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Michela MorganteWritten by: Città e Territorio

Nuovi lazzaretti in Cina: logistica applicata all’umano

Nuovi lazzaretti in Cina: logistica applicata all’umano

Le strategie zero-Covid e gli interventi edilizi che scordano l’architettura. Il caso della Quarantine Station di Guangzhou

 

Più dell’80% dei passeggeri in arrivo in Cina entra attraverso Canton (Guangzhou, in lingua locale), la più grande città-porto meridionale, 15 milioni di abitanti. Con Hong Kong e Macao forma il grande triangolo commerciale e industriale del Sud del Paese. A fine maggio 2021 era scoppiata una nuova ondata di Covid-19, con una progressione potenziale prevista da 7 milioni di casi al mese. Nella provincia erano presenti 300 hotel “convenzionati” destinati alla quarantena. Strutture di standard vario, dall’extra lusso al modesto, pernottamento ovviamente a proprie spese. In aggiunta alle drastiche restrizioni dei visti dall’estero, tutte le persone in ingresso erano tenute ad osservare una quarantena di un paio di settimane.

 

Dagli hotel al quartiere

A giugno, con il diffondersi della variante Delta, un drastico cambio di rotta nell’organizzazione dell’isolamento preventivo è stato annunciato dal governo cinese. Ed è partito immediatamente il cantiere della nuova Quarantine Station di Guangzhou, 4.000 addetti al lavoro, un’impresa notevole che si è conclusa puntualmente ai primi di ottobre (qui un video e qui alcune foto del cantiere). La nuova attrezzatura sorge su un’area di circa 257.800 mq, in posizione decentrata ma prossima a un nodo infrastrutturale strategico – aeroporto internazionale di Baiyun, autostrada e metropolitana. Ha una capienza da 5.000 ospiti più 2.000 unità di servizio. L’investimento per realizzarla ha superato i 200 milioni di dollari, ma in realtà si è trattato solo di una prima fase.

Da disposizioni ufficiali, il capoluogo del Guangdong ha dovuto garantire a breve un totale di 40.000 stanze. La Commissione nazionale della Sanità ha infatti rigettato l’uso degli hotel, non attrezzati specificamente, troppo a ridosso dei centri abitati, con personale potenzialmente vettore di contagio. Le municipalità sono state forzate a predisporre 20 stanze ogni 10.000 persone entro fine ottobre. A Dongguan è in via di riconversione una struttura analoga da 2.000 posti letto, un’altra è prevista nella vicina Shenzhen.

Tutto questo fa parte delle strategie adottate da Cina, Australia e Paesi confinanti, poi rimesse in discussione dagli altri governi davanti al moltiplicarsi delle varianti e al progredire delle campagne vaccinali. La Repubblica popolare continua invece a innalzare le barriere. Il Paese è praticamente blindato ai voli internazionali, le restrizioni stanno diventando sempre più severe, anche in previsione delle Olimpiadi invernali 2022 a Pechino.

 

Ok il nuovo lazzaretto, ma l’architettura?

Sin dai primi render, la nuova Quarantine Station appariva improntata su un impianto seriale, con scatole largamente vetrate, distribuite secondo una prevedibile griglia ortogonale. Le immagini del costruito ci hanno mostrato una teoria di padiglioni lineari prevalentemente di tre piani, con grandi finestre e bow-window nei vari corpi (immagine a fianco; fonte: edition.cnn.com). Edifici tutti prefabbricati ma dotati della “tipica copertura grigia della tradizione cinese”, ha commentato senza tema d’ironia involontaria la CNN. Le stanze – spaziose, tra i 39 mq e i 18 mq (da noi pari a una doppia di un 5 stelle) – funzionano in modo indipendente.

Descrivendo la struttura, la stampa internazionale ha magnificato i servizi in camera erogati da robot, i droni per le disinfestazioni, le videocamere per le comunicazioni con l’esterno. Tutto molto high-tech, ma… e l’architettura? Nonostante le centinaia di ricerche progettuali, simulazioni 3D, suggestioni spaziali stimolate dal fenomeno pandemia (ne abbiamo accennato anche noi), e mentre la sanità è tornata un tema progettuale di forte appeal e budget (si vedano i progetti in corso di OMA a Doha, di Adjaye in Ghana, di SOM ad Harlem), quelle che vediamo realizzate appaiono mere strutture provvisorie, degne solo di un’ordinaria amministrazione dell’emergenza. Un passo avanti nel comfort rispetto ai container predisposti in altre zone della Cina, si veda per esempio il riuso a scopo sanitario del Ruifeng Industrial Park nel Fujian (immagine a fianco; fonte: wjw.putian.gov.cn), ma poco più. Logistica applicata all’umano, nessuna spazialità eloquente.

L’ennesima riprova, se mai ce ne fosse stato bisogno, dell’insanabile scollamento tra progetto e società. È il portato inevitabile della logica dei grandi numeri e di un forte controllo tecnocratico su grandi comunità compattamente ossequienti all’ordine costituito? Ma, a dire il vero, nel corso delle passate emergenze nazionali italiane, si pensi al classico caso dell’accoglienza post-terremoto, la cultura professionale nostrana non ha dato miglior prova di sé.

 

Immagine di copertina: il cantiere della nuova Quarantine Station a Guangzhou (fonte: edition.cnn.com)

Autore

  • Michela Morgante

    Architetta, dottore di ricerca in Urbanistica, si occupa di storia urbana contemporanea. Ha insegnato “Storia della città e del territorio” e “Storia del paesaggio italiano” presso Conservazione dei Beni Culturali a Ravenna. Tra i temi indagati, in saggi su riviste e monografie: la tutela storico-artistica nella pianificazione delle città italiane tra Otto e Novecento, le dinamiche edilizie della ricostruzione post-bellica, l’infrastrutturazione del territorio per il governo delle acque, le politiche territoriali di area vasta. Le pubblicazioni più recenti riguardano la rappresentazione delle città d’arte italiane bombardate durante la Seconda guerra mondiale, in chiave di propaganda. Collabora con "Il Giornale dell'Architettura" dal 2004

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Last modified: 21 Dicembre 2021