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Giorgio SciancaWritten by: Forum

Quo vadis architetto? Icone e supereroine

Quo vadis architetto? Icone e supereroine

Una rassegna di film che celebra le donne in architettura e le loro difficoltà di emergere in un mondo oscurantista. Con qualche spunto per gli scneggiatori e il futuro…

 

“Wonder Woman 1984” è il film campione di incassi e visualizzazioni del 2020. L’anno orribile si chiude con la fuga dalla realtà per entrare nel mondo dei superpoteri. E di superpoteri umani e professionali voglio parlare in questa rubrica. Nello specifico quelli di tre architette che il cinema ha fatto conoscere al grande pubblico, riscoprire al mondo accademico, interessare gli studenti e gli amanti dell’architettura e del design. Le loro storie coraggiose descrivono le difficoltà, per una professionista, di emergere nel Novecento in un mondo ostinatamente “oscurantista” (o maschilista). Ma, per stare alla metafora oppositiva di “Star Wars”, come al solito i più ne avevano sottovalutato “la forza”.

 

Eileen Gray (1878-1976)

The Price of Desire

(Mary McGuckian) – 2014 B/IR – Shannyn Sossamon

Il prezzo del desiderio. Il film è costruito come un confronto tra Le Corbusier – che parla alla telecamera e racconta la sua versione della storia – ed Eileen Gray che è invece la protagonista, alla quale la regista dà la prima e l’ultima parola. Ne esce il ritratto di una professionista con una dedizione infinita per il lavoro, una grande integrità artistica e un’inesauribile energia. Due storie che si intrecciano, due versioni della stessa vicenda che non corrispondono. Durante l’estate del 1925 è lei a scoprire il terreno perfetto nei pressi della piccola stazione ferroviaria di Roquebrune-Cap-Martin, dove, con il suo amante rumeno e critico d’arte Jean Badovici, avrebbero costruito la loro villa E1027. Il nome deriva da un eccentrico codice – 10 per la lettera J in Jean, 2 per la B in Badovici e 7 per la prima lettera di Gray. Si dice che Le Corbusier fosse completamente ossessionato dal talento di questa donna. Tra il 1937 e il 1938 “violenta” le pareti bianche della villa realizzando una serie di murales bi-sessualmente espliciti. Una provocazione? Una storia d’amore mai nata? O nata e poi sopita? Per realizzare il film l’E1027, che versava in pessime condizioni, è stata realmente ristrutturata e ri-arredata con i pezzi d’epoca della designer. Il cinema incomincia a saldare qualche piccolo debito all’architettura.

 

Lota de Macedo Soares (1919-1967)

Flores Raras, Reaching for the Moon

(Bruno Barreto) – 2013 BR – Glória Pires

Fiori rari. Storia basata sul libro “Flores Raras e Banalíssimas”, di Carmen Lucia de Oliveira. Brasile anni cinquanta. L’americana Elizabeth Bishop (vincitrice del Premio Pulitzer per la poesia nel 1956) e Lota de Macedo Soares (architetta carioca progettista del famoso Parco Flamengo di Rio de Janeiro) vivono la loro storia d’amore in mezzo a una natura lussureggiante, con stile di vita bohémien. Due grandi donne. Una chimica istantanea esplosiva. Traiettorie inverse della vita. “Dove hai studiato architettura? Io sono nata architetto”. La bellissima villa dove si svolge gran parte del film è l’edificio del 1951, radicale, dogmatico, opera della collaborazione di Macedo Soares con l’architetto Sergio Bernardes. Prima villa residenziale con struttura di ferro in Brasile. Leggera, semplice, integrata saggiamente nella rigogliosa natura circostante. Consiglio vivamente la visione del documentario di Paulo de Barros e Gustavo Gama Rodrigues, Bernardes, del 2014, per sapere qualcosa di più sull’edificio.

 

Lina Bo Bardi (1914-1992)

A Marvellous entanglement (Isaac Julien) – 2019 BR – Fernanda Torres, Fernanda Montenegro

Il film per ora è visibile solo all’interno della mostra omonima dell’artista e regista Isaac Julien, presso il MAXXI. Si tratta di un’imponente installazione video a nove canali, corredata da una serie fotografica, filmata nelle opere progettate dall’architetta italo-brasiliana in Brasile, tra cui il Museo d’Arte di São Paulo, il Museo d’Arte Moderna di Bahia e il Teatro Gregório de Matos di Salvador de Bahia. Il titolo è una citazione tratta da uno dei passaggi più noti ed evocativi delle lettere di Lina Bo Bardi («Il tempo non è lineare, è un meraviglioso groviglio in cui, in ogni momento, si possono scegliere punti e inventare soluzioni, senza inizio né fine»), qui interpretata da due tra le maggiori attrici del cinema e del teatro brasiliano, Fernanda Montenegro e sua figlia Fernanda Torres.

 

NdA, spunti per gli sceneggiatori: Gae Aulenti e la Gare d’Orsay, Zaha Hadid e il Al Janoub Stadium, Ray Eames e la Bridge House, Denise Scott Brown e la Lieb House.

Autore

  • Giorgio Scianca

    Architetto, è ideatore e redattore della testata giornalistica archiworldTV (premio “Bruno Zevi” IN/Arch-Ance - 2011). Nel 2010 collabora con il Centro sperimentale di cinematografia. Dal 2023 collabora con “Il Corriere della Sera”, scrivendo di architetti, città e cinema. Direttore del premio Dedalo Minosse Cinema. Autore dei volumi “La recita dell’architetto” (SVpress, 2015) e "Quo vadis architetto" (Golem, 2021)

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Last modified: 11 Gennaio 2021