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Francesca AlbaniWritten by: Patrimonio Progetti

Ri_visitati. Milano verticale, in principio fu la Velasca: 70 anni con restauro

Ri_visitati. Milano verticale, in principio fu la Velasca: 70 anni con restauro
La Torre, edificio icona costruito dal 1955 su progetto BBPR, è protagonista di un intervento di conservazione e riuso da poco concluso

 

Il passato

MILANO. “Noi che nell’anteguerra eravamo stati molto legati ai protagonisti del movimento razionalista, cercavamo di superare la freddezza dell’International Style, ricollegandoci a elementi desunti da tradizioni antiche […]. Non c’è stato in realtà un vero contrasto tra la nostra formazione razionalista ed il riferimento alla storia della città: le due cose sono venute avanti quasi contemporaneamente”. 

Con queste parole in un’intervista nell’ottobre 1997, Lodovico Belgiojoso racconta l’atteggiamento che i progettisti hanno avuto nell’impostare il progetto della Torre Velasca che con i suoi quasi 100 metri contribuisce a definire lo skyline di Milano in un dialogo costante con la guglia maggiore del Duomo, di cui non ne raggiunge l’altezza. 

Progettata tra il 1950 e 1955 dallo studio BBPR  (Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers) su incarico della Società Generale Immobiliare, fu realizzata in poco più di due anni dalla ditta Sogene su un isolato occupato da edifici in parte distrutti dai bombardamenti. 

La torre ha pianta rettangolare e si sviluppa su 28 piani, di cui due interrati. Si presenta organizzata in tre parti: il piano terra con destinazione commerciale, dal secondo al diciottesimo piano uffici, mentre il corpo aggettante ad uso residenziale. 

L’elegante struttura in calcestruzzo armato progettata da Arturo Danusso si articola in un nucleo centrale e una sequenza di pilastri trilobati al perimetro che ritmano i prospetti e che in corrispondenza degli ultimi sette piani aggettati sono sorretti da puntoni. Le facciate sono completate con pannelli prefabbricati di tamponamento e una finitura in intonaco rosato semirustico che nella parte superiore, grazie alla presenza di logge, si arricchisce di particolari chiaroscuri. 

 

Il presente

Già da tempo la Torre Velasca ha mostrato un’intrinseca fragilità al passare del tempo, ma soprattutto numerose criticità nel rispondere alle esigenze della società contemporanea. Nel 2020 il gruppo immobiliare Hines, nuovo proprietario dell’edificio, in accordo con la Soprintendenza ai Beni Culturali e con il Comune di Milano, ha promosso il progetto di Asti Architetti che, in collaborazione dello studio CEAS, ha previsto sugli esterni un intervento attento alla materialità del costruito e ai suoi significati, mentre per gli interni opere maggiormente invasive che hanno previsto la ridistribuzione degli spazi articolandoli in spazi commerciali, uffici, ristoranti, spa e residenze. 

Gli interventi sulle facciate sono stati preceduti da un’attenta diagnostica, in particolare sui calcestruzzi armati, che si presentavano fessurati e carbonatati. Il progetto ha previsto la rimozione del copriferro e il trattamento delle barre di armatura, ma soprattutto la messa a punto di un nuovo intonaco di finitura compatibile con le caratteristiche materiche e cromatiche della torre, dopo numerosi campionamenti in situ.  Per quanto riguarda invece i pannelli prefabbricati di tamponamento, dove la profondità di carbonatazione era aumentata rispetto alle indagini del 2000 condotte dal Politecnico di Milano, si è proceduto alla riparazione delle lacune presenti e alla loro successiva integrazione pittorica e protezione superficiale mediante trattamento idrorepellente. 

La torre è stata anche oggetto di un intervento strutturale di consolidamento del solaio al piano 18 e dei tiranti, che presentavano un complesso quadro fessurativo. Una delle caratteristiche principali della Torre è l’allargamento della pianta in corrispondenza del diciannovesimo piano dove un sistema strutturale complesso sostiene la parte superiore in aggetto rispetto ai primi 60 metri. Questo sistema resistente è costituito dal solaio P18 (teso), dal solaio P15 (compresso) e dall’accoppiata puntoni e tiranti esterni. 

Ulteriori indagini ed analisi hanno infine evidenziato come il sistema di tiranti annegati nel getto non fosse completamente in grado di soddisfare i requisiti di resistenza in base all’attuale normativa. 

L’intervento per il consolidamento è stato realizzato posando fibre di carbonio all’intradosso ed estradosso del solaio P18, all’interno e all’esterno, e sulle catene seguendo il tracciato delle armature annegate nel getto, rilevate accuratamente sul solaio con l’ausilio del georadar. Le fibre sono poi state ricoperte con l’intonaco di facciata in modo da non essere visibili.

 

Il futuro

I lavori che hanno riguardato la torre si sono conclusi nel luglio 2024, mentre si stanno ultimando quelli sulla piazza che diventerà esclusivamente pedonale con nuovi spazi verdi e senza barriere architettoniche. 

Il progetto al piano terra ha come obiettivo la reinterpretazione dei nuovi rapporti tra la torre e la città, in particolare tra l’elemento di mediazione, lo spazio pubblico e l’edificio, con un ruolo importante dell’avancorpo in aggetto che accoglie la lobby d’ingresso. È stato disegnato uno spazio dello stare che vuole valorizzare l’attacco a terra. 

Le recenti dinamiche urbane, sociali ed economiche hanno fatto registrare un’accelerazione dell’interesse per gli interventi sugli edifici alti di Milano, che tra gli anni Cinquanta e Settanta hanno ridisegnato il volto della città. Dopo l’emblematico intervento sul Grattacielo Pirelli – che ha aperto a livello internazionale l’attenzione, con un approccio metodologico attento ai valori culturali degli edifici alti del Secondo Novecento – oggi si registra una volontà trasformativa di questi edifici, sulla scia dei recenti processi legati alle necessità del miglioramento energetico e la presenza di interessi immobiliari sempre più pressanti. 

Il dibattito sul tema all’interno della città è intenso, come dimostrano le numerose iniziative promosse dall’Ordine degli Architetti di Milano, come il ciclo di incontri Sempre Moderno o una tavola rotonda all’interno della Milano Arch Week, che hanno posto l’attenzione su importanti questioni di natura metodologica relative al progetto di conservazione e riuso. Ma soprattutto sul pericolo di perdita di un importante tassello di una città che può essere definita a pieno titolo un “museo a cielo aperto dell’architettura del Secondo Novecento”.

In questo panorama, il caso della Torre Velasca – edificio dichiarato di interesse culturale dalla Soprintendenza nel 2012, all’interno del nucleo di antica formazione (NAF) e per lungo tempo al centro del dibattito nazionale e internazionale – emerge con forza. 

L’attenzione verso la materialità, la percezione e il ruolo che l’edificio gioca alla scala urbana permetterà alla Torre Velasca di continuare a essere un importante evento architettonico, testimonianza delle numerose istanze culturali della società del Dopoguerra che l’ha prodotta, restando l’espressione di una modernità ricercata nel solco della storia, con riferimento particolare alle preesistenze ambientali. 

Immagine copertina: Hines / Asti Architetti, Torre Velasca, intervento di restauro, Milano, 2024 (© Giacomo Albo)

Autore

  • Francesca Albani

    Architetta, dottore di ricerca in Conservazione dei beni architettonici al Politecnico di Milano, dove è professore ordinario in Restauro architettonico. Coordinatore del dottorato in Conservazione del Patrimonio Costruito, Dipartimento di architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano. Membro della commissione didattica della Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio, dove tiene il corso “Conservazione dell’architettura del XX secolo”. Insegna all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana a Mendrisio dal 2007. Progettista di diversi interventi di restauro e autrice di saggi, articoli e libri sui materiali, le tecniche costruttive e il restauro dell’architettura storica e di quella del XX secolo

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Last modified: 4 Febbraio 2025