Milano. Riaperto il 24 giugno, a quattro anni dallinaugurazione, lHangar Bicocca conferma la vocazione di spazio museale dedicato allarte contemporanea, con la riqualificazione delle pertinenze esterne, contrassegnate dallinstallazione permanente della scultura La sequenza di Fausto Melotti e dallintervento Melting Pot 3.0 di Stefano Boccalini. Lo spazio interno è rinnovato dallallestimento di unarea daccoglienza, con libreria e bistrot, disegnati dallo studio milanese April Architects. I Sette palazzi celesti di Anselm Kiefer dominano la grande aula buia dellhangar, lasciando spazio alle interferenze delle installazioni effimere che, riunite nel concetto di Vulnerabilità, ritmano la nuova stagione artistica dellHangar, diretta da Chiara Bertola con la collaborazione di Roberto Casarotto, Susanne Franco e Andrea Lissoni. La rappresentazione di un «immaginario della fine» accomuna la performance audiovisiva End di Carlos Casas (nello spazio shed fino al 1° agosto) a Personnes, opera monumentale di Christian Boltanski (nellhangar grande fino a settembre), già presentata al Grand Palais di Parigi in occasione di Monumenta 2010, tra i promotori dellesposizione milanese.
Animata dalle aritmie dicotomiche individuo/moltitudine, conservazione/sparizione, nessuno (personne)/persone (personnes), vita/morte, linstallazione di Boltanski fa palpitare loscurità greve dellhangar, contrapponendo alla solennità delle torri di Kiefer, la transitorietà dellessere umano dominato dallimperscrutabilità del caso. Nel grande cubo in fondo allhangar, il cumulo di vestiti ammucchiati disordinatamente e scomposti dallazione meccanica e imprevedibile di una gru rosso fiammante, appare come incorniciato dal cono visivo di un lungo corridoio. Qui i passi sono scanditi dalle campate dei neon e dalla sovrapposizione sonora dei battiti cardiaci di Les archives du cur, un archivio «utopico e universale delle pulsazioni cardiache dellumanità», composto da Boltanski a partire dal 2005 e, da luglio, aperto al pubblico nellomonima fondazione sullisola giapponese di Teshima. A proposito di Personnes, Boltanski parla del rapporto tra linvenzione artistica e il concetto di spazio e, implicitamente, riporta alla luce conflittualità e contiguità tra museografia e arte.
Quali sono le letture dello spazio architettonico innescate dallinstallazione reiterata di Personnes nello spazio ex industriale dellhangar, piuttosto che nellex armeria ottocentesca Armory a New York, dove tuttora ne è esposta unaltra interpretazione?
Rispetto alle linee maestose e ridondanti del Grand Palais, la mancanza di un segno celebrativo o autoreferenziale come negli spazi funzionali dellhangar e della grande navata dellArmory, provoca un dialogo più serrato tra opera e architettura, saldate da un linguaggio formale essenziale, povero, legato agli emblemi del lavoro industriale come la gru, le luci al neon, i graticci metallici.
Larchitettura industriale dismessa è in questi termini una sorta di anti-tipologia del museo progettato per esporre larte contemporanea.
Non si tratta tuttavia di uno spazio indifferenziato, al contrario è proprio la sua connotazione architettonica a imprimere allinstallazione diverse configurazioni. Lopera darte per me è come una partitura musicale, suonata dal suo compositore sempre in modo diverso. È immateriale poiché vive nella condizione di riproposizione. È una nozione che ho appreso dalla cultura giapponese, dove la trasmissione è attuata attraverso il sapere e non attraverso la conservazione dellarchitettura o delloggetto. In Giappone i templi sono ricostruiti ogni 20/30 anni e il patrimonio architettonico è il savoir faire di chi è in grado di ricostruirli.
A differenza di Parigi e New York, a Milano lo spazio è occupato anche da un altro artista.
Per ogni artista si pone la questione di come è lo spazio e di cosa cè nello spazio. I sette palazzi celesti hanno suggerito la direttrice spaziale della corsia, ma quando si è allinterno del corridoio non si vede più niente, si avanza verso la morte in un cammino solitario, si attua un passaggio dimensionale dallo spazio architettonico allo spazio del corpo. Il pubblico entra nellopera. Il percorso è un ambiente sensoriale e, al contempo, osservato dallesterno mentre è attraversato da altri, diventa parte dellinstallazione e restituisce una percezione diversa dellarchitettura e dellopera di Kiefer.
Nel cubo si apre uno spazio mentale, quello immaginario evocato dagli abiti e dalle loro differenti posture: ammassati, sospesi, liberati nellaria, e poi di nuovo inerti.
Labito usato è segnato dalla gestualità di chi lo ha indossato. Lo spazio di ciascuno e quello di una massa enorme di persone convivono. Qui ci sono 500.000 abiti usati nellarco di 30 anni. Labito in volo è una sorta di resurrezione.
Il rapporto tra testo e immagine, tema ricorrente negli oltre cento libri darte che ha composto, è ripreso nellinstallazione?
Cè unarte del tempo, che ha un inizio e una fine, come quella della letteratura e del cinema e quindi del libro. E cè unarte dello spazio, esperita dal movimento dellosservatore intorno allopera, come per la scultura o le installazioni. In Personnes il testo è sostituito dallo spazio sonoro, quello dei battiti del cuore.
Boltanski mostra le immagini delle installazioni e degli spazi museali di Naoshima, non lontana da Les archives du cur. Il dialogo tra arte e architettura prefigura nuovi modi di abitare il museo ribaltando il rapporto tra opera e contenitore, laddove larte contemporanea ne altera la percezione degli interni e, a scala territoriale, le composizioni museografiche tracciano percorsi darte en plein air.