Il 29 ottobre alle ore 10.30 presso l’Urban Center di Milano verrà presentato il libro Expo dopo Expo. Progettare Milano oltre il 2015, pubblicato a cura del Master Architettura Paesaggio (acquistabile in forma e-book e cartacea al sito www.paesaggio.it). Alla pubblicazione hanno collaborato Antonio Angelillo, Nunzio Battaglia, Emilio Battisti, Alessandro Belgiojoso, Luca Beltrami, Carlo Berizzi, Paolo Bertaccini, Giacomo Biraghi, Stefano Bocchi, Sebastiano Brandolini, Federico Bucci, Alessandro Caramellino, Giancarlo Consonni, Damiano Di Simine, Giada Evandri, Giorgio Goggi, Vittorio Gregotti, Antonio Longo, Matilde Marazzi, Luigi Mazza, Francesco Memo, Angelo Monti, Valerio Montonati, João Nunes, Federico Oliva, Gianfranco Perulli, Mariano Pichler, Costanza Pratesi, Alberto Saibene, Cesare Salvetat, Lionella Scazzosi.
Riportiamo una presentazione dell’opera a firma di Antonio Angelillo, mentre dalle prossime settimane, con cadenza periodica, renderemo disponibili gli abstract di alcuni contributi.
MILANO. Quale destino è previsto per i terreni che hanno ospitato l’Expo 2015? L’agricoltura periurbana milanese ha un futuro? Che effetto produrrà nel paesaggio il progetto regionale di riqualificazione delle vie d’acqua?
L’organizzazione di uno degli eventi più rilevanti degli ultimi anni in Italia ha prodotto non solo una trasformazione fisica della zona nord di Milano ma ha indotto una quantità di progetti e iniziative di diverso genere orientate a interpretare il tema conduttore di Expo: «Nutrire il pianeta, Energia per la vita». Ma dopo la conclusione di una tale mobilitazione intellettuale e imprenditoriale rimarranno sul tappeto i temi sollevati dall’utilizzazione di una parte del territorio lombardo le cui caratteristiche fisiche e localizzative sono state determinanti per poter ospitare l’evento. L’utilizzazione di questa nuova ed eccezionale risorsa, costituita dai terreni che saranno lasciati liberi dalle strutture temporanee di Expo, è un dono alla cittadinanza il cui impiego ora, in tempo di crisi economica, risulta ancor più essere una sfida per la nuova autorità dell’area metropolitana.
Bisogna premettere le motivazioni che hanno portato quasi un centinaio tra docenti, studiosi, studenti ad occuparsi del caso “Expo dopo Expo”, il cui contributo è stato raccolto in un sostanzioso dossier realizzato nell’arco di un anno di lavoro che vede le stampe il giorno di conclusione dell’evento. Si tratta di un lavoro autonomo svolto in forma completamente indipendente e senza alcuna sponsorizzazione politica né finanziamento pubblico o privato. Una domanda fino allora inespressa da parte delle amministrazioni ci ha indotto verso un tema di ricerca necessario ed intrinseco nella natura stessa degli eventi di questo tipo, che ne determina spesso la concezione iniziale e l’intera organizzazione successiva. Nello specifico, considerata la recente storia urbanistica che ha visto un progressivo disimpegno dei diversi livelli amministrativi sulle politiche urbane coincidente con una delicata fase di passaggio a nuovi strumenti normativi, risultava ancora più auspicabile una maggiore estensione, sin dal principio, del dibattito circa l’impiego strumentale della presenza di un evento di tale portata nel territorio milanese. Come si potrà comprendere dalle pagine del dossier, esistono una quantità di punti critici – non chiamiamoli errori – che mettono in evidenza la fragilità del sistema che regge il governo del territorio, lo rendono in qualche modo vulnerabile a trasformazioni indotte da un sistema invece globale, producendo squilibri e danni spesso irreparabili, comunque fuori dal controllo e dalle aspirazioni delle comunità locali.
Tutto il lavoro svolto è stato quindi orientato a svelare progressivamente quegli elementi che, nel percorso decisionale che ha portato alla realizzazione di Expo, sono stati rilevanti per dover porre ora la questione scottante relativa al futuro delle aree di sua pertinenza. Non solo. In certi casi si sono abbozzati parziali bilanci e potenzialità implicite nella sua attuale presenza fisica e nel suo indotto. Nel far ciò è stato necessario analizzare documenti e rapporti prodotti a tutti i livelli amministrativi, consultare testi e articoli di giornali, interrogare tecnici ed esperti per raccogliere opinioni e dati necessari a costruire i quadri descrittivi ed interpretativi dei fenomeni in cui il tema avesse in qualche modo una rilevanza significativa.
A quattro gruppi di ricerca corrispondono altrettanti capitoli della prima parte del libro. Essi coincidono con le questioni rilevanti che permettono di comprendere l’effettiva portata del discorso proposto. Qual è la natura di Expo 2015? Cosa ha indotto Expo in termini di legacy? E riguardo invece alle abitudini e agli stili di vita? In quale quadro territoriale si colloca e con quali prospettive politiche e istituzionali? Tali argomenti risultano essere centrali per qualsiasi tipo di trasformazione fisica che comunque deve essere verificata nelle sue potenzialità multi discrezionali. La ricerca si conclude con proposte svolte impiegando gli strumenti più adatti dell’architettura del paesaggio attraverso la conoscenza dei processi in corso, l’osservazione della realtà. I sopralluoghi realizzati con i docenti e studenti della Scuola di Versailles si soffermano su un fattore strategico per una visione completa delle potenzialità indotte dalla presenza di Expo a Milano: il patrimonio di aziende agricole dell’area metropolitana che ancora resiste a corona della città centrale. In tal modo si chiarisce perché tre strutture di formazione note a livello internazionale per i loro studi superiori sul paesaggio si impegnino su un tema di progettazione che sembrerebbe essere sostanzialmente riconducibile a problematiche urbanistiche, di pianificazione, di project financing. Una visione paesaggistica garantisce l’estensione di un problema delimitato, “cosa fare dei terreni di Expo”, ad una dimensione sistemica in cui l’aspetto ambientale e il fattore tempo risultano variabili determinanti. La risposta di una visione globale ad una questione puntuale prodotta da fenomeni solo apparentemente locali.
La terza ed ultima parte del libro raccoglie i contributi offerti da docenti, tecnici, studiosi e rappresentanti della società civile che a vario titolo hanno partecipato nelle diverse fasi delle attività di ricerca, rilasciando interviste o predisponendo appositi interventi. Il patrimonio spontaneamente e generosamente offerto da tali soggetti – che vorrei in questa occasione personalmente ringraziare – risulta di grande utilità per comprendere una quantità di aspetti non immediatamente reperibili dalla documentazione o dai testi raccolti e analizzati. Il loro rapporto e l’interrogazione nei confronti dei punti toccati dalla ricerca sono risultati determinanti per la formazione di un discorso coerente prodotto nel dossier, visibile chiaramente nell’organizzazione del materiale presentato. I testi sono stati raggruppati secondo i quattro filoni di ricerca individuati inizialmente. Probabilmente si tratta ancora di una selezione del tutto parziale, orientata prevalentemente, però, a raccogliere i fili del discorso aperto nell’impostazione iniziale. Molti contributi si potrebbero chiaramente aggiungere. E in questo senso riteniamo l’opera ancora tutta da sviluppare.
Per approfondire:
Internazionale, urbana, iperrealista, rassicurante: questa è l’Expo di Milano
(di Carlo Olmo)
Il caravanserraglio? (di Carlo Olmo)
Expo: andando per padiglioni, lungo il Decumano (di Alessandro Colombo)
Expo 2015: il meglio e il peggio (di Michele Roda)
L’enclave verticale che sorveglia Expo (di Michele Roda)
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expo 2015 , Milano
Last modified: 28 Novembre 2015