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Martina BocciWritten by: Patrimonio Professione e Formazione

Cile, così rivivono i pueblos

Cile, così rivivono i pueblos

Nell’ambito delle attività della Fundacion Altiplano MSV, nel villaggio di Tacora, a più di 4000 metri di quota, abitanti e professionisti hanno lavorato in sinergia per ridare dignità al patrimonio locale

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TACORA (CILE). Si conclude il 31 gennaio l’intervento che ha coinvolto il pueblo e la comunità di Tacora, realizzato tramite finanziamenti statali dalla Fundación Altiplano Monseñor Salas Valdés (FAMSV), un’organizzazione multidisciplinare con sede nella città portuale di Arica. La Fundación Altiplano MSV opera principalmente nella regione Arica e Parinacota, la porta d’ingresso del “sur andino” d’America, considerata, in accordo con la definizione UNESCO, un Paesaggio culturale, una zona geografica in cui diversità naturale e culturale risultano fortemente integrate.

Dall’espansione dell’Impero Tiwanaku, all’integrazione nel Cammino Inca, alla Ruta de la Plata de Potosí con l’arrivo degli spagnoli, quest’area ha da sempre assunto il ruolo strategico di corridoio naturale tra la cordigliera e la costa. Lungo questi percorsi sono sorti numerosi villaggi aymara, in cui terra, pietra e paglia, materiali semplici e locali, hanno stabilito un nesso tra le semplici e domestiche vivendas andinas e i templos in stile barocco, luoghi sacri e centri della vita comunitaria e della preservazione culturale. Una forte migrazione verso le città costiere ha però investito negli ultimi decenni le zone altiplaniche e della precordigliera, lasciando in stato di abbandono molti villaggi, che tornano a essere vissuti soltanto nei momenti di festa.

È in questo contesto che, a partire da una prima convocazione nel 1995, la FAMSV appoggia le comunità, sostenendole nel tentativo di tramandare alle nuove generazioni il patrimonio locale. Integrando vari soggetti e iniziative strategiche, parte dalla preservazione e dalla conservazione e promuove uno sviluppo sostenibile, che mira a una ripresa e consolidamento delle tradizioni. Basandosi sul modello «Porque me enamoré de ti… un camino simple de Conservación y Desarollo Sostenible en comunidad», si offre come istanza permanente di investigazione, apprendimento e impiego per i membri delle comunità e i giovani professionisti, contribuendo a un «…mundo más alegre en comunidad».

Grazie a fondi statali e donazioni, con un sistema di sub-esecuzione è stato realizzato il Plan Iglesias de Arica y Parinacota, che dal 2003 a oggi ha eseguito dodici interventi su chiese e campanili, due programmi di riparazione d’emergenza post terremoto e il restauro e la conservazione di quattro villaggi.

Visto dall’esterno il meccanismo instauratosi tra la Fundación, gli abitanti e le amministrazioni locali appare come un esteso sistema in equilibrio, caratterizzato da una grande trasparenza di intenti e attuazioni, mosso da un altruismo non così facilmente individuabile in ambiti paralleli.

Il villaggio di Tacora

Da febbraio 2018 si è svolto, per circa dieci mesi, il Programa de Capacitación para la Restauración de Fachadas en viviendas patrimoniales de Tacora, il cui coordinamento è stato affidato all’architetto Beatriz Yuste (con un finanziamento di oltre 43.000 euro per il programma SUBDERE).

Il villaggio di Tacora è situato a un’altitudine di 4.090 metri nella regione di General Lagos. In risposta alle condizioni climatiche avverse, con temperature medie inferiori ai 5°, forti escursioni termiche, gelate notturne e piogge intense nei mesi estivi, le abitazioni si sviluppano in aggregazioni di semplici volumi rettangolari di un piano (in alcuni casi addirittura seminterrate), con spesse pareti in terra battuta o mattoni di terra cruda e aperture di ridotte dimensioni. Agli originari tetti in paglia, sono state negli anni sostituite nuove coperture in lamiera.

La Chiesa della Virgen del Carmen, risalente agli ultimi anni del XVIII secolo e oggetto di un restauro operato dalla FAMSV nel 2012, spicca con le sue pareti intonacate di bianco davanti all’imponente vulcano Tacora. Per le forti migrazioni, il fiorente villaggio legato alle estrazioni di zolfo e alla produzione della lana conta attualmente solo cinque abitanti. I proprietari delle case, per la maggior parte residenti ad Arica, formano tuttavia una comunità strettamente legata al villaggio; ed è proprio da loro che è partita la sollecitazione dell’intervento.

Accanto al recupero di risorse patrimoniali, in grado d’influenzare uno sviluppo sostenibile e un turismo responsabile, e alla ripresa di tecniche tradizionali di costruzione in terra, uno degli scopi è stato l’integrazione degli abitanti nel processo di apprendimento. È stata applicata la metodologia della Escuela Taller: sotto la supervisione dei maestros, l’intero cantiere è stato impostato come una scuola pratica di restauro che ha offerto un impiego come maestro adobero, scalpellino o falegname alla gente del posto, con lezioni teoriche a supporto dell’acquisizione di abilità tecniche che hanno permesso il recupero integrale delle facciate di 22 edifici e la realizzazione di quattro prototipi, investiti da interventi estesi all’intera struttura e da un cambio di funzione.

Un processo aperto, partecipativo e interdisciplinare che ha affidato un ruolo attivo a coloro che esercitano la custodia dei beni patrimoniali nelle dinamiche di conservazione e mantenimento, nel potenziamento dell’attrattiva locale e nella valorizzazione delle tradizioni, con una rigenerazione che parte dall’interno e si basa sui legami affettivi con il luogo.

Le tecniche di restauro

Per la mancanza di manutenzione e i danni prodotti dai sismi che hanno frequentemente colpito l’area, gli edifici si trovavano in un pessimo stato di conservazione con la necessità di un restauro urgente.

Con un programma che ha alternato 10 giorni di lavoro e 5 di riposo, è stata recuperata l’abitabilità risolvendo i principali degradi, con interventi minimi e reversibili, ed è stato proposto un linguaggio comune rispettoso delle caratteristiche della cultura rurale dell’altopiano, che ha coinvolto le abitazioni disposte sull’asse centrale e quelle di alto valore architettonico, prediligendo gli edifici realizzati con tecniche in terra.

Le scelte costruttive hanno cercato di rispondere sia a una ripresa delle tecniche e soluzioni locali, sia a un adeguamento antisismico, senza alterare lo stile architettonico.

Gli interventi sulle facciate hanno previsto il ripristino degli attacchi a terra in pietra e la riparazione dei danni e collassi nelle pareti in tapial (terra battuta) e adobe, inserendo reti biassiali, elementi lignei di rinforzo (llaves de madera) e legature con fili (drizas sismicas) per migliorarne la risposta sismica, successivamente intonacate in terra e dipinte a calce.

Sono state mantenute le coperture in lamiera, ritenute ormai caratterizzate da un valore storico, pitturate di un colore simile alla terra.

L’intervento nei prototipi ha previsto invece una sperimentazione di soluzioni costruttive locali più variegata, unite talvolta a espedienti più convenzionali.

Per quanto riguarda le coperture, sono stati adottati due differenti sistemi. Un primo metodo ha previsto l’utilizzo di un doppio strato di totora intrecciata, materiale tipicamente utilizzato nelle zone dell’Altopiano di Perù, Bolivia e Cile, isolata da uno strato di 5 cm di lana di vetro. Un secondo ha ripreso la caruna, soluzione di tradizione aimara suggerita in corso d’opera da uno dei maestros. Dopo aver realizzato un supporto in lacci di cuoio di vacca inchiodati ai travetti della copertura a interassi di circa 25 cm, è stata disposta casualmente la paglia su una superficie piana di dimensioni pari all’area da rivestire (utilizzando per l’occasione il campo da calcio del villaggio), facendovi poi penetrare con l’aiuto dei piedi un impasto realizzato con terra e agua de tuna (acqua nella quale per circa un giorno sono stati immersi pezzi di cactus locale). Questa sorta di “coperta”, raggiunto il giusto grado di umidità, è stata tagliata, avvolta e messa in opera, rivestita direttamente da una membrana idrofila traspirante e dall’immancabile lamiera.

A protezione dei muri di tapial, che racchiudono i cortili interni delle case, è stata adottata invece l’albardilla, che utilizza la paglia brava, una tipologia più resistente e meno flessibile, estratta e messa in opera con le radici, incrociandone i fasci, tenuti in posizione con l’aiuto di terra e acqua.

Infine, per la realizzazione di un leggero timpano al di sopra di una parete fortemente indebolita e di una nuova porzione di prototipo, è stata impiegata la tecnica quincha, non tipicamente riferibile a quest’area.

L’origine dei materiali utilizzati è quasi esclusivamente locale, sia per difficoltà di trasporto, sia in ossequio alla cultura tradizionale: la terra proviene da un villaggio vicino, mentre nei sono state prelevate le pietre e la ghiaia dei basamenti; cactus, paglia e totora sono stati “raccolti” ad altitudini meno elevate lungo la strada che connette Arica e Tacora; anche il cuoio usato per i lacci è stato lavorato a partire da una pelle di vacca di un allevamento vicino.

A conclusione dell’intervento saranno pubblicati sulla pagina dell’associazione il manuale Memoria de Intervencíon Patrimonial, che dettaglia passo a passo il procedimento tecnico realizzato, e il libro Paisaje Cultural de Tacora. La cerimonia finale prevede la consegna a tutti gli abitanti un Manual de Mantenimiento, che indica soluzioni preventive da adottare in caso di deterioramento degli interventi.

Autore

  • Martina Bocci

    Laureata in Architettura al Politecnico di Torino con una tesi sulle tecniche di costruzione in terra, ha ottenuto una borsa di ricerca sulla misurazione dell'impatto ambientale di edifici low-tech. Attualmente sta svolgendo il dottorato (URD al DIST) sul ruolo della conservazione e trasmissione delle tecniche di costruzione tradizionale sullo sviluppo locale. Co-fondatrice di Accademia nel Cantiere (AnC), no-profit che si occupa di progettazione, ricerca e costruzione con materiali naturali

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Last modified: 24 Gennaio 2019