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Martha PollakWritten by: Città e Territorio

A Chicago il grattacielo non sta più nella pelle

Chicago. Pur non essendo del tutto occupato, il grattacielo di 82 piani (quinto edificio più alto del mondo costruito nel 2009) e la sua progettista, Jeanne Gang, si sono già accaparrati le attenzioni di pubblico e stampa. Gang, architetto dell’Illinois che ha studiato alla locale università di Urbana-Champaign, all’Eth di Zurigo e a Harvard, collaborando poi per un periodo con Rem Koolhaas, nel 1997 ha fondato il suo studio, che oggi conta 35 collaboratori.
L’Aqua Tower fa parte di un gruppo di nuovi grattacieli di Chicago che segnano l’ormai definitivo ritorno delle funzioni residenziali all’interno degli edifici alti e che si distinguono per la visibilità sullo skyline. Ergendosi al di sopra dei palazzi per uffici più vecchi (per quanto l’altezza della Sears [ora Willis] Tower resti insuperata) del Loop, lo storico cuore economico di Chicago, simboleggiano il ritorno degli abitanti dei sobborghi nel centro città, riavvicinando uffici e abitazioni alla maniera delle funzioni miste d’inizio ventesimo secolo. Ciò si realizza inoltre in una scala del tutto nuova, poiché le torri di appartamenti e uffici competono per il predominio scopico del centro di Chicago.
L’Aqua Tower spicca tra la torre One Museum Park (progetto di Pappageorge Haymes) all’estremità meridionale del Loop, lo slanciato grattacielo di Donald Trump per abitazioni di lusso, che ospita un albergo e vari appartamenti all’estremità settentrionale, e una torre non ancora ultimata in mezzo. Con il suo inedito approccio al progetto urbano, l’Aqua cambia le regole del gioco in altezza, come si evince dall’ambizioso manifesto dello studio Gang: «l’edificio alto come struttura specifica di un sito». Tale dichiarazione colloca il progetto agli antipodi, per esempio, del seguitissimo approccio risolutivo dei grattacieli formulato da Skidmore Owings and Merrill, per cui l’impostazione parte dal cuore della torre invece di essere la reazione al contesto reale.
Insieme di camere d’albergo e appartamenti, la torre è sollevata su un podio di tre piani che permette di concentrare spazi commerciali e parcheggi, adeguandosi ai cambiamenti topografici (per lo più artificiali) del sito. La base diventa così una terrazza rialzata da cui si solleva il fusto della torre per acquisire una maggiore e immediata visibilità. Inoltre, funge da legame per i piani stradali sovrapposti presenti intorno.
Strutturalmente convenzionale, e indifferente alla facciata continua, l’esterno va contro gli interessi dominanti della ricerca sulla tipologia del grattacielo. Invece di creare l’ennesima torre di vetro dal rivestimento sottile e stravagante e dalla sezione rettangolare omologante, Gang ha modellato la sua struttura estrudendo i piani e variando il profilo e la profondità dello sbalzo. Ciò conferisce all’edificio una superficie pulsante, che sembra respirare e incresparsi sul profilo della città. Il risultato è una silhouette straordinariamente intensa, la cui geometria post-euclidea rappresenta un tratto innovativo essenziale. A parte l’altezza dei piani, che aumenta nel tratto superiore della torre, la distribuzione interna (a pianta rettangolare) è flessibile. I tre ascensori che arrivano ad altezze diverse definiscono la distinzione tra i tre principali tipi di alloggio: camere d’albergo, appartamenti in affitto e appartamenti di proprietà. Gli architetti non hanno progettato l’interno degli appartamenti, che comunque hanno in comune un tratto insolito: cucina e salotto sono stati fusi in un grande spazio, segnando un’altra grossa transizione nei modelli di vita residenziale urbana. Tutti i residenti hanno accesso a lussuose amenità: parcheggio, spa e palestra, piscine e terrazze all’aperto, sale comuni e un teatro. Due elaborate scalinate scendono dalla piattaforma fino al parco interno. Delle case a schiera unifamiliari, inserite nel podio, offrono un’altra soluzione abitativa e dimostrano l’approccio di Gang alla distribuzione interna e il suo acume risolutivo.
Parlando del suo lavoro, Gang fa un vivido resoconto del nuovo metodo tramite cui è stata ottenuta la forma esterna del grattacielo, che da lontano sembra avvolto in una serie di gale simili a quelle di un vestito. Il perimetro, dove le finestre si alternano alle onde bianche dei balconi in calcestruzzo, è un modello topografico delle viste disponibili dalle varie parti dell’edificio: lago, parco, principali architetture. In questa mappatura, le sporgenze ricurve si allungano verso le viste desiderate. Gli scorci sul fiume comprendono le viste delle rinomate e già venerabili torri di Marina City di Bertrand Goldberg, il cui perimetro curvilineo è stato paragonato alla geometria dell’Aqua Tower, ma l’edificio di Gang ha il gran pregio di non relegare i residenti in stanze a forma di fetta di torta.
Per motivi economici, l’Aqua Tower è stato costruito in cemento armato e i balconi sporgenti hanno più funzioni. Per prima cosa creare un senso di comunità in un edificio verticale ad alta densità (circa 738 appartamenti e svariate centinaia di camere d’albergo ai piani inferiori sul lato sud), dove i viaggi casuali in ascensore possono essere alienanti (secondo le convenzioni tradizionali) e tutt’altro che propizi agli incontri sociali spontanei. Profondi al massimo tre metri ma spesso di meno, i balconi ondulati rispetto ai tradizionali elementi a sbalzo ortogonali «confondono» i venti eliminando il sibilo e riducendo le turbolenze. Gli sbalzi fungono poi da brise soleil, diminuendo la necessità di ricorrere ai sistemi di riscaldamento e raffreddamento dell’edificio.
Come le forme mutevoli del profilo dell’edificio, anche i balconi dalle alte balaustre saranno spietatamente testati dal clima rigido di Chicago e dalle chiassose bufere dell’interesse critico sollevate dall’iniziativa.

Autore

  • Martha Pollak

    Nata in Transylvania (1951), ha conseguito la laurea in architettura all'Università Cornell e il dottorato al Massachusetts Institute of Technology di Cambridge. Insegna Storia dell'architettura presso il Dipartimento di Storia dell'arte dell'Università dell'Illinois a Chicago. Ha pubblicato libri sui trattati di architettura italiani, su Torino nel Seicento e sull'urbanistica barocca. Già curatrice delle recensioni per il «Journal of the Society of Architectural Historians», è corrispondente del Giornale dell'Architettura dal 2003.

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Last modified: 14 Luglio 2015