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Quei misurati gesti che costruiscono il Trentino

Quei misurati gesti che costruiscono il Trentino

La nostra testata è media partner della sesta edizione del Premio Costruire il Trentino. Riportiamo il commento del presidente della giuria e le motivazioni delle 4 opere vincitrici e 6 menzionate

 

Istituito nel 1997 dal CITRAC (Circolo Trentino per l’Architettura Contemporanea) su base triennale, il Premio Costruire il Trentino riguarda progetti realizzati nel campo dell’architettura, dell’infrastrutturazione, dell’arredo e della trasformazione in generale del territorio della Provincia Autonoma. La sesta edizione (2013-2016) ha visto la partecipazione, per autocandidatura, di 132 opere, distribuite quasi uniformemente sull’intero territorio provinciale. Con uno sguardo alle edizioni precedenti, la mostra è aperta presso la Galleria Civica di Trento fino al 4 marzo 2018. Dopo i sopralluoghi, la giuria presieduta da Marco Biraghi e composta da Gianmatteo Romegialli e Francesca Torzo, ha individuato 4 vincitori e 6 menzionati. Riportiamo il commento introduttivo di Biraghi e le motivazioni della selezione.

I progetti presentati offrono un osservatorio significativo sulla realtà professionale del territorio della Provincia di Trento, sia dal punto di vista della tipologia degli interventi edilizi, sia per quanto concerne il profilo degli attori professionali attivi.

Una prima considerazione è che una parte considerevole dei 132 progetti presentati – e la maggior parte di quelli che alla giuria sono apparsi i più interessanti – sorge in contesti extra-urbani, o comunque è situato in agglomerati di piccole dimensioni. Ciò, oltre a ribadire un aspetto di per sé già evidente della morfologia territoriale e sociale della Provincia di Trento, indica una diffusione delle pratiche del buon costruire in Trentino, con una capillare penetrazione financo in isolate località boschive o montane.

Una seconda considerazione, strettamente collegata alla prima, riguarda la caratterizzazione di tali opere: si tratta in molti casi di costruzioni di natura tecnica e infrastrutturale (ponti, passerelle, centraline idroelettriche, serbatoi dell’acqua, rifugi o bivacchi in alta quota), trattate con una considerazione per le loro funzioni ma anche per il loro aspetto estetico e per il rapporto con il territorio all’interno del quale si inseriscono. Quest’ultimo aspetto è di rilevante importanza perché indica un’attenzione e una cura per il paesaggio da parte dell’amministrazione pubblica (oltreché da parte degli architetti incaricati dei progetti) che, fino a qualche anno fa – e tutt’ora in altri contesti geografici italiani – erano pressoché sconosciute. Inoltre, nel caso delle opere infrastrutturali (spesso di dimensioni contenute), un dato che emerge è la sensibilità della committenza pubblica nei confronti di una classe di giovani professionisti cui viene offerta l’opportunità di proporre il proprio specifico punto di vista in merito all’integrazione tra identità locale e moderno sviluppo del territorio.

Un ulteriore fronte su cui i progetti partecipanti risultano impegnati è quello della ristrutturazione di manufatti esistenti di diversa scala e specie (ampliamenti di impianti produttivi, sopraelevazioni di edifici storici, allestimenti di interni). Esse da un lato riflettono sul potenziale del patrimonio storico, cercando di interpretare attraverso nuove esigenze di vita il palinsesto costruito esistente (sia esso parte di un centro urbano o un manufatto rurale), dall’altro aprono nuovi scenari per la professione in relazione alle trasformazioni recenti del territorio agricolo che ha introdotto nuove “architetture” temporanee alla scala del paesaggio – quali ad esempio le torri di cassette in plastica utilizzate per la raccolta delle mele – che portano a interrogarsi su quale sia il potenziale paesaggistico di questi nuovi “monumenti”.

Accanto a questi vi sono numerosi interventi edilizi minori (prevalentemente opere interne), che testimoniano la rarefazione degli incarichi professionali in un momento storico come quello che stiamo attraversando, in cui la fragilità economica diffusa porta non solo a una polverizzazione delle occasioni di ricerca attraverso l’attività edilizia ma anche a una diffusa confusione culturale, forse nutrita dalla pressione di un’ambizione all’eccezionalità e da una necessità di soddisfare immaginari collettivi generici.

In generale, comunque, i progetti presentati dimostrano una buona qualità del costruire, e soprattutto una capacità di rapportarsi al contesto geografico e culturale della provincia di Trento: senza indulgere in ormai desuete mimesi stilistiche e formali, quanto piuttosto reinterpretando la tradizione trentina alla luce di un’idea di vita attuale; una vita nella quale gli standard e gli spazi devono rispondere alle esigenze contemporanee ma al tempo stesso in cui forme, misure e materiali devono accordarsi con la natura del luogo dalla forte identità in cui sorgono.

 

OPERE PREMIATE

Bivacco al rifugio Pradidali

San Martino di Castrozza, TnProgettisti: Giacomo Longo, Lucia Pradel, Andrea Simon

L’edificio interpreta la rovina preesistente come un basamento su cui si imposta la nuova costruzione, che ha la capacità di rielaborare l’iconografia del rifugio senza mimesi, pur coltivando un dialogo di continuità. Le dure condizioni meteorologiche del sito e l’asprezza del paesaggio circostante governano l’intervento. L’espressione esterna del piccolo manufatto riecheggia i ripidi tetti a falda tradizionali, ma ne svela il carattere di “abito” all’entrata e nelle facciate trasversali, che risultano quasi interamente traforate. La lamiera grigia e il legno esterno che con il tempo diverrà anch’esso grigio ben si fondono cromaticamente con il paesaggio pietrificato dell’intorno. All’interno gli spazi letto sono disposti con frugalità, ma con estrema cura per i dettagli; inoltre, l’atmosfera luminosa, costruita dalla collaborazione tra la disposizione spaziale e la realizzazione materiale, offre una nuova lettura del tema del rifugio, proponendolo come un luogo di luce e ariosità. All’intervento va riconosciuta la capacità di interpretare con freschezza un repertorio della tradizione, portando l’attenzione sulla necessità di continuare a investire – con spirito al tempo stesso rispettoso e innovativo – sulle infrastrutture del territorio montano.


Forte di Pozzacchio

Werk Valmorbia, Paesaggio fortificato e Site Specific Museum 1915/2015Trambileno, TnProgettisti: Francesco Collotti, Giacomo Pirazzoli

Il progetto consiste in un’infrastruttura che rende raggiungibile e percorribile un forte militare dalla storia drammatica, scegliendo consapevolmente un allestimento dal carattere non-finito, capace di rivelare la logica ingegneristico-militare sottesa alle strutture del Forte senza comporla in una musealizzazione civile. Il linguaggio utilizzato è volutamente industriale e pragmatico: scale, rampe, parapetti, aggetti, passaggi aerei, belvederi, non cercano mai di sovrapporsi alla drammaticità e all’asprezza geologica del luogo con parti troppo “disegnate” o formalmente ricercate. Ciò nondimeno rivelano una conoscenza della sintassi classica in minuti dettagli delle pedane delle sale pubbliche o nella composizione dei pilastri in profili di acciaio. Anche la scelta del color arancione, estremamente deciso e decisamente anti-naturalistico, manifesta la capacità di assumersi la responsabilità di un segno forte. L’intervento inoltre si confronta con le difficoltà oggettive del sito e la necessità di rendere praticabile all’uso pubblico un luogo logisticamente molto difficile. Ciò che appare pregevole è il coraggio della interpretazione dell’incarico, che riesce con poche chiare decisioni a far convivere memoria e contemporaneità.


Nuova Casa sociale per l’abitato di Caltron

Cles, TnProgettista: Mirko Franzoso

L’edificio è collocato al limite del paese, là dove iniziano i filari dei frutteti, con una spontaneità che lo fa apparire parte integrante del paesaggio, costruito e naturale. La costruzione si dispone su una topografia artificiale e si sviluppa su due livelli: quello inferiore, contenente in modo discreto le parti di servizio, tecnico-funzionali, volumetricamente più consistenti; e quello superiore, che ospita un’unica sala destinata a varie attività. Nel complesso, l’edificio riecheggia le proporzioni e il carattere dei manufatti rurali storici, ma offre una sottile reinterpretazione della tradizione nella declinazione delle falde del tetto, disponendone un’unica verso monte e due verso valle, là dove si mostra al paesaggio come l’icona di una casa. L’elaborazione del tetto si riflette nella spazialità interna della sala al primo piano, dove la memoria del granaio si combina con una memoria classica appena tratteggiata nell’elaborazione del dettaglio dei pilastri lignei e dei “capitelli” d’imposta delle travi di copertura. Lo svuotamento totale del fronte verso valle, caratterizzato dalla proporzionata serialità e ritmo dei semplici elementi verticali conferisce all’edificio una precisa identità. La casa sembra “osservare” l’intorno e presidiare il borgo, dichiarando in modo delicato ma esplicito la propria funzione pubblica.


Restauro del Casino di bersaglio di Campitello di Fassa

Campitello di Fassa, TnProgettisti: weber+winterle architetti, Lorenzo Weber, Alberto Winterle

Il progetto di ristrutturazione contribuisce al dibattito culturale sulle pratiche di restauro/riuso assumendo una posizione che predilige la complessità, pur nella tutela della semplicità del manufatto esistente. La scatola muraria, al pari degli intonaci, dei piani di calpestio e delle strutture del tetto sono oggetto di un restauro filologico, che si riflette nella meticolosa cura dei dettagli. La stratificazione degli interventi succedutisi nel tempo è mantenuta visibile, in continuità con la tradizione di Alois Riegl. L’intervento sorprende nel disegno delle aperture, con l’introduzione di un trittico di finestre individuali là dove vi era in precedenza una tamponatura lignea unitaria; questa soluzione (che comprende l’utilizzo di infissi in acciaio Corten dal carattere marcatamente contemporaneo), suggerisce il carattere individuale del tiro al bersaglio e conferisce ad esso un senso di generale armonia ed equilibrio. Il Casino del bersaglio riesce in questo modo a contemperare con sapienza conservazione e nuova interpretazione dell’edificio storico, nelle scelte progettuali primarie così come nell’impiego di pochi ma decisi e misurati segni attuali.



OPERE MENZIONATE



Recupero delle caserme austro-ungariche di Strino

Vermiglio, Tn

Progettisti: art&craft, Daniele Bertolini



Il progetto di recupero del luogo sul quale sorgevano i volumi delle caserme si rivela efficace per la discrezione degli interventi effettuati. Al di là dell’inserimento di pochi elementi materiali (sedute, gradini, balaustre), tali interventi consistono principalmente nella perfetta reintegrazione dei resti degli edifici in un contesto naturale estremamente eloquente nel suo apparire (ed essere) silenzioso. I larici presenti sul sito, in questo senso, giocano un ruolo essenziale in quello che potrebbe essere paragonato a un allestimento scenico, dove la memoria ha preso il posto della finzione.





Dove l’acqua riposa

Roncone, Sella Giudicarie, Tn

Progettisti: Nexus associati, Roberto Paoli



Il piccolo serbatoio idrico si dispone con intelligenza lungo la passeggiata tra i boschi, regalando ai passanti un senso di misura e di quiete che ben si addice all’acqua che vi “riposa” protetta all’interno. In corrispondenza dell’ingresso si offrono al visitatore una porta e una fontana, suggerendo un rituale di gesti anonimi e generosi, quali quello dell’abbeverarsi a una fonte, appartenenti all’immaginario e alla tradizione delle passeggiate montane. Malgrado uno scarso livello di finitura del manufatto, la sua presenza al margine della strada conferisce carattere e qualità al luogo.





Ristrutturazione edificio residenziale in via Vittorio Veneto a Trento



Trento

Progettista: Luca Beltrami

Il progetto che prevede l’aggiunta di un piano a una palazzina residenziale risolve in modo chiaro e raffinato il difficile tema dei sopralzi consentiti dalle attuali leggi urbanistiche. La rete stirata metallica di colore scuro, che unifica matericamente tutto il volume aggiunto in copertura, sovrapponendosi al volume retrostante di nuova realizzazione rende decisamente meno impattante l’addizione volumetrica. Pur nella semplicità – e quasi nella esiguità – dei suoi esiti, la ristrutturazione costituisce un’interessante riflessione su come affrontare linguisticamente e sintatticamente la densificazione del tessuto storico.





Centrale idroelettrica di Cillà



Stenico, località Campian, Tn

Progettista: David Marchiori

La piccola centralina elettrica è collocata sorprendentemente nella radura del bosco: a prima vista – per forma e dimensione – potrebbe sembrare un grande masso erratico rimasto in bilico sul pendio della montagna. A una lettura più attenta svela aperture e condutture sulla sua superficie che ne dichiarano l’artificialità. Il complesso volume sfaccettato è realizzato con originalità e accuratezza. È inoltre degno di nota che un committente privato preposto alla gestione dell’energia elettrica riponga tanta attenzione alla realizzazione dei manufatti a supporto della propria attività.





Hotel Du Lac et Du Parc


Riva del Garda, Tn

Progettisti: Cecchetto&Associati Srl, Alberto Cecchetto


Il piccolo padiglione contenente una piscina e una zona fitness costituisce un’addizione agli altri elementi costruiti presenti nel parco. All’interno di quest’ultimo, oltre all’espletamento delle sue funzioni, esso gioca il ruolo di una sorta di moderna Wunderkammer. Un unico elemento strutturale in legno che funge da trave/copertura risolve con un gesto sintetico il carattere dello spazio interno. Attraverso calibrati scarti planimetrici, il volume e l’impianto della piscina sono concepiti in modo tale da conservare alcune palme e altre piante esistenti nel parco. L’utilizzo della doratura esterna oscilla ambiguamente tra ironia e straniamento.





Casa Riga

Comano Terme, TnProgettisti: Stefania Saracino, Franco Tagliabue



La casa (comprendente in sé un’abitazione privata e una piccola struttura ricettiva) risolve in modo architettonicamente convincente il delicato tema degli edifici ipogei. Riducendo i suoi fronti a semplici tagli vetrati nel pendio naturale in cui è inserita – e dunque annullandosi nel paesaggio – la casa è in realtà in grado di instaurare tra chi la vive e il panorama circostante un rapporto efficace. Inoltre sono presenti istanze ben risolte legate alla sostenibilità energetica dei volumi costruiti. Cavedi interni correttamente calibrati danno luce naturale e ventilazione agli spazi di distribuzione. Positivo esempio di “sparizione dell’architettura”.

 

Autore

  • Marco Biraghi

    Nato a Milano nel 1959, è professore associato di Storia dell'architettura contemporanea alla Facoltà di Architettura civile del Politecnico di Milano. Tra i suoi libri si ricordano: "Progetto di crisi. Manfredo Tafuri e l'architettura contemporanea" (Christian Marinotti Edizioni, Milano 2005) e "Peter Eisenman. Tutte le opere" (Electa, Milano 2007, con P. V. Aureli e F. Purini). Ha curato l'edizione italiana di "Delirious New York" di Rem Koolhaas (Electa, Milano 2001) e raccolte di scritti di Henri Focillon, Ezio Bonfanti e Reyner Banham. Di quest'ultimo, per Einaudi, ha scritto l'introduzione a Deserti americani («Saggi», 2006). Presso Einaudi ha pubblicato "Storia dell'architettura contemporanea I e II" (2008) e "Storia dell'architettura italiana. 1985-2015" (2013, con Silvia Micheli); ha inoltre curato i volumi "Le parole dell'architettura" (2009), "Walter Gropius e la Bauhaus" (2010) e la Grande Opera in tre volumi "Architettura del Novecento" (2012-2013, con Alberto Ferlenga)

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Last modified: 31 Gennaio 2018