Report dal convegno “Da Edoardo Gellner alle esperienze contemporanee” (Cortina d’Ampezzo, 8 dicembre), di cui questo Giornale è media partner
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CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO). Il Palazzo delle Poste, progettato da Edoardo Gellner negli anni ‘50 (nell’immagine di copertina, un modello e schizzo), ha ospitato l’incontro promosso dall’Associazione culturale Gellner con il patrocinio di vari enti e istituzioni. Moderati da Michele Merlo, presidente dell’associazione organizzatrice, e alternati ai video-documenti di Davide Maffei e Alessandro Barbieri sul rapporto architettura e montagna, i vari interventi hanno proposto una variegata riflessione a tutto campo divisa in due sessioni.
Costruire IN montagna
La mattina è stata aperta da Nicola Braghieri, docente e direttore della scuola di architettura del Politecnico di Losanna, che ha esplorato le remote origini dell’architettura di montagna, da ricercare in quelle forme dell’abitare spesso aggettivate come anonime, vernacolari, tradizionali o pittoresche (termini che hanno sovente assunto un distorto significato negativo). Il viaggio colto proposto da Braghieri, denso di citazioni e rimandi alle molte culture che hanno popolato nei secoli il mondo della montagna, ha ricordato che la costruzione fra i monti, prima dell’arrivo degli architetti e della modernità, è stata possibile, come la gran parte della storia, grazie al sapere silenzioso di persone di cui non si conosce il nome.
Luciano Bolzoni, appassionato direttore culturale della cooperativa Alpes, ha proseguito il viaggio ideale nella storia soffermandosi sulle figure e sulle opere fondamentali dell’architettura alpina del ‘900. Le Alpi sono il territorio montano più “umanizzato” in assoluto, ricorda Bolzoni, e l’immagine dell’architettura alpina nella modernità è stata segnata da tre fatti sociali: l’alpinismo, la villeggiatura turistica e l’industria idroelettrica. Attorno a questi temi, con un serrato fuoco di fila d’immagini, sono stati ripercorsi i luoghi simbolo dell’antropizzazione delle Alpi (come Cervinia o Sestriere), soffermandosi sull’opera dei maestri precursori (Albini, Mollino, Muzio, Ponti, Portaluppi per citarne alcuni) che formano ancora i capisaldi culturali di qualsiasi ragionamento sulla costruzione nei territori di montagna.
La riflessione proposta da Stefano Andrea Poli, PhD e docente del Politecnico di Milano, si è concentrata sugli arredi d’interni di montagna del ‘900 interrogandosi, in particolare, sulla relazione tra questi e le forme della tradizione storica. È un aspetto che merita approfondimenti di ricerca in quanto, se è vero che dall’opera di molti architetti (esemplare il caso di Agostino Griffini e Paolo Mezzanotte) è evidente che la nuova espressione dell’architettura montana moderna nacque da ricerche sulla cultura tradizionale, questo non sembra valere per gli arredi che hanno sempre dimostrato una propria, tendenziale autonomia espressiva.
Il doppio intervento di Riccardo Domenichini, responsabile dell’Archivio Progetti IUAV, e Martina Carraro, PhD e docente IUAV, è ruotato intorno al significato della fotografia nel lavoro di Edoardo Gellner. Dall’enorme mole di materiale depositato presso l’archivio di Venezia traspare la sistematica e maniacale cura che l’architetto dedicava alla catalogazione delle sue foto. Ma, soprattutto, emerge il valore che egli attribuiva alla fotografia come strumento di conoscenza e progetto. Gli scatti fotografici erano per Gellner un atto per analizzare la percezione visiva del progetto e del rapporto con il contesto e il paesaggio. I frammenti estratti dall’archivio fanno capire quanto fosse all’avanguardia lo sguardo di Gellner la cui opera, come da molti ricordato nel convegno, meriterebbe di essere ancora studiata e approfondita.
Nel segno della fotografia anche l’intervento che ha concluso la prima sessione. Gianpaolo Arena, fotografo ed editore di Landascape stories, ha ripercorso il rapporto tra montagna e architettura attraverso una sequenza di stimolanti suggestioni dalla storia della fotografia, dagli albori fino ai giorni contemporanei. Il finale è stato dedicato agli scatti estratti da “Calamita/calamità”, il progetto fotografico curato dallo stesso Arena che considera il territorio del Vajont come laboratorio di osservazione permanente di una ferita mai rimarginata.
Costruire LA montagna
La sessione pomeridiana è stata aperta da Ulla Hell, architetto partner di Plasma Studio, che ha ripercorso il caso di Sesto Pusteria, luogo alpino caratterizzato dal segno dell’architettura, sia per le opere realizzate nel ‘900, come il cimitero della Prima guerra mondiale o il Grand hotel Tre Cime, sia in quelle più recenti. Ma Sesto è stata anche antesignana dei concorsi dedicati all’architettura alpina con il Premio Città di Sesto (1992-2006).
Antonio De Rossi, architetto e docente del Politecnico di Torino, ha portato la testimonianza dell’esperienza di Ostana (Cuneo), borgo che guarda il Monviso e che è rinato dopo una condizione di abbandono grazie ad una strategia integrata di recupero e rigenerazione funzionale degli edifici, nel segno di un’architettura contemporanea che rispetta la tradizione locale, attuata dall’Amministrazione dal 1985. Ostana è fra le best practices italiane e mostra un modello possibile di “resilienza montana” basata sul recupero architettonico e sociale.
De Rossi ha inoltre presentato, con la collaborazione dell’associazione Una montagna di libri, il secondo volume de La costruzione delle Alpi, dedicato al Novecento e al modernismo alpino (Donzelli, 2016), la cui prima parte – dedicata alle immagini e scenari del pittoresco alpino (1773-1914) – ha ottenuto i premi Rigoni Stern e Acqui Storia.
Francesca Bogo, presidente della Fondazione Architettura Belluno Dolomiti, ha rimarcato l’importanza dei concorsi di architettura nei territori alpini, ripercorrendo alcuni bandi che hanno promosso progetti in località del bellunese.
Alberto Winterle, presidente dell’associazione Architetti Arco Alpino, ha riassunto gli esiti della Rassegna 2016, il concorso che ha visto la partecipazione di 246 progetti, di cui 22 selezionati e 4 premiati, realizzati lungo tutto il territorio delle Alpi italiane. Un corpus di «materiali di lavoro», come affermato dallo stesso Winterle, che permettono di conoscere la tendenza contemporanea e indagare quale sia l’espressione di qualità dell’architettura che si confronta con il difficile contesto della montagna.
La conclusione del convegno a cura di Annibale Salsa, già docente di antropologia filosofica e culturale all’Università di Genova, ha stimolato i presenti con una riflessione che ha ricostruito la genesi delle trasformazioni del paesaggio alpino evidenziando il cambio di paradigma avvenuto a partire dalla fine del 1700 con l’avvento della cultura “urbanocentrica”. La civiltà contadina ha lasciato il posto al paradigma esportato dalla società urbana che ha introdotto progressivamente modifiche sempre più radicali. Oggi è necessario, da parte di tutti, avere la consapevolezza che la costruzione del paesaggio è un atto di responsabilità e la sua governance dev’essere condotta con scienza e coscienza. In una rinnovata sensibilità e attenzione nei confronti della montagna, la speranza per far rinascere una nuova cultura montana passa inevitabilmente attraverso un ripensamento che porti all’abbandono del modello “urbanocentrico” e dei suoi falsi miti.
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Sul sito web edoardogellner.org saranno disponibili i materiali del convegno
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Da Edoardo Gellner alle esperienze contemporanee
8 dicembre 2017
Sala Cultura – Palazzo Poste di Cortina d’Ampezzo (Belluno)
con il patrocinio del Comune di Cortina d’Ampezzo e di:
Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori CNAPPC
Fondazione Dolomiti Unesco
Ordine Architetti PPC di Belluno
Fondazione Architettura Belluno Dolomiti
GAL Gruppo azione locale altobellunese
in collaborazione con:
Una Montagna di Libri
FashionWeekend
Cortina for us
con il supporto di:
Graniti Fiandre
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XLAM Dolomiti
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architettura alpina , congressi
Last modified: 13 Dicembre 2017
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