Partire dalla periferia per costruire un paese diverso. Così sono nate, sotto il coordinamento di Sergio Fajardo, le nuove biblioteche e i parchi educativi, una rete di piccoli centri pubblici di integrazione sociale
—Attorno a Medellín
, seconda città colombiana, metropoli di oltre tre milioni di abitanti, sta sorgendo un insieme di opere aperte alla comunità che tenta di rigenerare, a partire dalla cultura e dall’educazione, i territori e i paesi circostanti. Due modalità d’intervento sono state sviluppate negli anni recenti: le nuove biblioteche pubbliche e i parchi educativi, entrambi progetti d’istruzione inclusiva e partecipativa che hanno l’obiettivo, come afferma la storica Tatiana Visbal, di ridurre le lacune geografiche, tecnologiche e informatiche, facilitando l’accesso alle informazioni, alla conoscenza e all’intrattenimento della popolazione tutta.
Guardare alla campagna e costruire a partire dalla periferia un paese diverso è uno dei più recenti punti forti dell’intellighenzia latinoamericana per un futuro pacifico dei territori della Colombia. Se, come diceva Nelson Mandela, l’istruzione è l’arma più potente per cambiare il mondo, e se le guerre si vincono con la cultura, l’amministrazione regionale in precedenza guidata da Sergio Fajardo – già anche sindaco della Medellín trasformata attraverso la committenza pubblica di architettura – ha di certo combattuto battaglie vittoriose. I parchi educativi da lui strenuamente voluti, coinvolgendo nel progetto pedagogico appassionati architetti colombiani giovani e non, sono grandi successi d’inserimento culturale dei più emarginati.
La città si è proiettata verso la periferia e il territorio, nell’intento d’includere quanti per secoli erano stati tagliati fuori dai benefici dell’istruzione e da una promozione sociale accessibile solo a pochi. È dalla campagna che si costruisce il futuro, ancor più ora che, stipulata la pace con la guerriglia delle FARC, bisogna gettare le fondamenta per uno Stato più giusto e attento alle sollecitazioni di quanti non vogliono più restare indietro.
Proprio dalle campagne è nato il rigetto della violenza e la richiesta a gran voce della pace. Povertà, violenza ed ingiustizia sono figlie dell’ignoranza. Le scuole, le biblioteche aperte a tutti, i parchi educativi stanno diventando luoghi di aggregazione in cui maturare un nuovo senso civico e una rinnovata moralità. Istruzione di qualità, scienza, tecnologia, imprenditorialità, innovazione e cultura sono strumenti essenziali per combattere la cultura di illegalità, violenza e le disuguaglianze sociali. L’architetto Felipe Uribe afferma che i parchi educativi sono un ottimo esempio di «adattamento ai contesti sociali ed economici tipici dei paesi in via di sviluppo. Crediamo che l’impegno del precedente governo regionale sia stato rivoluzionario: realizzare un sistema di strutture educative nei comuni rurali, in grado di assurgere a luoghi idenditari d’aggregazione, sia stato un segno poderoso di costruzione culturale».
Così, l’esperienza delle nuove biblioteche è stata la base del progetto strategico dei parchi educativi recentemente inaugurati: una rete organica di edifici pubblici di piccole dimensioni previsti in 80 comuni della regione che circonda Medellín. Un progetto globale, iniziato nel 2012 da Fajardo, negli anni in cui era presidente della Regione Antioquia, che ha lo scopo di portare l’istruzione di qualità nelle varie zone del Dipartimento. Le opere realizzate hanno programmi educativi simili e un sistema di spazi pubblici collegati con quelli dell’intorno. Sono nati dalla collaborazione tra le autonomie locali e i progettisti a seguito d’incontri con le comunità che hanno manifestato desideri ed esigenze attraverso testi e disegni. I parchi educativi sono edifici pubblici aperti alla collettività. Non possono essere definiti come vere e proprie scuole ma come costruzioni complesse che ospitano una varietà di funzioni e attività di carattere educativo e culturale.
Immagine di copertina: Biblioteca Fernando Botero
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Biblioteca Fernando Botero
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luogo: San Cristóbal, Colombia
progettisti: Orlando Garcia, Adriana Salazar
Inaugurazione: 2013
È uno degli esempi più interessanti nell’ambito del sistema delle nuove biblioteche pubbliche, tutte localizzate in luoghi difficili, poveri, e una delle poche a diretto contatto con un ambiente semirurale, in un paese che in questi ultimi anni tenta, con difficoltà, l’integrazione con la città.
Con il nome del famoso pittore e scultore nativo di Medellín, la biblioteca è un ulteriore esito del lavoro encomiabile dell’ex sindaco Sergio Fajardo e della sua passata amministrazione, per includere i quartieri più poveri nella vita sociale e culturale della città. L’idea è scommettere sulla realizzazione di un sistema di biblioteche moderne, intese come spazio di vita, eterogeneo, aperto, inclusivo e dinamico che rompe le tradizionali barriere della conoscenza e si prefigge di portare scienza, letteratura e arte nella vita quotidiana dei colombiani.
L’opera, esito di un concorso internazionale, è una componente chiave nello sviluppo del masterplan San Cristobal, i cui obiettivi mirano a ridare vita al paese attraverso la realizzazione di strutture e servizi culturali in risposta ad una popolazione a basso reddito, spesso dimenticata dallo Stato, nonostante il suo ruolo fondamentale nell’economia soprattutto per la produzione di fiori, ortaggi, frutta ed erbe aromatiche.
Come scrive il critico Juan David Chavez, l’edificio è una grande scatola nera traforata che “si appoggia enigmatica” sulle pendici del paese nella vallata della Iguaná che corre in direzione ovest a cercare il fiume Medellín. L’edificio, blocco “puro”, poggiato sul terreno inclinato, imprime un marchio nel paesaggio grazie alla sua “imponente austerità”. La geometria prismatica reinterpreta, secondo i progettisti, l’intorno immediato fatto di “architettura senza architetti” che ha forme ed aperture simili, con un sistema di terrazze che permettono la fruizione ludica degli spazi aperti e la contemplazione del paesaggio. La strategia di forare la massa scura con incisioni di varie dimensioni – che ricordano concettualmente quelle di Le Corbusier per la cappella di Ronchamp – per incorporare la luce e la ventilazione naturale, sottolinea la volontà di reinterpretare il paesaggio architettonico adiacente. Tuttavia, la purezza del volume, il colore inusuale e la tessitura dinamica delle aperture conferiscono un carattere istituzionale e rappresentativo completamente inedito.
Si potrebbe anche affermare che la reinterpretazione di strategie estetiche tipiche di alcune opere emblematiche del panorama contemporaneo internazionale, come per esempio le terme di Vals di Peter Zumthor, ha contribuito all’elaborazione di una sintassi che si potrebbe definire inorganica ma che ha il pregio di donare alla comunità un’esperienza spaziale, luminosa e cromatica unica in Colombia.
L’edificio ospita la biblioteca, un teatro, una scuola di musica e danza e gli spazi di servizio. Nel cuore geometrico è ubicato un atrio a tripla altezza con due accessi, il principale verso il piano terra e l’altro verso il primo piano dal quale si accede alla balconata che si affaccia verso il patio coperto. In copertura si apre una serie di lucernari che proporzionano un’illuminazione ricca di effetti di ombre e riflessi. La hall smista i percorsi verso la sala mostre e il foyer del teatro, caratterizzato dal lucernario superiore dal quale un flusso luminoso scivola sullo spazio a doppia altezza. La scala principale, aperta però coperta, su un fianco dell’atrio, collega i due livelli principali. All’estremità occidentale dell’edificio sono localizzate le dipendenze della scuola di musica al primo livello e al secondo gli spazi per la danza, la ludoteca e i laboratori artistici. All’estremità orientale la vera e propria biblioteca: le varie sale si dispongono intorno allo spazio centrale a doppia altezza illuminato da un grande lucernario.
L’immagine monolitica ed ermetica esterna contrasta con l’interno in cui le perforazioni luminose stabiliscono scenari sorprendenti in relazione con il paesaggio. I materiali scelti – calcestruzzo, legno per alcune superfici verticali, intonaco nero – danno vita ad un sistema d’intensi contrasti cromatici. I corridoi esterni definiscono uno spazio di cerniera tra esterno e interno che protegge dai temporali tropicali e dal sole cocente del mezzogiorno, incorniciando inoltre alcune viste del paesaggio circostante, urbano e rurale: a sud la verde vallata e, dal lato opposto, la piazza principale di San Cristobal, in dialogo diretto con la vicina chiesa il cui bianco immacolato contrasta con l’aura scura del nuovo edificio culturale. Nella parte posteriore aree verdi, terrazze, scalinate e sentieri pedonali definiscono una strategia chiara di connessione urbana con il tessuto della borgata.
La griglia geometrica che modula le componenti del volume dà vita ad un edificio-scultura che ricorda la plasticità dei maestri spagnoli Jorge Oteiza ed Eduardo Chillida. Il grande gatto di bronzo situato ai piedi dell’accesso principale – scultura donata dallo stesso Botero – secondo Chavez si contrappone al concetto popolare di “topi di biblioteca”, simboleggiando l’idea di una biblioteca di nuovo tipo, aperta a tutti, giovani e vecchi, colti e meno colti, a gente semplice e povera che può entrare non solo per leggere ma per ascoltare musica, partecipare a un laboratorio, assistere ad uno spettacolo o vedere un film.
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Parque Educativo di San Vicente de Ferrer
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Luogo: San Vicente de Ferrer
Progettisti: Plan:b arquitectos
Inaugurazione: 2016
Si trova a due passi dal centro di un comune prevalentemente agricolo (70% della popolazione) situato nella parte orientale di Antioquia ad un’altitudine di 2150 metri, in una regione montuosa con un clima temperato constante, più freddo di quello di Medellín. Il suo piccolo nucleo è costituito da una struttura urbana la quale segue regole organiche che reinterpretano la topografia. Il lotto destinato all’edificio scolastico si trova ai margini del centro abitato, alle falde di una collina in precedenza spianata nella parte alta per ricavare un belvedere inclinato.
Le necessità degli abitanti sono state alla base dello sviluppo del progetto che ha tenuto in considerazione sia le caratteristiche topografiche del lotto sia il programma educativo di base definito dal governo regionale. Di qui le due ali che abbracciano un patio gradininato, centro di aggregazione degli abitanti e, alla bisogna, platea dell’auditorium. La strada che collega l’edificio con il centro del paese si protende in una nuova rampa di accesso che attraversa la costruzione e il suo patio a gradoni in direzione del sistema di terrazze pubbliche di copertura dalle quali osservare il paesaggio urbano e rurale. Si definisce così un circuito pedonale diretto e panoramico che mette in comunicazione i nuovi spazi con la città. La geometria del complesso sembra essere esente da pregiudizi formali: reinterpreta l’andamento delle curve di livello e l’inclinazione del terreno.
I materiali scelti sono economici e di facile manutenzione. La struttura portante è in calcestruzzo armato. La pietra scura delle pareti e gli elementi di calcestruzzo del pavimento dialogano con i materiali usati nelle costruzioni vicine. Le aule ricevono luce indiretta da grandi lucernari che fungono da sculture urbane: elementi che rendono riconoscibile l’opera da lontano e ricordano le grandi sculture sul tetto della Casa Milá di Gaudí a Barcellona. Le braccia dell’edificio assumono anche una funzione climatica, ostacolando le correnti fredde e generando un microclima nel cortile interno che funge anche da palcoscenico all’aperto.
Nonostante il budget minimo, si è potuto donare alla comunità un sistema di spazi – coperti e intimi o scoperti e pubblici – comodo, luminoso, panoramico e integrato con il sistema di flussi pedonali che percorrono il centro.
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Parque educativo di Chigorodó
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Luogo: Chigorodó, Colombia
Progettisti: Maria Paula Vallejo, Sebastián Serna e Luca Bullaro
Inaugurazione: 2016
Chigorodó, a pochi chilometri dall’Oceano Pacifico, con oltre 65.000 abitanti, è situato nel centro della subregione dell’Urabá (250 chilometri a nord ovest di Medellín), in una zona strategica per il rapporto con gli scali marittimi e i commerci internazionali. La diversità culturale del territorio, costituito da comunità indigene, afro-discendenti, coloni e migranti si manifesta nella pluralità delle tradizioni costruttive. La comunità Embera ad esempio configura i suoi villaggi attraverso la condivisione di piccole costruzioni leggere chiamate tambos, a base circolare, aperte ai lati per l’aria e sospese da terra per evitare inondazioni e umidità; esse sono divise in due moduli circolari, la camera da letto e lo spazio per la cottura dei cibi e la conservazione degli alimenti.
La reinterpretazione di tale archetipo è stata una costante del progetto. L’edificio è strutturato con una serie di volumi cilindrici che rispondono a ciascuna delle funzioni previste (aule, area amministrativa e di servizio) nell’ambito di un unicum concettuale. La separazione tra i volumi cilindrici e il tetto garantisce uno spazio aperto per la ventilazione trasversale che limita il surriscaldamento delle aule. La totale assenza di vetri facilita l’incorporazione delle brezze tropicali. I volumi cilindrici della scuola sono distribuiti intorno a due piccole piazze di accesso sopra una piattaforma che funge da ampia seduta urbana. I corridoi, completamente aperti ma coperti, permettono utilizzazioni plurime a seconda delle esigenze della comunità, che ha influito nelle scelte attraverso interviste, workshop e incontri pubblici nelle fasi preliminari del progetto.
La scuola si configura dunque come una risposta al clima e alla cultura della regione. L’alto tasso di umidità, a volte insopportabile, e il volume delle precipitazioni hanno condizionato la strategia di progetto. L’idea di base era la genesi di un’estesa copertura che proteggesse gli spazi dal sole diretto e dalle piogge torrenziali, da qui l’impostazione di un ampio e fresco albero artificiale, generatore di ombre e comfort bioclimatico. La morfologia dell’aula-tipo corrisponde a questioni culturali nella reinterpretazione di forme antiche, nonché al desiderio di rendere gli spazi pienamente democratici, facilitando l’integrazione fra utenti e docenti.
I materiali di costruzione sono semplici, con le pareti in blocchi di cemento caratterizzate da tre differenti formati di apertura: vuoti protetti da semplici barre metalliche e senza vetri, per consentire il continuo passaggio dell’aria. La superficie del tetto, in dialogo con la geometria cristallina (parafrasando il maestro Gio Ponti) della piattaforma, è sostenuta da sottili colonne metalliche, staccate sia dalle pareti che dal perimetro esterno.
La scuola, progettata per programmi di formazione congiunta, per sviluppare la cultura, l’arte, la tecnologia, si sta trasformando in un luogo strategico della piccola città; un importante spazio sociale in grado di generare comunità.
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Last modified: 3 Aprile 2017