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Written by: Città e Territorio

Prove di democrazia a Baghdad

Prove di democrazia a Baghdad

baghdad. Nella difficile ricostruzione postbellica dell’Iraq, il concorso internazionale lanciato nel 2010 dalla Municipalità, per la rivitalizzazione e lo sviluppo del quartiere Adhamyia, si pone come un primo passo importante verso il ritorno alla normalità all’indomani delle prime elezioni democratiche, e propone il riavvio di un dibattito culturale per contribuire alla rinascita del martoriato paese, culla di una civiltà millenaria.
Nonostante un sistema democratico ai suoi primi vagiti e una fragile struttura sociale, messa a dura prova dai conflitti tra fedi religiose, la grande disponibilità di risorse economiche internazionali rende interessante il concorso, incentrato sul tema della riqualificazione di un quartiere di circa 400.000 abitanti, cuore della presenza sunnita nella capitale. Il quartiere, delimitato da un’ampia ansa del Tigri, gode di un affaccio sul fiume di grande valore paesaggistico ed è ricco di luoghi sacri, tra cui uno dei più importanti santuari sunniti del mondo islamico. Da qui le potenzialità turistiche che richiedono adeguati spazi di accoglienza per visitatori e fedeli.
Il concorso, sviluppato in due fasi e concluso ad aprile, richiedeva la produzione di una serie di documenti fra cui un masterplan, analisi, disegni e modelli. Una commissione di 20 membri ha assegnato il primo premio al gruppo barcellonese AV62 (Victoria Garriga, Toño Foraster, Pedro García del Barrio e Pedro Azara), il secondo agli iracheni Al-Qatif Engineering in collaborazione con gli spagnoli Balam Consultores e QA Associats e il terzo al gruppo milanese CALStudio, guidato da Giuseppe Cinà e composto da Maryam Alsaigh, Luca Barello, Davide Ferrero, Nahla Jajo, Paolo Mauro Sudano e Cæcilia Pieri; due rimborsi spese sono stati assegnati allo studio tedesco Uberbau (Ali Saad e Thomas Stellmach) e a quello iracheno di Sami al-Musawi.
È forse improprio analizzare gli esiti del concorso secondo i parametri occidentali, senza tenere conto del delicato contesto locale. Inoltre è difficile entrare nel merito dei progetti presentati, a causa di un’informazione frammentaria che non usa appieno le potenzialità della rete. Tuttavia è possibile evidenziare l’insistenza del bando nel richiedere una soluzione capace di valorizzare le molteplici espressioni, non solo architettoniche, della cultura locale. Un approccio non facile da mettere in pratica in Iraq, dove l’immenso patrimonio storico artistico è stato oggetto di distruzioni e rapine, e che soltanto ora inizia a riflettere sulla necessità di proteggere l’heritage come strumento indispensabile per una ricostruzione non soltanto fisica ma anche sociale. Il rischio è quello di avviare operazioni «alla Dubai» dove i cittadini sono spettatori passivi di un disegno calato dall’alto, condotto da grandi operatori immobiliari e costruttori, nell’indifferenza del contesto storico.
Nel caso del progetto vincitore, la valorizzazione viene perseguita con la scelta di recuperare la rete dei percorsi storici, ma è anche proposta la collocazione di alcuni servizi pubblici su chiatte galleggianti, per evitare il rischio connesso agli attentati sulle strade. Inoltre sono ipotizzate la realizzazione di zone d’ombra con pergole continue per garantire spazi di ritrovo collettivo e il recupero delle facciate storiche attraverso incentivi fiscali, collegando operatori economici e cittadini. Infine, elemento centrale del progetto è l’idea di un secondo ponte che colleghi anche simbolicamente il quartiere di Adhamiya con quello sciita di Kadhimiya.
Il progetto del gruppo Uberbau, si dedica con attenzione alla sistemazione della piazza e dell’area circostante la moschea, mentre quello di Sami al-Musawi, all’ostentato obiettivo di conservare la centralità della casa a corte tradizionale, fa seguire la completa sostituzione del tessuto della città storica con nuovi blocchi a corte.
Il progetto del gruppo italiano, per contro, si caratterizza per lo studio rigoroso del tessuto storico e delle tipologie tradizionali, come elementi da ricomporre. Dalla lettura emerge un disegno urbano e un’attenzione agli spazi pubblici che si radica fortemente nella storia e si connota per l’attenzione alla socialità locale e alle forme del suo coinvolgimento. La proposta si articola su due livelli: inquadramenti metodologici volti alla definizione di piani attuativi di recupero ed elaborazione progettuale di cinque luoghi centrali prescelti. Pur tenendo conto delle richiamate difficoltà nel reperimento della documentazione, quest’ultima soluzione è quella che più convince e che, soprattutto per gli aspetti metodologici, potrebbe porsi come riferimento forte per ulteriori interventi nell’area.

Autore

  • Guido Montanari

    Architetto Ph.D in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, è docente di Storia dell’architettura contemporanea presso il Politecnico di Torino. Ha condotto ricerche e scritto sulla storia dell’architettura e della città. Già assessore all’urbanistica a Rivalta di Torino (2012-16) è stato vicesindaco e assessore alla pianificazione di Torino (2016-19). Un bilancio di questa esperienza si trova nel suo ultimo libro: "Torino futura. Riflessioni e proposte di un ex vicesindaco", Celid, Torino 2021. Sul tema della casa popolare è in corso di stampa il volume "La casa dei poveri. Breve storia dell’edilizia popolare dai quartieri operai alla crisi attuale" (Rosenberg & Sellier, Torino 2024)

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Last modified: 21 Settembre 2021