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Written by: Professione e Formazione

Francesi e tedeschi: da noi gli architetti li organizziamo così

Tra le tante proposte avanzate per la riforma, si deve ancora stabilire quale sarà l’assetto finale degli ordinamenti professionali italiani, le cui linee guida saranno contenute in un dpr da emanare entro il 13 agosto che poi attenderà i vari decreti attuativi per le singole professioni. Ma, rispetto all’Italia, come funzionano le cose in Europa? Gli ordinamenti dei paesi, alcuni molto simili al nostro e altri molto diversi, potrebbero essere un utile spunto o un modello da cui attingere? Continuiamo con la Francia e la Germania

In Francia l’organizzazione della professione di architetto è stabilita dalla legge, che dal 1977 dichiara che «l’architettura, espressione della cultura, è di interesse pubblico». Tale proclamazione indica la volontà del legislatore di preservare e promuovere la qualità dell’architettura. Nell’interesse pubblico, lo Stato obbliga chiunque desideri costruire un edificio a ricorrere al servizio di un architetto (eccezione fatta per le abitazioni al di sotto di 170 mq). In cambio, lo Stato garantisce che tali figure professionali siano qualificate, assicurate e sottoposte a una deontologia professionale. Si tratta dunque di una professione protetta e regolamentata.
L’Ordine degli Architetti, garante della qualità architettonica, si vede così affidare una delega di servizio pubblico avente come scopo il rispetto della legge, la protezione del pubblico e l’organizzazione del codice dei diritti e dei doveri degli architetti.
Oggi, in Francia, 30.000 architetti sono iscritti all’Ordine (10.000 nella sola Île de France) e possono dunque fregiarsi di questo titolo. È questa dichiarazione che autorizza un architetto a firmare i permessi di costruire e a occuparsi di ogni mansione legata alla direzione dei lavori. La maggior parte della popolazione degli architetti iscritti all’Ordine esercita da libero professionista, spesso individualmente, anche se da alcuni anni il numero delle società è in forte aumento. Si tratta di un’evoluzione positiva perché è importante che gli architetti coniughino le proprie competenze e si organizzino in società per essere più solidi finanziariamente, più reattivi e più pronti a rispondere alle diverse esigenze della committenza e alle nuove tipologie di commessa. Questo movimento deve comunque essere accompagnato dalla capacità degli architetti di difendere e valorizzare i propri onorari in base ai costi della loro struttura d’appartenenza.
Da vari anni, ormai, non esistono più tariffari stabiliti per legge. Le logiche remunerative in percentuale rimangono molto radicate presso la committenza, ma non tengono conto della molteplicità delle nuove missioni affidate alla direzione dei lavori, né dei servizi che un architetto è tenuto a offrire. Al fine di assicurare la solidità economica delle strutture dell’architettura è dunque indispensabile che esse adottino e difendano il principio di una remunerazione basata sui costi sul modello delle imprese.
L’altra evoluzione in corso in Francia è un più vasto riconoscimento della diversità dei mestieri legati all’architettura. Con le sue competenze pratiche, l’architetto può contribuire alla promozione della qualità dell’architettura nella società in diversi modi, che non si limitano alla sola direzione dei lavori. Sempre di più, infatti, gli architetti intervengono sul progetto urbano, e possono avere un ruolo di assistenza alla direzione dei lavori in un contesto in cui le regolamentazioni e le tecniche sono sempre più complesse. È importante che gli studenti di Architettura siano consapevoli di questa varietà di sbocchi e che gli organi professionali siano in grado di rappresentare tutte le tipologie di architetto, indipendentemente dall’ambito d’intervento.
Per quanto riguarda l’Ordine, in particolare, è necessario definire un quadro più adatto ad accogliere tale diversità, con particolare attenzione agli obblighi deontologici che devono tenere conto delle diverse realtà di ciascun profilo professionale. Sarà inoltre necessario un adattamento del quadro legislativo dell’«Abilitazione a esercitare la professione a proprio nome» («Habilitation à la Maitrise d’œuvre en son Nom Propre»), conseguita dopo un anno supplementare alla laurea magistrale, caratterizzato da una parte d’insegnamento teorico e da una di tirocinio.
Riteniamo che sia importante che tutti i laureati in Architettura possano iscriversi all’Ordine anche se scelgono strade diverse dalla progettazione.
Infine, l’altra sfida che la professione deve affrontare è la formazione continua. Si tratta di una vera scommessa per il nostro futuro, se vogliamo essere in grado di rispondere alle attese della società moderna, di aprirci a nuovi mercati e di diversificare i campi d’intervento. È la ragione per cui l’Ordine degli Architetti dell’Île de France ha istituito nel 2009 il polo di formazione «Ambiente, città e architettura», la cui ambizione è proporre agli architetti i percorsi formativi più idonei e professionalizzanti, quelli che permetteranno loro di essere preparati di fronte alla complessità crescente dell’ambiente nel quale la figura sta evolvendo. 

L’esercizio dell’attività è caratterizzato da un misto di forza ideologica della libera professione, importanza degli enti collettivi di rappresentanza e difesa della corporazione e tutela statale, che si svolge per gran parte al livello dei Länder regionali.
La formazione degli architetti si svolge nell’ambito delle Università, le Hochschulen, e viene ormai organizzata secondo le norme europee del Bachelor, Master e Dottorato. La formazione di base si estende teoricamente su dieci semestri, ma molte facoltà richiedono anche semestri di stage. Le Facoltà di Architettura però non sono l’unico luogo deputato alla formazione: alcuni architetti provengono dalle Facoltà di Ingegneria e dalle Accademie di Belle Arti, le Kunstakademien. E anche tecnici o artigiani possono diventare architetti frequentando corsi serali e stage.
A decidere chi ha diritto al titolo è la Camera degli Architetti (Architektenkammer) dello Stato regionale (Land). Istituzione molto potente, richiede generalmente agli aspiranti architetti due anni di pratica professionale dopo la laurea prima d’iscriverli nella lista ufficiale, l’Architektenliste, di cui è l’unica curatrice. L’uso del titolo di architetto è riservato e viene autorizzato solamente dall’appartenenza a una di queste Camere, le cui attività sono regolate dalle leggi del Land. Le Camere, «enti di diritto pubblico» e governate dai membri senza l’interferenza dello Stato, tengono anche, su base volontaria, una lista degli studi di architettura. Le competenze delle Camere comprendono l’arte della costruzione (Baukunst), le tecniche costruttive (Bauwesen), la pianificazione urbana (Städtebau) e la paesaggistica (Landschaftspflege). Oltre alla determinazione del diritto di usare il titolo di architetto, tutelano e regolano le pratiche professionali. Esiste anche una Camera federale degli Architetti (Bundesarchitektenkammer), che però non costituisce un corpo professionale di diritto pubblico ma solamente un ente, privato, che nella capitale rappresenta gli interessi delle diverse Camere regionali.
Una volta iscritto nella lista ufficiale degli aventi diritto al titolo, ogni architetto ha il dovere di restare membro dell’ Architektenkammer competente per la sede del proprio studio. Questo titolo, Freier Architekt, apre le porte della libera professione e viene richiesto per tutte le pratiche burocratiche del progetto e della costruzione.
Esistono anche delle associazioni professionali, come il Bund Deutscher Baumeister, Architekten und Ingenieure (20.000 membri), il Verband Deutscher Architekten, con sede a Monaco di Baviera e il Bund Deutscher Architekten (Bda, 5.000 membri). Gli architetti dipendenti di enti pubblici o studi privati sono invece rappresentati dalla Vereinigung Angestellter Architekten. Le associazioni professionali tengono registri degli iscritti divisi per specializzazione a disposizione delle imprese, dei proprietari di terreni e dei costruttori, ma non detengono nessun monopolio.
In Germania, circa un terzo degli architetti esercita la libera professione, un altro terzo viene impiegato nel settore privato (sopratutto negli studi di altri architetti) e l’ultimo terzo nell’amministrazione pubblica (federale, regionale e municipale).
Il mercato del lavoro è colpito sin dagli anni novanta da una crisi profonda, dovuta al numero forse troppo alto di studenti, ma anche alla stagnazione della popolazione, che ha indotto un forte rallentamento delle attività costruttive.
Gli onorari degli architetti liberi professionisti vengono regolati dalla Honorarordnung für Architekten und Ingenieure (Hoai). Questa tariffa viene pubblicata dallo Stato federale e ha il valore di legge. La sua riforma, tra il 2008 e il 2009 per adattarla al diritto comunitario, ha suscitato numerosi dibattiti nella professione. Ma per tutti gli architetti dipendenti di studi più grandi o assunti a tempo determinato per un progetto, non esistono regolazioni sulla retribuzione, cosa che, nella crisi della professione, ha tirato gli stipendi verso il basso e ha favorito lo sviluppo del precariato. Il reddito lordo medio annuo degli architetti tedeschi pubblicato dall’ente federale della statistica (circa 55.000 euro) nasconde quindi situazioni molto diverse. Questa media non tiene conto, per esempio, dei giovani che lavorano da meno di due anni, e quindi non sono ancora membri delle Camere. Le disparità tra libera professione e salariato sono anche forti, così come tra un piccolo gruppo di architetti di reputazione nazionale e internazionale e la massa di quelli che lavorano a scala locale.

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Last modified: 9 Luglio 2015