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Written by: Interni

Daylight Design, o l’eloquenza della luce naturale

Daylight Design, o l’eloquenza della luce naturale

Giro del mondo in 9 opere che impiegano la luce naturale con effetti straordinari

 

Parlare di luce naturale negli ambienti costruiti è come descrivere un importante elisir di vita per gli esseri umani, perché è una risorsa continuamente disponibile, rinnovabile e gratuita, che offre interessanti elementi d’ispirazione. La luce naturale costituisce uno dei più antichi strumenti di progettazione per gli architetti, è una precondizione per l’esperienza degli spazi stessi, una forza morfologica spaziale ed erosiva, in grado di plasmare la forma e modellare la composizione durante tutto il processo architettonico. Portare la luce naturale negli spazi costruiti per limitare ed evitare, quando possibile, il ricorso all’illuminazione artificiale, massimizzare il comfort e la qualità di fruizione dell’ambiente interno, considerare le esigenze e l’esperienza dell’utente sono gli obiettivi primari del Daylight Design. Il Daylight Design analizza l’intero involucro architettonico e pratica tagli ed incisioni in volumi solidi in modo specifico, misurato e consapevole.

 

9 architetture paradigmatiche

Una disposizione spaziale apparentemente semplice può diventare lo sfondo perfetto per la natura teatrale della luce diurna, come nel progetto dello Studio Advaita per l’Agricultural Training Center di Ahmednagar (India, 2017), nel quale le forme geometriche e l’applicazione ponderata di tagli, materiali e colori sono tese a creare distribuzioni della luce armoniosamente diffusa o decisamente grafica. La stanza interna principale di questo edificio è sorprendente: una mano audace è giunta attraverso lo spazio del tetto per ritagliare un angolo della stanza permettendo alla luce di penetrare nello spazio. La vista del cielo blu e delle nuvole che il ritaglio offre, contro la tela rossa delle pareti interne, rimanda a un dipinto surreale. Ulteriori tagli orizzontali, astutamente applicati a ridosso delle pareti bianche, ne evidenziano le trame e animano gli spazi perimetrali con una luce diffusa che varia nel corso della giornata. La luce naturale innesca i nostri ritmi biologici e contribuisce così al nostro benessere, determinando i tempi della nostra quotidianità. Partendo da questo presupposto, la progettazione della luce naturale richiede una particolare attenzione per alcune tipologie di ambienti, ad esempio per gli spazi scolastici, che hanno un potenziale impatto sullo sviluppo sociale ed emotivo dei giovani. 

Nel progetto del Centro educativo El Chaparral a Granada (Spagna, 2010), l’architetto Alejandro Muñoz Miranda, in un gioco di compressione-decompressione degli spazi con altezze e larghezze mutevoli, abbraccia l’esterno con ampie superfici finestrate che vengono utilizzate come dispositivo per definire gli spazi interni: nelle aree comuni la luce naturale passa attraverso vetrate dai colori vivaci, soluzione che crea un ambiente dinamico dal sorprendente effetto cromatico, mentre le aule didattiche sono illuminate con vetrate incolori. Le finestre di grandi dimensioni consentono interazioni costanti con il contesto. Lungo i corridoi le aperture salgono verticalmente espandendosi verso il cielo, mentre negli spazi di attività le aperture si sviluppano anche orizzontalmente, consentendo l’esperienza dell’intera zona circostante. Oltre agli attributi esclusivi quali la possibilità di accesso alle viste esterne, la connessione con la natura, la varietà sensoriale che rende ogni spazio più invitante, la luce naturale può aiutare a raggiungere un’ampia serie di obiettivi prestazionali.

La Sunlighthouse a Pressbaum (Austria, 2010), di Juri Troy, è un esempio emblematico di come l’illuminazione diurna possa svolgere un ruolo cruciale nelle strategie di progettazione di edifici sostenibili. Ciò che distingue questo progetto da molti ambiziosi precedenti è la capacità di combinare un’architettura in grado di sfruttare tutto il potenziale del sito, come le viste meravigliose sui boschi e le montagne, l’esposizione alla luce solare, il massimo della privacy tra le case esistenti da un lato, e di minimizzare il consumo energetico dall’altro. La Sunlighthouse è riconosciuta infatti come la prima casa familiare a emissioni zero in Austria con una quantità di luce diurna insolitamente elevata. Le superfici finestrate, equivalenti a circa il 51% della superficie netta, sono state posizionate strategicamente sui tetti e lungo le facciate per inondare di luce gli interni, consentire un’intensa relazione con l’esterno e, al contempo, massimizzare il guadagno di calore solare passivo e la ventilazione naturale. Durante il giorno i livelli di luce naturale sono bilanciati su entrambi i piani della casa, e si ricorre alla luce artificiale solo nelle ore serali. 

Camminando per le strade di alcune città asiatiche, possiamo incontrare case con facciate sorprendentemente strette o inserite in lotti di ridotte dimensioni. Numerosi progetti hanno dato spazio a soluzioni innovative caratterizzate da strategie passive di captazione e distribuzione della luce naturale, consentendo spazi di alta qualità. La Love 2 House a Tokyo (2019), di Takeshi Hosaka, è una micro-abitazione di soli 19 mq. Non potendo beneficiare di luce naturale per diversi mesi durante l’inverno, lo spazio è stato concepito come se fosse inserito in un ambiente scandinavo. La costruzione presenta due tetti curvi le cui sommità sono aperte al cielo. I due gusci sono uniti a diverse altezze e le gronde sono piatte ai bordi della base per integrarsi agli edifici vicini, ma si curvano gradualmente mentre salgono per definire le aperture ad arco. Sette muretti derivati dallo scheletro strutturale separano le tre zone: pranzo, cucina e camera da letto. In inverno, i due lucernari portano efficacemente la luce solare tenue all’interno della casa, mentre in estate l’abitazione è piena di un sole splendente come in un paese tropicale. Internamente la struttura in cemento armato è lasciata a vista, per garantire uno spazio coeso e uniforme. La forma e la riflessione dei materiali hanno la funzione di spingere la luce naturale il più possibile in profondità all’interno dell’edificio e controllarne la distribuzione. 

La soluzione di portare luce in profondità attraverso una forma e un uso consapevole dei materiali è visibile nel progetto di Casa Batlló a Barcellona (1904) dove Antoni Gaudí pensa ad un rivestimento piastrellato del cortile interno, gradualmente più chiaro dall’alto verso il basso, per compensare la progressiva riduzione del livello di luce diurna scendendo in basso. Modulando la tonalità, il valore e la trama delle piastrelle, Gaudì ha modificato le qualità e le quantità di luce percepite nel pozzo stesso e negli appartamenti adiacenti. Le piastrelle variano di colore da un blu intenso a sfumature più chiare di blu fino a un bianco sporco. Le piastrelle blu intenso sono poste nella loro massima concentrazione nella parte superiore del pozzo di luce, intervallate da piastrelle più chiare. L’effetto qui è di raffreddamento, quasi come se si vedesse la luce sott’acqua. Nella parte inferiore del pozzo di luce sono posizionate le tessere più chiare, intervallate da alcune più scure. Questa distribuzione delle piastrelle colorate uniforma bene il gradiente di luce percepita, stabilendo una luce equilibrata. Piastrelle a trama più spessa sono sparse tra quelle lisce lungo tutta l’altezza, aggiungendo effetti differenti di brillantezza. Oltre all’uso dei materiali, la forma del pozzo di luce – più ampio in alto – e le dimensioni delle finestre – più grandi in basso – servono a bilanciare l’accesso alla luce per tutti i residenti. 

Attraverso la manipolazione e il controllo della luce naturale è possibile realizzare opere che racchiudono diversità e ricchezza come nel progetto della Light Walls House a Tokoyama (Giappone, 2016), dello studio mA-Style, una casa unifamiliare situata in un luogo ombreggiato tra altri edifici e senza la possibilità di aprire finestre. Così, un sistema di lucernari perimetrali sul tetto piano illumina le pareti di chiusura e permette alla luce di rimbalzare dando un’illuminazione interna uniforme. Gli ambienti si trovano all’interno di moduli a due piani o scatole dipinte di bianco. Le travi del tetto frammentano la luce del sole e creano geometrie luminose che giocano con le forme e gli oggetti all’interno della casa; con il passare del giorno la luce cambia e i riflessi si spostano. Le linee chiare appaiono vivide in una bella giornata, mentre in una giornata nuvolosa esse svaniscono, e una luce fioca e vacua riempie la stanza. Proprio come la meridiana, le molte facce della luce permettono ai residenti di sentire lo scorrere del tempo. Le pareti interne in legno lamellare leggermente inclinate riflettono e diffondono la luce; il risultato è una luce morbida e uniformemente distribuita che circonda l’intero spazio. 

Alle soluzioni che mirano a captare quanta più luce naturale possibile, fanno da contrappunto quelle strategie spaziali che minimizzano qualsiasi vista diretta sul cielo, come nel progetto di Casa Gilardi a Tacubaya (Messico, 1976), di Luis Barragán, in cui le soluzioni progettuali puntano a evitare la luce solare calda e dura, le pareti forniscono ombra e finestre più piccole o schermate contribuiscono a creare un’atmosfera di “mezza luce”. Le pareti dai colori vibranti sono tagliate da lame di luce. Colore e luce sono i due elementi indispensabili per la definizione dello spazio architettonico, dato che possono variarne la percezione: la selezione finale delle tonalità di colore tiene conto degli effetti della luce naturale sulla trama e sulle dimensioni delle pareti. Particolare attenzione è stata data al colore della galleria d’accesso alla piscina, dove il giallo acceso delle pareti interne e del soffitto è stato applicato direttamente anche alle lastre di vetro senza cornice inserite nelle aperture verticali della parete del patio, intensificando il suo vibrante effetto visivo. La vista dal corridoio centrale alla porta aperta in fondo al corridoio è soffusa di un bagliore giallo che incornicia la parete di fondo della piscina, dipinta di un blu brillante. Questa superficie muraria è ravvivata dai riflessi della luce nell’acqua alla base, e anche dal radiante colore magenta dell’elemento a parete libera che nasconde il lucernario. Presumibilmente fornendo un ulteriore supporto strutturale alla copertura, questa parete parziale funge anche da gesto cromatico e compositivo. 

Una soluzione alternativa per attutire gli effetti della luce naturale è visibile nella Shoji Screen House a Osaka (Giappone, 2016), di Yoshiaki Yamashita, che utilizza in modo innovativo la tipica carta giapponese shoji, incollata sulle superfici finestrate, per ricreare una luce astratta. Nella notte, la sagoma di bambù piantata all’esterno si riflette su questo schermo. Lo spazio abitativo capta luce naturale da tre cortili interni.

Modulare la quantità di luce naturale può avere uno scopo mistico, come nel progetto della Cappella del mare a Bphai Costa (Cina, 2015), di Vector Architects. Immaginata come una vecchia barca alla deriva sull’oceano, questa cappella ha aperture limitate all’interno. Oltre alla grande vetrata orizzontale affacciata sulla spiaggia, alcuni stretti spazi tra le pareti fanno entrare la luce naturale. Sulla facciata orientale, un’apertura triangolare illumina dolcemente la croce dal basso verso l’alto. Un altro canale luminoso posizionato sopra il tetto a falde consente alla luce naturale di fluire internamente attraverso un piccolo spazio tra la parete curva e il tetto a falde. A mezzogiorno di primavera, estate e autunno, quando il tracciato solare è quasi perpendicolare, la luce si proietta direttamente sulla parete nord, generando un vivido effetto luminoso. Sebbene la luce non rimanga a lungo, la trama della parete in stucco viene così enfatizzata e diventa una pelle tangibile. Sul lato nord, un compatto spazio a sbalzo per la meditazione si adatta a una sola persona con pareti solide che avvolgono il corpo e un’unica finestra che estende lo sguardo verso l’oceano lontano.

 

Immagine di copertina: Agricultural Training Center di Ahmednagar (India, 2017) / Studio Advaita © Studio Advaita

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Last modified: 29 Settembre 2021