VENEZIA. Il tema della Biennale di Aravena, declinato in varie forme nei differenti padiglioni nazionali, acquisisce un senso letterale nel piccolo spazio affidato all’Ucraina (in calle del Ridotto 1388 a San Marco). Una planimetria riprodotta sul pavimento evidenzia in rosa le aree del conflitto, che s’intensificano lungo i confini e intorno alla città di Donetsk, epicentro degli scontri dal 2014. Il visitatore è così costretto a calpestare un territorio già martoriato dalla guerra e da un sistema corrotto che manipola i mezzi d’informazione e controlla gli abitanti riducendoli al silenzio.
La curatela è di Izolyatsia, fondazione no-profit e non governativa nata nel 2010 a Donetsk, nella sede di una fabbrica dismessa di materiali isolanti; deve il suo nome a questa contingenza e alla condizione d’isolamento in cui si trova ad operare, nel tentativo di mantenersi indipendente rispetto alle due parti in conflitto. Nel giugno 2014 la sede della Fondazione è occupata dalle milizie separatiste e deve essere ricollocata in un cantiere navale a Kiev, da dove continua a promuovere un atteggiamento di resistenza civile e politica utilizzando l’azione culturale e artistica.
Attraverso il programma residenziale della Fondazione, curato dal fotografo Boris Mikhailov, alcuni artisti, architetti e designer vengono invitati a trascorrere un mese nella città di Mariupol, con il supporto di assistenti volontari che permettono loro di superare il gap linguistico e culturale, e restituiscono la loro produzione in una mostra l’anno successivo. Il programma residenziale dell’estate 2015, Architecture Ukraine, ha prodotto i lavori esposti a Venezia, opera di Fulco Treffers, Danielle Rosales, Robin Coenen, Francisco Lobo e Romea Muryn.
Questi ultimi, rispettivamente regista e architetto, sono gli autori del video Centrallurgy, che ripercorre la storia del territorio di Donetsk attraverso immagini d’archivio, riprese e disegni. Il regime sovietico ha potenziato l’attività metallurgica portando alla formazione di una manodopera estremamente specializzata, oggi disoccupata perché incapace di adattarsi ad altri impieghi. Le acciaierie avevano un sistema paternalistico e accentratore che garantiva il controllo politico degli operai, portati a considerare se stessi un piccolo ingranaggio di un’immensa struttura. Con il crollo dell’URSS, questa identità sineddotica si è persa, lasciando un diffuso atteggiamento di passività e rassegnazione, corroborato dall’ignoranza e unito al rimpianto per il regime sovietico.
Rosales e Coenen hanno prodotto un’installazione che restituisce un’indagine sul territorio: dopo aver tracciato una mappa della mobilità che evidenzia gli hotspots di Mariupol, hanno appeso nelle bacheche e sui muri di questi punti nevralgici numerosi fogli con una domanda e lo spazio per rispondere. “Cosa vorresti cambiare? Cos’è per te l’identità? Come i media cambiano il tuo punto di vista? Quale ritratto dipingono i media della città di Donetsk?” L’anonimato ha garantito il successo di questo intervento, che ha permesso di raccogliere le risposte in un giornale distribuito poi a Mariupol e ora a Venezia. Le stesse domande sono state rivolte agli abitanti di Donetsk attraverso interviste video che vengono proiettate in mostra: i volti contratti e le risposte incerte e asservite non nascondono la paura e il risultato è quello che si augurano le milizie occupanti. Nell’installazione veneziana due monitor trasmettono rispettivamente le interviste video e i telegiornali nazionali; davanti a questi è disposta una rete metallica su cui sono appesi i fogli con le domande, che coprono parzialmente gli schermi. In Ucraina l’informazione è filtrata e distante e le domande restano senza risposta, a meno che non si accetti di utilizzare il vocabolario corrotto dell’occupante.
Secondo analisti come Steven Pifer della Brookings Institution, la Russia vuole limitare l’interesse verso il conflitto in Ucraina, permettendo però che si verifichino dei picchi di tensione, nei quali Mosca possa esercitare pressioni su Kiev. D’altro canto, come l’intervento militare della Russia in Siria ha rafforzato il presidente Bashar al-Assad, così potrebbe succedere in Ucraina se si verificasse un’escalation dei filorussi. Secondo Andreas Umland, dell’Istituto per la cooperazione Euro-Atlantica di Kiev, la Russia non ha interesse alla pace in Ucraina ma vuole mantenere uno stato di congelamento del conflitto: in questo modo, le zone dei ribelli cadrebbero in una situazione d’isolamento e, prima o poi, finirebbero nell’orbita di Mosca.
Se l’isolamento è una componente genetica di Izolyatsia, resta da augurarsi che la Fondazione non abbandoni mai i luoghi del conflitto e che, seguendo l’esempio del suo nume tutelare Boris Mikhailov, continui a mandare nei suoi reportage dal fronte un messaggio di resistenza civile, dunque di speranza.
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allestimenti , biennale venezia 2016 , reporting from the front , venezia
Last modified: 1 Giugno 2016
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