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Cristina FiordimelaWritten by: Progetti

L’archeologico di Ferrara si rinnova

Aperto il 20 ottobre 1935 nelle sale di palazzo Costabili (detto di Ludovico il Moro, prestigiosa testimonianza del rinascimento ferrarese) in seguito alla scoperta del sito di Spina nel 1922, uno tra i più importanti d’epoca etrusca in Italia, il Museo archeologico nazionale si rinnova. Con l’apertura della Sala delle piroghe (a maggio), della Sala degli ori e del giardino (10 e 18 giugno) si conclude (con 3.040.307 euro dai fondi Lotto 2004-2006) gran parte del programma di riorganizzazione museografica avviato a inizio anni novanta. Lontano dai toni affabulatori di evanescenti seduzioni scenografiche, il nuovo allestimento si configura come un’integrazione complessa, proprio perché deve misurarsi con un’impostazione già definita. Le innovazioni sono da ricercare in operazioni ad hoc per ogni oggetto e stanza, caratterizzate da un linguaggio essenziale e progettate in itinere. «Entro la fine del 2010 – spiega l’architetto Andrea Sardo – sarà predisposto un percorso per non vedenti, aree di approfondimento e una sala dedicata all’archeologia sperimentale, dove si potranno manipolare reperti originali». L’immagine del cantiere in corso d’opera è evocata nella disposizione delle piroghe (nella foto; allestimento concordato con lo studio Conservazione e Restauro Perticucci e Fiori), mentre l’idea di una stanza/scrigno conforma la Sala degli ori, caratterizzata dall’effetto galleggiante delle pietre infilate in sottili fili armonici. La filosofia critico-conservativa guida il progetto di Maria Luisa Mutschlechner per il restauro del giardino restituendone alla città il disegno neorinascimentale degli anni trenta, con il labirinto e la galleria di rose.

Autore

  • Cristina Fiordimela

    Architetta museografa, docente al Politecnico di Milano. Insegna architettura degli interni, exhibition design e si relaziona con le arti contemporanee (commons), di cui scrive su riviste specializzate italiane e internazionali. La museografia è il filo rosso che attraversa sia l’impegno teorico, sia la progettazione e la messa in opera di allestimenti che riguardano le intersezioni sensibili all’arte, alla scienza e alla filosofia, in sinergia con enti universitari, musei e istituti di ricerca. L’indagine su media art come dispositivi di produzione artistica in commoning è l’ambito di studio e di sperimentazione delle attività più recenti, da cui prende corpo con Freddy Paul Grunert, Lepetitemasculin, dialogo nello spazio perso, iniziato al Lake County, San Francisco

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Last modified: 16 Luglio 2015