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Emanuele PiccardoWritten by: Professione e Formazione

Alberto Ponis (1933-2024)

Alberto Ponis (1933-2024)

Genovese, ha esplorato l’architettura sarda integrando natura ed etica in spazi unici, oggi rivalutati

 

Alberto Ponis era nato a Nervi, quartiere di Genova, nel 1933: un anno importante per la storia dell’architettura italiana con la V Triennale di Milano, a cui il gruppo di architetti liguri (Crosa, Daneri, Fineschi, Haupt, Morozzo della Rocca, Nicoli, Vietti e Zappa) aveva partecipato presentando un’unità abitativa verticale con struttura in acciaio.

 

Genova – Londra – Palau

Pochi anni prima il padre Mario aveva fondato la MITA (Manifattura Italiana Tappeti Artistici), il cui obiettivo era realizzare tappeti disegnati dai più importanti artisti del periodo: Gio Ponti, Fortunato Depero, Mario Sironi, Arturo Martini, Tomaso Buzzi, Luigi Vietti, Oscar Saccorotti, Eugenio Carmi, Emanuele Luzzati, Flavio Costantini, Arnaldo e Gio Pomodoro, Corina Steinriesser e molti altri. La fabbrica viene disegnata e realizzata da Luigi Carlo Daneri a Nervi nel 1941.

Il giovane Ponis vive all’interno di un contesto privilegiato immerso nell’arte. Si laurea a Firenze nel 1960 e parte per Londra, dove lavorerà per due architetti protagonisti del movimento del New Brutalism: Ernö Goldfinger e Denys Lasdun.

Nel 1963, insieme ad investitori inglesi, torna in Italia trasferendosi in Sardegna, a Palau (Sassari), dove vivrà per tutta la vita. «Da Lasdun seguivo i progetti dai primissimi passi – affermò Ponis – disegnando e facendo modellini in balsa sui quali quotidianamente discutevamo. Da lui ho imparato a non fermarmi mai alla prima soluzione, a continuare a lavorare e lavorare sull’idea più promettente con cocciutaggine e senza impazienza».

Fin dagli esordi Ponis usa diversi strumenti: la fotografia, la pittura e il disegno. È un modo per definire, codificare gli spazi e le relazioni tra essi e il paesaggio naturale e urbano. La fotografia è il media preferito insieme al disegno, nella forma dello schizzo a mano libera, inteso sia come strumento di progetto sia come mezzo espressivo per evidenziare in astratto le forme.

 

Genius loci

Il ritorno dall’Inghilterra lo proietta in un nuovo inizio. Esplora il paesaggio sardo fotografando, nella serie Genius loci, le architetture vernacolari dei villaggi lungo la costa e nell’interno, introiettandone i caratteri nella sua idea di architettura.

Lo stazzo della Gallura, ovvero la casa del pastore, è l’archetipo a cui si riferisce per modellare e adagiare sui lotti impervi di Costa Paradiso le sue case, la cui forma viene generata proprio dalla conformazione naturale del sito dove sono presenti rocce di granito e alberi di corbezzolo, che assumono rilevanza nel configurare gli spazi. Gli edifici ruotano e si piegano attorno a questi elementi naturali, attraverso il patio che è uno spazio di mediazione tra luce e ombra, tra esterno e interno. Elementi che costituiscono il suo vocabolario progettuale. Nel lessico di Ponis le quote del terreno non rappresentano un ostacolo, bensì un’opportunità al pari della geometria della forma. I volumi sono privi di ambiguità e non ammiccano agli stili del passato. Ponis interpreta il genius loci studiando e rileggendo le tipologie, i materiali e le soluzioni adottate dalle architetture vernacolari.

 

La (scarsa) fortuna critica e la rivalutazione

Ma la critica coeva non ha molto amato Ponis. Le riviste milanesi, in particolare la «Casabella» diretta da Alessandro Mendini, era interessata alle avanguardie radicali (Archizoom, Superstudio, UFO, 9999, Gianni Pettena, Ugo La Pietra), nate dalle contestazioni studentesche piuttosto che alle architetture per la vacanza di Ponis. Un discorso a parte riguarda «Domus», dove Ponti nel 1964 pubblica la casa Altura di Punta Sardegna. Saranno «Ville e Giardini» e in parte «Abitare» che seguiranno in tempo reale l’evoluzione della produzione architettonica di Ponis.

Recentemente, riviste e università svizzere e cinesi si sono dedicate a lui. Genova lo scorso ottobre che gli ha conferito la medaglia della città e lo ricorda con una mostra, aperta fino al 31 dicembre presso il Museo di arte contemporanea di Villa Croce.

Questo rinnovato interesse per Ponis nell’ultimo decennio gli restituisce il giusto posto nella storia dell’architettura, come un grande sperimentatore dell’abitare che, partendo dalle forme e dagli elementi della natura, definisce la sua idea di architettura che è anche un’idea etica di società.

 

 

Autore

  • Emanuele Piccardo

    Architetto, critico di architettura, fotografo, dirige la webzine archphoto.it e la sua versione cartacea «archphoto2.0». Si è occupato di architettura radicale dal 2005 con libri e conferenze. Nel 2012 cura la mostra "Radical City" all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2013, insieme ad Amit Wolf, vince il Grant della Graham Foundation per il progetto “Beyond Environment”. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship per la ricerca “Living the frontier” sulla frontiera storica americana. Nel 2017 è membro del comitato scientifico della mostra "Sottsass Oltre il design" allo CSAC di Parma. Nel 2019 cura la mostra "Paolo Soleri. From Torino to the desert", per celebrare il centenario dell'architetto torinese, nell'ambito di Torino Stratosferica-Utopian Hours. Dal 2015 studia l'opera di Giancarlo De Carlo, celebrata nel libro "Giancarlo De Carlo: l'architetto di Urbino"

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Last modified: 28 Ottobre 2024