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DisOrdinati?

La proposta di ridimensionare o eliminare gli Ordini è ricorrente. Sono davvero necessari? La loro eliminazione comporterebbe danni all’attività professionale degli architetti? Prima del 1923 non c’erano gli Ordini degli architetti e degli ingegneri che sono stati istituiti per tutelare i consumatori e la correttezza dell’esercizio professionale, inclusa la qualità della prestazione richiesta dal cliente. L’Ordine può tutelare anche la condizione di lavoro del professionista, astenendosi però da attività sindacali. In base alla legge istitutiva ha pochi compiti.
Iscrizione all’albo e sua gestione: è un automatismo e l’Ordine deve solo verificare il superamento dell’esame di abilitazione.
Reprimere l’uso abusivo del titolo e l’esercizio abusivo della professione.
Pareri su parcelle e controversie professionali. I pareri sono molto diminuiti da quando è stata abrogata la legge che, per i lavori pubblici, subordinava il pagamento della parcella al visto dell’Ordine. La gestione di questa attività è spesso impropria tanto che, se ci sono da fare scelte discrezionali, l’Ordine favorisce il proprio iscritto a danno del committente pubblico o privato.
Deontologia e controllo della disciplina degli iscritti. È il compito più importante. L’Ordine può condannare un iscritto scorretto controllandolo e sospendendolo. Ma lo fa effettivamente? Certamente no. Con la scusa della mancanza di denunce, gli Ordini hanno in genere ignorato le scorrettezze professionali nei casi di corruzione per appalti pubblici, a tutti noti dalla stampa: incarichi professionali, progetti e collaudi ricevuti da funzionari pubblici e docenti a tempo pieno, in condizione d’incompatibilità e privi di autorizzazione. Il controllo degli Ordini è latitante anche per le scorrettezze nella gestione dei permessi edilizi e nella proliferazione dell’abusivismo. Gli Ordini in genere non informano gli iscritti sulla quantità e l’oggetto dei procedimenti disciplinari attivati, né risulta che il Consiglio nazionale o il Ministero li incitino a dare notizie. Per farsi un’idea, basta considerare che i ricorsi al Cnappc contro le sentenze degli Ordini sono circa 20 all’anno (il dato non è ufficiale). Considerando che quasi tutti i professionisti condannati dall’Ordine fanno ricorso al Cnappc, si può immaginare quanto sia irrisorio il numero dei procedimenti attivati e delle condanne inflitte dagli oltre 100 Ordini per un totale di circa 150.000 iscritti. Tra le scorrettezze tollerate, è consentito che un architetto componente di una commissione consultiva comunale (come la commissione edilizia) possa presentare progetti nello stesso comune. È anche tollerato che un componente del consiglio dell’Ordine o del Cnappc possa partecipare a un concorso o gara per la quale il consiglio stesso ha approvato il bando e/o ha nominato un membro della commissione giudicatrice. La carenza di attività deontologica degli Ordini è grave perché l’inadempienza costituisce il motivo principale che giustifica l’ipotesi di eliminare l’istituzione.

Ipotesi di eliminazione
dell’Ordine e del Cnappc
Gli architetti possono fare a meno dell’Ordine, ma non possono fare a meno dell’abilitazione, stabilita dall’articolo 33 della Costituzione. In mancanza di Ordini, occorrerebbe (come in Gran Bretagna) istituire un registro nazionale degli abilitati presso il ministero della Giustizia e da questo gestito in modo che ogni cittadino o ente possa consultarlo. Lo stesso registro potrebbe svolgere i procedimenti disciplinari, attraverso una commissione nominata dal ministero composta anche di rappresentanti della professione. Il sistema funzionerebbe anche senza il registro, visto che un ente o un cittadino possono richiedere all’architetto il certificato di abilitazione. Volendo semplificare ancora di più, il sistema potrebbe funzionare, forse, anche senza l’abilitazione, se si conferisse valore abilitante alla laurea magistrale.

La spinta europea

Il Rapporto Monti/CE ha dimostrato nel 2004 che l’Italia è il paese che ha vincolato di più le professioni libere: obbligo d’iscrizione all’Ordine, esercizio abusivo sanzionato penalmente, campi di attività esclusivi.

Vantaggi e svantaggi
dell’eliminazione dell’Ordine
L’Ordine oggi costituisce l’unico riferimento per gli architetti che rappresenta sia a livello nazionale che a livello di regioni, province e comuni. Attraverso gli anni i Consigli degli Ordini hanno saputo istituire validi rapporti con gli imprenditori e con gli enti locali, indubbio aspetto positivo che ha consentito una crescita dell’apprezzamento della professione presso l’opinione pubblica. Spesso viene consultato su problemi della città. L’Ordine svolge inoltre una funzione positiva quando organizza attività pubbliche per valorizzare l’architettura e un corretto assetto del territorio. Ma tali attività sono svolte anche da altri organismi, come le Università, l’Inu, l’In/Arch e Italia Nostra. Sono utili anche gli aggiornamenti professionali, che sono in realtà svolti anche dai sindacati dei lavoratori, dei professionisti ecc. oltre che dalle facoltà, dalle regioni e da altre istituzioni.
L’Ordine degli architetti è oggi diventato Ordine di sei diverse professioni: architetti, pianificatori, paesaggisti, conservatori, pianificatori iunior e architetti iunior, guazzabuglio accettato dal Cnappc nel 2001 che sacrificava gli interessi degli architetti a quelli della struttura che li rappresenta. A distanza di dieci anni, la confusione delle competenze tra architetti senior e iunior sta crescendo e, nonostante ciò, non ho notizia d’interventi efficaci degli Ordini. L’inserimento dei pianificatori prima o poi proporrà inoltre un contenzioso giuridico sulla competenza dell’architetto nel campo dell’urbanistica, non compresa nell’«edilizia civile» di cui all’articolo 52 del rd 2537 del 1925. E ancora non sappiamo cosa potrà venire fuori da future sentenze sulle competenze professionali dei conservatori, in danno della riserva di legge spettante agli architetti nel campo dei beni culturali.
È sbagliato identificare la professione con l’Ordine. Se mancasse l’Ordine, l’attività professionale di un architetto non cambierebbe in maniera significativa. Progettazione, direzione lavori, collaudo, sicurezza dei cantieri resterebbero di spettanza di architetti e ingegneri laureati e abilitati. L’iscrizione alla Cassa di previdenza sarebbe aperta agli architetti e ingegneri abilitati e in possesso di partita Iva. Certamente sarebbe necessario per gli architetti fare riferimento a proprie associazioni per essere rappresentati. Potrebbero finalmente crescere i sindacati dei liberi professionisti e dei professionisti dipendenti, costretti oggi a una vita grama proprio dalla concorrenza fatta dagli Ordini tutelando «impropriamente» gli iscritti. Mentre nelle attività culturali potrebbe crescere il ruolo dell’In/Arch. Potrebbero nascere o rafforzarsi una o più libere associazioni culturali di architetti.

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Last modified: 10 Luglio 2015