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Giulia Annalinda NegliaWritten by: Professione e Formazione

Medio Oriente, segnali di vita

Medio Oriente, segnali di vita

Focus sulle iniziative che incoraggiano i progetti con impatti positivi sulla società e il recupero urbano. Tra gli altri, il premio per le donne che progettano in Medio Oriente e nel Nord Africa, aggiudicato a Suad Amiry

 

Da un Medio Oriente che stenta a riprendersi da decenni (o forse ormai da un secolo) di crisi, iniziano ad arrivare notizie positive sulla capacità interna alla sua società di attivare processi di resilienza. Piccoli segnali, ma al contempo significativi, provengono dagli esiti dell’ultimo ciclo del Tamayouz Excellence Award, iniziativa fondata nel 2012 in Iraq e volta a premiare progetti o architetti la cui azione ha avuto un impatto positivo sulla società irachena o mediorientale nel suo complesso.

Tra gli altri, il Tamayouz Architectural Lifetime Achievement Award è stato assegnato a Maath Alousi, artista, fotografo e pioniere dell’architettura irachena, e il Mohamed Makiya Prize è andato all’Aga Khan Documentation Centre del MIT, organizzazione che ha promosso, incoraggiato e influenzato il progresso dell’architettura in Medio Oriente. Alla lista di premi quest’anno è stato aggiunto il Dewan Award, concorso promosso in collaborazione con lo studio di Dubai Dewan Architects + Engineers, rivolto ai giovani architetti chiamati a rispondere alle sfide ecologiche e ambientali poste dal contesto iracheno, attraverso il progetto di una scuola elementare nel giardino primigenio dell’area umida di Ahwar nel sud dell’Iraq.

Non ultimo, quest’anno il Tamayouz Excellence Award ha riassegnato, dopo una pausa di due anni, il premio Women in Architecture and Construction, originariamente riservato alle donne irachene ed ora esteso anche a progettiste che lavorano in tutto il Medio Oriente e nel Nord Africa. Per la sezione Rising Stars il premio è stato assegnato all’egiziana Ebtissam Moustapha mentre, per la categoria Women of Outstanding Achievement, il riconoscimento è andato alla palestinese Suad Amiry. La giuria ha valutato il lavoro di rigenerazione urbana programmato e coordinato da Amiry attraverso il centro RIWAQ (Centre for Architectural Preservation in Palestine), fondato nel 1991 per preservare la memoria collettiva locale attraverso progetti di documentazione e ripristino dei piccoli centri dei territori rurali di West Bank e Gaza, come unico in Palestina, e forse in tutto il Medio Oriente.

Progettista, scrittrice, e divulgatrice non solo di architettura (pubblicato in Italia da Feltrinelli il suo romanzo Damascoma più in generale della cultura urbana di quella vasta regione un tempo omogenea i cui confini oggi si accavallano tra Siria, Giordania, Libano e Israele, attivista e promotrice che vive e lavora in un ambiente altamente ostile, quale quello palestinese, Amiry non ha potuto che fare della resilienza la sua parola d’ordine. In luoghi in cui c’è un bisogno urgente di progetti comunitari e culturali per riabilitare i gruppi emarginati che li abitano, la rigenerazione urbana condotta da RIWAQ è stata finalizzata a coinvolgere non solo i tecnici, ma la popolazione nel suo complesso, creando anche opportunità di lavoro attraverso il restauro e il riuso adattivo degli edifici e degli spazi aperti, e producendo archivi per documentarne la cultura urbana.

Sfruttando l’energia e le capacità di studenti, architetti, archeologi e storici, RIWAQ ha realizzato dal 1994 al 2007 un archivio degli edifici storici, pubblicato in tre volumi nella Monograph Series on Cultural Heritage in Palestine, contenente descrizioni, mappe e foto di villaggi della West Bank e di Gaza e ha avviato un progetto per la rigenerazione di 50 villaggi, finalizzato alla redazione di piani di salvaguardia del patrimonio urbano come volano di sviluppo socio-economico e politico, ma anche alla definizione di un quadro legale formale per la tutela degli edifici e delle comunità nel loro complesso.

In questo paradigma, quindi, il recupero del patrimonio urbano diventa il campo non solo per la produzione di conoscenza, ma anche per un tentativo di trasformazione delle attuali condizioni di carattere socio-economico e culturale di una regione che deve necessariamente trovare in se stessa la forza per la ripresa.

Autore

  • Giulia Annalinda Neglia

    Laureata in Architettura nel 1999, è professoressa associata di Architettura del paesaggio presso il Politecnico di Bari, dove ha coordinato numerosi gruppi di ricerca in lavori sul campo e studi in Medioriente e Nord Africa. Autrice di oltre 150 pubblicazioni, tra cui 6 monografie e 3 curatele, ha ricevuto borse di studio da enti di ricerca internazionali (tra cui DAAD e Fondazione Max van Berchem) ed è stata borsista di post-dottorato presso l’Aga Khan Program for Islamic Architecture del Massachusetts Institute of Technology. Socia ICOMOS e AIAPP, svolge attività di consulenza scientifica per società ed enti internazionali tra cui UNESCO, UN-Habitat e ICOMOS

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Last modified: 30 Gennaio 2019