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Alessandro ColomboWritten by: Biennale di Venezia

La Cina a Venezia: Freespace is the Countryside

La Cina a Venezia: Freespace is the Countryside
Intervista a Li Xiangning, curatore del padiglione nazionale intitolato “Building a Future Countryside” alla 16. Mostra Internazionale di Architettura

 

Dopo due decenni di spinta alla costruzione delle città, la Repubblica Popolare Cinese riscopre il valore della vita rurale e punta alla campagna come nuova frontiera per l’architettura moderna. Il processo s’inquadra in una tendenza già delineata dalla scorsa edizione della Biennale dove i valori ritrovati erano quelli della vita di tutti i giorni. Con “Building a Future Countryside” quest’anno il curatore Li Xiangning (nella foto) docente di storia, teoria e critica al Tongji University College of Architecture and Urban Planning di Shanghai, studioso conosciuto e attivo sulla scena cinese e internazionale, porta la chiave interpretativa del tema di questa Biennale, “Freespace”, nella vasta campagna cinese per riscoprire i valori culturali della vita comune.

 

Italia e Cina condividono da secoli una tradizione di relazioni particolarmente forti fra Venezia e alcune regioni della Cina. Come si rapporta a questa lunga tradizione e qual è il suo rapporto personale con Venezia?

Penso che l’opinione dei cinesi sia che Venezia costituisca una città importante in Europa e che gli italiani amino i cinesi. Ritengo inoltre vi siano molte cose in comune che ci permettono di godere del cibo e della cultura: in definitiva siamo molto amici gli uni degli altri. Ritengo anche che condividiamo una lunga tradizione storica, abbiamo forti legami culturali sia nell’antichità che nel Rinascimento; si considerino le avventure di Marco Polo. Tutti in Cina amano la cultura italiana e Venezia ne è il simbolo. Venezia è una città d’acqua e probabilmente lei sa che attorno a Shanghai vi sono molti piccoli centri caratterizzati dai canali (Zhu Jia Jiao ad esempio): sono la nostra Venezia in Cina. Per gli architetti professionisti Venezia rappresenta un’importante capitale dell’architettura e della cultura. Nella nostra cultura architettonica studiamo Carlo Scarpa e Manfredo Tafuri, e nei nostri libri di storia dell’architettura non mancano esempi di architettura veneziana a partire dal Rinascimento. Oggi, in epoca moderna, ogni architetto che si rechi in Italia vuole visitare Venezia ed esistono collaborazioni tra le nostre scuole di architettura. A Shanghai organizziamo convegni internazionali per mettere a confronto la visione urbana italiana con quella cinese, lo stesso avviene per l’architettura. Penso vi sia dunque una relazione molto forte e spero che in futuro essa si possa incrementare grazie al rapporto fra la comunità degli architetti italiani e quella cinese.

 

Qual è il suo approccio al tema proposto dalle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara, “Freespace”?

Ciò che ho capito dopo aver letto le linee guida delle Grafton circa l’interpretazione del tema generale è che “Freespace” può essere letto in due modi. Uno riguarda la flessibilità dell’utilizzo dello spazio: può essere adattato a nuovi usi e li può includere, questo in un senso specificatamente architettonico. Ma “Freespace” può essere interpretato anche dal punto di vista sociale: noi ci auguriamo che uno spazio possa includere identità e nazionalità diverse, culture che possano condividere lo spazio comune al fine di comunicare e godere dei rispettivi stili di vita. A partire da queste considerazioni ho proposto il mio tema (“Building a Future Countryside”) per il padiglione cinese: la campagna. Lei sa che in Cina, quando si parla di campagna, si parla di qualcosa che è legato all’idea di spazio libero. In campagna noi abbiamo l’idea che tutti possano partecipare liberamente al processo costruttivo. Questa è la campagna. Noi sappiamo che molti come Rem Koolhaas ad esempio, stanno volgendo la propria attenzione alle costruzioni rurali in campagna proprio perché pensano che quella dell’ambiente costruito in ambito rurale sia una delle sfide più grandi, dove vi siano migliori possibilità di concretizzare il nostro futuro e il nostro spazio comune. Questo è il motivo per il quale ho proposto le costruzioni rurali in Cina. La campagna è la risposta all’idea delle Grafton di Freespace.

 

Ci può dare delle anticipazioni sul vostro Padiglione?

Il nostro pensiero è che in Cina, dopo l’ondata di urbanizzazione e la rapida crescita delle città, la campagna e le regioni rurali rappresentino la nuova frontiera dell’architettura contemporanea proprio perché gli architetti, gli artisti, gli sviluppatori immobiliari ed anche i lavoratori, tutti insieme uniscono i propri sforzi per ricostruire le comunità e la vita in comune nonché il sistema di valori che vi corrisponde. Tutto ciò accade perché dopo molti decenni l’equilibrio fra città e campagna si è rotto. Molte persone hanno lasciato la campagna per le città ma ora la gente è stanca degli ingorghi del traffico, dell’aria inquinata, di tutti gli aspetti negativi dell’urbanizzazione e volge il proprio sguardo alle campagne. Non solo per raggiungere una migliore qualità di vita, ma anche per recuperare dei valori culturali poiché stiamo pur sempre parlando di “nostalgia”. Se traduciamo alla lettera “nostalgia” in cinese otteniamo, come concetto, il desiderio di tornare alla campagna. È un desiderio del passato, della vecchia vita rurale, una sorta di visione legata alla campagna. Oggigiorno quindi sempre più persone rivolgono la propria attenzione alle aree rurali e alle costruzioni nelle aree rurali. Le giovani generazioni lasciano le città, vogliono vivere qui. Questo è il motivo per il quale riteniamo che la campagna muterà rapidamente con una modalità legata alla cultura e ai valori della vita in comune. Vogliamo ricostituire i valori culturali delle aree rurali.

Nella mostra ci concentriamo su sei differenti aspetti della vita rurale: le abitazioni, il vivere, il turismo, la produzione, la cultura e il futuro. Parliamo anche di produzione poiché nei villaggi si deve continuare a produrre: non si vive di solo turismo ma si deve continuare a coltivare anche il caffè e altre cose; si allevano maiali e si produce cibo salutare. Poi abbiamo gli altri temi: la cultura e il futuro, le nuove tecnologie. Lei sa che Alibaba, ad esempio, è un gruppo che propone nuovi mezzi di trasporto, infrastrutture e sistemi di mobilità per i villaggi. Quanto serve per la costruzione è in consegna espressa: tutti quelli che vogliono costruire nei villaggi possono ordinare i materiali non scegliendo dal mercato locale, ma da quello globale. Possono ordinare materiali in tutto il paese e tutto può essere consegnato sul posto in un giorno o due. È questo un nuovo sistema e noi stiamo anche introducendo nuove tecnologie avanzate quali la stampa 3d e il design parametrico applicato agli ambienti rurali per ottenere una relazione più coerente con l’ambiente. Per questo motivo abbiamo suddiviso l’esposizione in sei sezioni, ognuna a rappresentare un aspetto delle costruzioni rurali: per ogni sezione abbiamo un architetto responsabile e una o due installazioni a rappresentare un progetto-simbolo. In totale presenteremo 20 o 25 progetti da realizzare in Cina. Inoltre, all’esterno del Padiglione, presenteremo una stampa 3D di una costruzione che riproduca l’ingresso in un villaggio cinese di campagna. La costruzione sarà lo spazio d’incontro e di riposo per il pubblico tutto ed anche per la cerimonia di apertura. Sarà stampata in scala reale, alta circa 3 m e lungo 15 o 20: una sorta di percorso curvo dove sarà possibile sedersi e godere dello spazio generato. A Biennale conclusa la costruzione sarà riportata in Cina e installata nella piazza di un villaggio in modo da diventarne, a sua volta, lo spazio pubblico.

 

Quali sono le sue aspettative in merito alla discussione con gli altri Paesi intorno al tema “Freespace”?

Ritengo che in futuro si potrà discutere grazie a questa edizione della Biennale. Tutti dovremo porre maggiore attenzione ad una nuova interpretazione dello spazio pubblico che diventa spazio libero, interpretato non come l’espressione di una creazione di un architetto ma come un luogo di libera partecipazione ove godere liberamente della vita di relazione. Noi speriamo che dagli altri Paesi giungano differenti esperienze e saperi su come realizzare differenti tipi di freespace dove la gente possa incontrarsi e gioire della reciproca compagnia. Le nazioni porteranno esempi, condivideranno le loro conoscenze e anche le loro visioni sul futuro su come meglio realizzare spazi liberi. Questa è la missione di cui la Biennale di Venezia può farsi carico nei confronti di tutti gli architetti nel mondo.

 

Immagine di copertina: Chen Haoru_ Pig Barn of the Taiyang Organic Farming Commune ®Lu Hengzhong. Courtesy Pavilion of China at the 16th Venice Architecture Exhibition, La Biennale di Venezia 

 

LEGGI L’INTERVISTA IN LINGUA INGLESE

 

 

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 4 Aprile 2018