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Written by: Città e Territorio

Il New Museum di Sanaa a New York

Il New Museum di Sanaa a New York

L’1 dicembre 2012 l’edificio del New Museum, sulla Bowery, progetto dello studio giapponese Sanaa, ha compiuto cinque anni. Sejima e Nishizawa hanno dato casa a un’istituzione che all’epoca della sua fondazione (voluta da Marcia Tucker 35 anni fa, l’1 dicembre 1977) non aveva neanche una sede fissa e che cercava di combinare lo spirito di uno spazio alternativo con un’identità istituzionale di tipo museale.
L’edificio ha dimostrato grande versatilità e flessibilità, nonché un’ottima durata nel tempo. Più che altro, che piaccia o meno, il New Museum è stato in questi anni una vera e propria attrazione, una «destination» come si dice a New York, integrato nel paesaggio della Bowery e di Downtown con un misto di aggressività e neutralità. Vale anche la pena ricordare che si tratta del primo museo costruito ex novo dai tempi del Whitney Museum di Marcel Breuer: correva il 1966. Gli spazi espositivi, piuttosto neutrali, hanno supportato e fatto da spalla a svariate esposizioni. Molte mostre (soprattutto le personali) giocano con lo spazio, lo reinventano e lo trasformano: Rosemarie Trockel lo ha reso più piccolo. Carsten Höller invece ha giocato con l’orientamento verticale della struttura, penetrando l’intero edificio con uno scivolo che trasformava completamente l’architettura, anche se alcune delle sue opere sembravano fuori-scala all’interno delle stanze.
Uno dei curatori, Massimiliano Gioni, chiarisce che: «come in ogni museo e in ogni spazio, il contenitore e le gallerie ti obbligano a pensare e studiare ogni mostra in maniera diversa, ma nel complesso credo che l’architettura di Sanaa sia abbastanza discreta negli interni, non intralcia la presentazione delle opere e – anche se con la circolazione verticale pone delle sfide molto precise – permette alle opere di emergere al meglio».
È interessante inoltre pensare al rapporto del New Museum con le altre istituzioni museali newyorkesi. La sua collocazione a Downtown lo ha certamente reso più accessibile e informale, in maggiore contatto con il mondo degli artisti e della cultura viva, in movimento; al contrario dei musei newyorkesi uptown, più canonici e legati a un establishment preciso, forse più classici e tesi alla celebrazione di artisti già affermati. La posizione ha senz’altro favorito una più diretta produzione dell’arte, trasformando il museo in una sorta di laboratorio. Un’operazione simile avviene ad esempio anche per il PS1, sede distaccata del MoMA nel Queens.
Il suo carattere alternativo ha comunque avuto alcune cadute: le mostre non sempre espongono artisti giovani ed emergenti ma spesso figure già affermate dello star system. Non ultimo, la decisione di affidare il museo a un privato collezionista, Dakis Joannou, anche membro del trustee e mecenate del curatore, suscitò nel 2010 molteplici controversie sul rapporto pubblico-privato e sull’eticità delle scelte artistiche.
Il New Museum interagisce anche con la stessa città di New York, che continua a cambiare. Quando il si è trasferito sulla Bowery, nessuno poteva prevedere come si sarebbe trasformata la zona. Alcuni critici hanno bollato l’operazione come un processo di gentrificazione, ma le cose sono più complesse. Il New Museum conserva la cultura in un paesaggio che altrimenti potrebbe diventare unicamente un centro commerciale a cielo aperto. Racconta ancora Gioni: «Credo che il New Museum abbia contribuito a conservare la complessità dell’ecosistema del Lower East Side e di Downtown; ha attirato altre piccole gallerie nel vicinato, che si integrano nel tessuto della città senza trasformarla brutalmente. Mi piace pensare che il New Museum sia il museo di questo vicinato, accessibile e aperto anche gratuitamente ogni giovedì sera». E, infatti, il New Museum continua a proliferare di eventi d’arte e cultura contemporanea.
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Last modified: 30 Marzo 2016