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Luigi BartolomeiWritten by: Interviste Patrimonio

Beni culturali dei religiosi: distinguiamo tra indirizzo e gestione

Beni culturali dei religiosi: distinguiamo tra indirizzo e gestione

Andrea Perrone, ordinario di Diritto commerciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, parla delle attività di valorizzazione del patrimonio, criticità e opportunità

 

Leggi gli altri articoli in avvicinamento al convegno “Carisma e creatività”

 

Il convegno internazionale “Carisma e Creatività”, promosso dalla Santa Sede e di cui questo Giornale è media partner, si tiene il 4 e 5 maggio. A proposito del sottotitolo del simposio, “Catalogazione, gestione e progetti innovativi per il patrimonio culturale delle comunità di vita consacrata”, abbiamo incontrato Andrea Perrone, professore ordinario di Diritto commerciale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

I beni culturali delle comunità di vita consacrata, sia mobili che immobili, stanno emergendo sempre più spesso nella loro grande fragilità. Ne è testimonianza anche il recente volume della rivista scientifica «in_bo» su La casa comune e sarà al centro del convegno. Sui quotidiani fanno più rumore gli scandali che non le azioni virtuose: la sua esperienza raccoglie anche casi positivi, ove gli immobili sanno perpetuare e valorizzare la presenza e l’eredità di una comunità religiosa? Quali condizioni favoriscono esiti felici?

La gestione immobiliare delle comunità religiose è chiamata a misurarsi con un contesto storico, sociale, culturale e normativo significativamente mutato. I beni immobili sono talora sproporzionati rispetto alle necessità delle comunità, richiedono assai spesso importanti interventi di manutenzione, possono essere soggetti a un’imposizione fiscale non sostenibile. In un tale contesto, non sorprende che le comunità religiose siano esposte a rischi: la difficoltà di gestire una situazione complessa rende vulnerabili e può lasciare spazio a ingenuità. Una valorizzazione intelligente del patrimonio immobiliare richiede fedeltà alla tradizione e audacia creativa. La fedeltà alla tradizione offre i criteri per la scelta, l’audacia creativa ne consente un’applicazione adeguata. Ho in mente l’esempio di un monastero, costruito in un luogo incantevole: la comunità sta considerando di destinare il terreno incolto che circostante alla realizzazione di una struttura destinata ad accogliere famiglie e disabili, che non potrebbero permettersi altrimenti un momento di vacanza. Il progetto è finanziato da privati, con finalità sociali, e ripropone nel ventunesimo secolo la tradizionale capacità dei monasteri di creare luoghi di umanità per tutti.

 

Se tuttavia esiste una debolezza strutturale delle comunità religiose relativamente alla gestione dei propri beni culturali (anzitutto immobiliari), da quali condizioni essa è prodotta e favorita?

I fattori di debolezza sono identificabili nella curva demografica, nelle difficoltà del contesto e in una possibile limitazione culturale. La diminuzione quantitativa del clero e dei religiosi è nota, come nota è, per conseguenza, la progressiva riduzione di risorse giovani. Al contesto, per il quale un immobile può dimostrarsi più un costo che una risorsa, si è già fatto cenno. La possibile limitazione culturale è costituita dalla tendenza ad affrontare situazioni nuove con strumenti vecchi, senza considerare la prospettiva storica o, peggio, sentendo l’evoluzione del contesto come un aspetto strutturalmente ostile e del quale avere paura.

 

Viceversa, quali sono i “parabordi” di cui le comunità religiose o la Chiesa stessa si dovrebbero dotare per evitare questi scogli? La situazione presente forse sollecita nuove strutture ecclesiali di sostegno alle comunità religiose. Quali caratteristiche dovrebbero avere?

Un contesto complesso sollecita, anzitutto, idee chiare sulla direzione da seguire. In questa prospettiva, è essenziale distinguere tra indirizzo e gestione. L’indirizzo – o, in termini secolari, le “scelte strategiche” – competono esclusivamente alle comunità religiose, secondo il proprio carisma e le proprie dinamiche comunionali. La gestione, invece, spetta a chi ne è capace: sia all’interno delle comunità o, come è ragionevolmente più probabile, al loro esterno. Nuove strutture di sostegno, a livello centrale, possono consentire intelligenti economie di scala. In particolare, i gruppi specializzati prospettati proprio in una intervista al vostro Giornale dal cardinale Gianfranco Ravasi permettono di sviluppare competenze e beneficiare dell’esperienza maturata, secondo un modello ben noto all’organizzazione aziendale, che lo applica dalle multinazionali alle cooperative. Certo, un approccio di questo tipo impone di superare logiche troppo incentrate sul “particolare” e, nel contempo, si espone al rischio di una “deriva burocratica”. Mi pare, tuttavia, che la partita debba essere giocata comunque. Per il bene della Chiesa e dell’intera società.

 

Oltre ad esser consultore della Congregazione per gli istituti di vita consacrata, lei è anche direttore del Centro studi sugli enti ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro (CESEN) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Quale il ruolo di questo Centro rispetto ai temi che abbiamo toccato e sui quali verterà il convegno “Carisma e Creatività”?

Il CESEN è un centro di ricerca istituito nel 1991 dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, con la partecipazione, quali enti promotori, della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM), dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia (USMI) e dell’Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale (UNEBA). In linea generale, il CESEN opera secondo una triplice direttrice: nell’ambito della ricerca, mediante lo studio e l’elaborazione di contributi a carattere scientifico; nell’ambito della formazione, con la promozione di seminari e corsi di formazione riguardanti l’amministrazione e la gestione dei beni ecclesiastici; e, da ultimo, mediante l’attività di accompagnamento, rivolta in particolare agli Istituti di vita consacrata. Nello specifico ambito della gestione immobiliare, il CESEN sta ragionando sulla possibilità di utilizzare alcuni strumenti abitualmente impiegati nel contesto del partenariato pubblico-privato. Pensiamo, in particolare, al project financing, disciplinato dal codice dei contratti pubblici: una forma di realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità con risorse provenienti da soggetti privati. Un tale modello potrebbe permettere di valorizzare immobili di comunità religiose, mediante finanziamenti privati che consentano un uso del bene in linea con il carisma proprio dell’ente ecclesiastico (per esempio, realizzando un luogo di ospitalità per studenti, un centro di assistenza per anziani o un museo), assicurando, nel contempo, una ragionevole remunerazione dell’investimento privato e un corrispettivo periodico all’ente ecclesiastico, utilizzabile per le necessità istituzionali di quest’ultimo (per esempio, il sostentamento dei propri membri).

Immagine di copertina: l’ex monastero di Sant’Agostino a Vicopelago (LU), estratto della mostra “Sulla soglia di mondi perduti”, Photolux – Biennale di Fotografia, 2019 (foto di Elena Franco)

 

Andrea Perrone è professore ordinario di Diritto commerciale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Svolge la propria attività di ricerca in Italia e negli Stati Uniti. Autore di monografie, manuali e saggi, é redattore di “Banca, borsa e titoli di credito” e di “Orizzonti del diritto commerciale”. È membro della faculty di ALTIS, Alta Scuola Impresa e Società, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Insieme all’insegnamento e alla ricerca nell’ambito del diritto commerciale, svolge una rilevante attività non profit. È direttore del CESEN – Centro studi sugli Enti Ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro; consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata; presidente della Fondazione Spe Salvi – Università Cattolica del Sacro Cuore; componente del Centro di Ateneo per la Cooperazione Internazionale; consigliere della Fondazione E4Impact. È stato advisor del Fetzer Institute e componente del Comitato di redazione del Libro bianco sul Terzo Settore per l’Agenzia per le Onlus.

 

Autore

  • Luigi Bartolomei

    Nato a Bologna (1977), vi si laurea in Ingegneria edile nel 2003. È ricercatore presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, ove nel 2008 ha conseguito il dottorato di ricerca in Composizione architettonica. Si occupa specialmente dei rapporti tra sacro e architettura, in collaborazioni formalizzate con la Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna ove è professore invitato per seminari attinenti alle relazioni tra liturgia, paesaggio e architettura. Presso la Scuola di Ingegneria e Architettura di Bologna insegna Composizione architettonica e urbana, ed è stato docente di Architettura del paesaggio e delle infrastrutture. È collaboratore de "Il Giornale dell'Architettura" e direttore della rivista scientifica del Dipartimento, “in_bo. Ricerche e progetti per il Territorio, la Città, l’Architettura”

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Last modified: 26 Gennaio 2022