Commenti al Report 2019 on the Italian Construction, Architecture and Engineering Industry sul vertice delle società di architettura e design elaborato da Guamari srl
La questione dell’imprenditorialità
In termini imprenditoriali l’architettura italiana continua a non volersi adeguare al resto del mondo. Rivendica la “centralità del progetto” senza volerne però pagare le conseguenze: cambiare cioè una mentalità elitaria (quando non “snobistica”) a favore di una più aziendale (nel senso migliore del termine). Questo vale in primis dal punto di vista dimensionale (sia per fatturato – e quindi risorse economico-finanziarie – sia per numero di dipendenti), ma non certo qualitativo. Dal momento, per esempio, che le nostre maggiori società di architettura (ma in alcuni casi anche studi professionali) hanno un prestigio e un presidio mondiale ben maggiore del loro mero posizionamento nelle classifiche (vuoi per fatturato vuoi per organico). E comunque, dall’analisi che l’autore (per conto di Guamari srl) conduce ogni anno e pubblica nel Report 2019 on the Italian Construction, Architecture and Engineering Industry, risulta che ben 43 delle prime 150 società di architettura (e di design) sono presenti con uffici stabili all’estero, in tutti i continenti con la sola esclusione dell’Australia. Per non parlare dei “cani sciolti”, cioè degli architetti italiani che hanno scelto la via dell’espatrio (più massicciamente nelle ultime generazioni che nelle precedenti) per la maggior parte lavorando (anche in posizioni apicali) in primarie società straniere ma anche mettendo a frutto, in Paesi dove “fare impresa” è più agevole che in Italia, la loro peculiare vis operandi costituendo società comunque piccole ma di buon successo.
L’architettura
Il nanismo dell’imprenditoria italiana del progetto è comunque un serio problema quando le opere da realizzare comportano grossi investimenti (e i loro committenti sono forzatamente esigenti e selettivi, soprattutto i nuovi soggetti dell’investimento immobiliare: i developers che hanno sbaragliato i “palazzinari”). L’impossibilità di assicurare non solo notevoli risorse umane da dedicare agli interventi, ma anche competenze interdisciplinari integrate e, last but not least, garanzie economico-finanziarie, spiega perché, al di là di un certo endemico provincialismo, molti grandi incarichi di progettazione, almeno dell’ultimo decennio, sono stati assegnati a società straniere (statunitensi, britanniche, francesi, giapponesi…) che hanno riservato alle italiane (non necessariamente di pura architettura) ruoli (non molto gratificanti) di local architects.
Pur nella piccolezza delle nostre società di architettura, con alcune eccezioni di studi professionali ridenominati ad hoc, il trend internazionale di adottare sigle spersonalizzanti sta prendendo sempre più piede, in particolare promuovendosi tramite brand o marchi che possano risultare accattivanti sul mercato. Naturalmente con esclusione delle “archistar” (o “archistarlet”), reali o presunte, che giocano soprattutto sul nome (quando non anche sulle “relazioni”) e quindi sull’autorialità della prestazione. Fanno parte di questo secondo gruppo personaggi quali (in ordine di fatturato delle rispettive società): Renzo Piano, Mario Cucinella, Antonio Citterio e Patricia Viel, Patricia Urquiola, Amedeo Schiattarella, Matteo Thun, Marco Piva, Michele De Lucchi, Piero Lissoni (che sorprende associando al suo nome quello di Miguel Casal Ribeiro), Stefano Boeri, Carlo Ratti, Massimiliano Fuksas (con l’onnipresente moglie Doriana), Flavio Albanese, Nicola Cantarelli, Alfonso Femia (separatosi due anni fa da Gianluca Peluffo), André Straja, Massimo Iosa Ghini, Gianmaria Beretta, Paolo Garretti, Simone Micheli (“Architectural Hero”), Dante Oscar Benini, Cino Zucchi, Guido Canali, Fabrizio Rossi Prodi…
Mentre le sigle di maggior successo, spesso più commerciale che culturale, sono (nell’ordine di fatturato di cui sopra): Lombardini22 (che si caratterizza per pluralità e pluridisciplinarietà dei partner), One Works, Progetto Cmr, Archea, ATIproject (fenomeno di crescita compulsiva), Design Group Italia, Park Associati, Made to Measure, Open Project, Genius Loci, Il Prisma Architettura, Archest, Archilinea, Ipostudio, Piuarch, Land Italia (specializzata nel paesaggio così come Ag&P Greenscape), deStudio, H&A Associati (nata dalla fusione di Hyd Architettura e ArkaAssociati), Abdr…
Un fenomeno crescente (e sintomatico) è il riappropriarsi da parte degli ingegneri di competenze architettoniche: non solo per occupare più spazi professionali (forti della loro presunta maggior credibilità imprenditoriale), ma anche per darsi una “patina” creativa che, come dimostrano i dati reddituali d’insieme della nostra classifica, significa maggiori margini (con minori investimenti). Società di matrice ingegneristica che negli anni hanno acquisito sempre più importanza in un’architettura che si potrebbe chiamare “integrata” (e che in alcuni casi permette loro di operare come local architects di società straniere coinvolte in progetti italiani) sono: Gpa, Straching, Hydea, Spi, General Planning, Tekne, Binini Partners…
Il design
Il Report 2019 on the Italian Construction, Architecture and Engineering Industry esamina anche le società al top del design (sia quando questa attività è svolta sinergicamente all’architettura, sia quando è appannaggio di società specializzate, in questi casi nelle più varie “nicchie” settoriali). E spesso chi offre servizi di design guadagna più di chi si limita all’architettura, non solo perché un singolo progetto permette una produzione di massa impensabile per gli edifici “pezzi unici” ma anche perché s’inserisce in quel filone del Made in Italy che ha più successo nel mondo grazie a una filiera, che s’innerva in società di contract e fit-out che esportano il look italiano all’insegna della moda e del lusso (ma anche di un’artigianalità rivisitata). Leader di questo specifico mercato (a cui è stato affibbiato da Confindustria l’infelice slogan “bello e ben fatto”), talvolta “commisto” a quello dell’architettura (soprattutto per gli interni) sono, nell’ordine: Citterio – Viel Interiors, Patricia Urquiola, Design Group Italia, Made to Measure (che opera come Dimore Studio), Lissoni Associati, Coima Image, Simone Micheli, Novembre, Paolo Badesco, Retail Design, Pls Design, Emme Elle e Design International. I servizi di design non si limitano però ai soli edifici, un’importante nicchia è infatti la progettazione d’interni per yacht e navi, in cui spiccano società quali Zuccon International, Francesco Paszkowski, Hydro Tec, Officina Italiana Design… In classifica trovano spazio anche realtà altamente specializzate che focalizzano la propria attività in campi poco battuti dai big dell’architettura diventandone leader e massimi esperti: come Metis (lighting design), Hangar (brand design) e Giò Forma (stage design).
I numeri
La classifica su dati 2018 delle top 150 società di architettura (e design) italiane (pubblicata, aggiornata a oggi, nel seguito) evidenzia un settore produttivo in buona salute (almeno al suo vertice), nonostante dimensioni che si confermano troppo ridotte per la competizione internazionale (e in assenza di fusioni tra società). La cifra d’affari di 396 milioni (un quinto all’estero), di quelle (quasi tutte) il cui bilancio è stato reperito a oggi, cresce nel 2018 del 13,3%, ma si mantiene sei volte inferiore a quella delle omologhe dell’ingegneria. Inoltre l’offerta è sempre più frammentata, con le top 5 che vedono il proprio peso calare da 19,1 a 16,4% sul totale del lotto. L’andamento è decisamente positivo anche per quanto riguarda la redditività: l’ebitda sale del 14,7% e l’utile netto addirittura del 39,3% (con appena quattro società su 150 che chiudono il bilancio 2018 in perdita). Le soddisfacenti prestazioni delle realtà in classifica sono ribadite anche dalla posizione finanziaria netta, ancora una volta confermata attiva e migliorata del 35,1%, oltre che dal patrimonio netto incrementato del 20%.
Analizzando le singole performance, i 5 campioni di crescita nel 2018 sono: ATIproject, che continua il trend positivo degli ultimi esercizi con un aumento del giro d’affari di quasi sei volte; Schiattarella Associati segue con un fatturato cinque volte maggiore rispetto al 2017, Giraldi Associati Architetti e Frigerio Design Group triplicano le proprie dimensioni, mentre Gbpa più che raddoppia. Le migliori redditività, in termini di ebitda margin, sono quelle di: ATIproject (63,9%), tre società di interior design quali Ad Architettura (56,6%), M²Atelier (48,3%) e Duccio Grassi Architects (45,5%), seguite da Archea Associati (37,4%). Se la situazione finanziaria è anno dopo anno un punto di forza del vertice dell’architettura, nel 2018 tra le 65 posizioni finanziarie nette attive spiccano quelle di: Zuccon International Project (leader dello yachting design), ATIproject, Lissoni Associati (la società specializzata in interior design delle tre che fanno capo a Piero Lissoni), Cremonesi Workshop (da un anno gruppo Italferr/Fs) e Lombardini22.
In conclusione, analizzando una diversa graduatoria, che può dare un’idea più precisa delle dimensioni effettive delle realtà imprenditoriali, basandosi sulla somma dei fatturati delle diverse società (italiane o estere) facenti capo a un’unica proprietà, nelle prime posizioni troviamo: in testa al lotto Renzo Piano Building Workshop (RPBW) che, se dal headquarter genovese fattura 13,2 milioni, dalla filiale parigina (che controlla anche la newyorkese) aggiunge a questa produzione ben 42,9 milioni raggiungendo un giro d’affari totale di 56,1 milioni; seguono Lombardini22 e One Works che scendono di una posizione rispetto alla top 150, tallonate al quarto posto da Citterio-Viel che somma alle due società italiane (di architettura e interior design) una branch con sede a New York (che potrebbe però non aver vita lunga). Quinta è Progetto Cmr con la sua filiale cinese, sesta è Lissoni che alle due realtà in classifica ne aggiunge una specializzata in grafica (Graph.X), mentre la branch statunitense al settimo posto è una “rivelazione” da ascrivere al mondo elusivo delle “start up”: ATIproject che con le filiali in Danimarca e Serbia tocca già i 10 milioni.
Consulta la classifica delle top 150 di architettura e design