Bruno Giacometti all’ingresso dei Giardini della Biennale. Un nuovo approccio (approfondito in anteprima nel nostro podcast a cura di Michele Roda e Laura Milan attraverso le interviste a Elena Chiavi e Kathrin Füglister) che di fatto sovrappone al Padiglione esistente l’architettura effimera del Padiglione delle belle arti creato da Lisbeth Sachs (1914-2002) per l’esposizione svizzera del 1958 dedicata al lavoro femminile (SAFFA) a Zurigo.
È un appunto della stessa Sachs, contemporanea di Bruno Giacometti, a dare il titolo all’esposizione e ad ispirare il concept.
Le curatrici, oltre a risollevare il tema della parità di genere (nessuno dei Padiglioni nazionali ai Giardini sino ad ora è stato progettato da una donna architetto), riflettono su come la visione di Sachs avrebbe potuto influenzare il progetto del Padiglione svizzero oggi. Si ispirano al suo approccio per creare una memoria spaziale frammentata e immersiva, ricostruendo elementi del piano radiale di Sachs e trasformandolo in uno spazio che ospita anche un sistema sonoro, un’installazione acustica parte fondamentale della mostra.
Ci spiega Axelle Stiefel: “questa è una politica dell’ascolto che non parte dalla voce, ma che riconosce come l’ascolto possa anche generare voce. «The Labour of Listening» di Kate Lacey è stato un punto di riferimento centrale per il nostro approccio sonoro all’esposizione.
Per «voce» intendiamo l’intero spettro dell’espressione vocale -emozione, rumore e il mormorio del mondo- che comunica ben più del solo significato.
Una volta introdotti a questa politica dell’ascolto, la domanda fondamentale diventa: quali sono le condizioni ottimali per un ascolto di questo tipo? La risposta è: la reciprocità. Ascoltare coinvolge non solo la cognizione, ma anche il riconoscimento. Ascoltando attraverso le differenze, favoriamo l’emergere di nuove prospettive riconoscendo e valorizzando la diversità.
Questo processo intersoggettivo prende forma in un archivio sonoro che documenta paesaggi acustici – dai rumori dei cantieri ai motori dei vaporetti – e si sviluppa attraverso una riproduzione che si reitera. Quello che si ascolta nel padiglione è il frutto di un anno di ascolto e registrazione, accompagnato dalla crescente familiarità degli architetti con il mezzo.
Cosa succede quando gli architetti ascoltano? Come il suono li trasforma? E cosa accade quando noi ascoltiamo gli architetti che ascoltano? Se l’ascolto è un modo per generare voce attraverso la reciprocità, come si riflette tutto questo nello spazio? Può un’architettura che ascolta generare uno spazio più critico?
La Kunsthalle di Sachs sembra suggerire di sì: la sua struttura circolare reindirizza l’attenzione verso ciò che spesso viene trascurato, incarnando pienamente questo principio”.
Endgültige Form wird von der Architektin am Bau bestimmt
Padiglione svizzero, Giardini della Biennale di Venezia
10 maggio – 23 novembre 2025
A cura di: Elena Chiavi, Kathrin Füglister, Amy Perkins, Axelle Stiefel e Myriam Uzor
Commissario: Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia: Sandi Paucic, Rachele Giudici Legittimo
prohelvetia.ch/it
Immagine di copertina: Padiglione Svizzero alla 19.Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia. Il team di progetto della mostra «Endgültige Form wird von der Architektin am Baubestimmt» presso lo studio a Zurigo (da sinistra a destra): Elena Chiavi, Amy Perkins, Myriam Uzor, Kathrin Füglister, Axelle Stiefel, Emma Kouass © Keystone/Gaëtan Bally
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Biennale Architettura 2025 , Lisbeth Sachs , venezia
Last modified: 23 Aprile 2025