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Written by: Design Reviews

Salone del Mobile, rito collettivo da ripensare

Salone del Mobile, rito collettivo da ripensare
L’edizione 2025 chiude con grandi numeri (ma in leggera flessione) e una formula che deve rinnovarsi per guardare al futuro

 

RHO (MILANO). Arrivando alla Fiera di Milano Rho in metropolitana, all’apertura delle porte, lo spettatore si ritrovava su una banchina e in una stazione completamente tappezzata dall’advertising di una importante mostra di settore che si terrà a Shanghai nel prossimo settembre. I passeggeri, subito colti dal dubbio di aver sbagliato nell’imbarcarsi su una nuova linea che viaggia nello spazio e nel tempo alla velocità della luce – una novità della Design Week tenuta celata fino all’ultimo – si accingevano così a risalire in superficie con qualche dubbio.

Ma subito il percorso iniziava a tingersi di giallo e, in fondo al tunnel, un poco di rosso iniziava ad apparire, dispiegandosi con forza una volta in superficie e tranquillizzando tutti: siamo arrivati alla sessantatreesima edizione del Salone del Mobile di Milano.

 

I numeri, tra presenze, fatturati e dazi

Questo potrebbe essere un racconto di fantascienza. La realtà è, invece, quella dei numeri. L’affluenza dichiarata dal Salone del Mobile di Milano 2025 è pari a 302.548 visitatori con 2.103 espositori – 700 al Satellite, 306 per la Luce, 1.097 negli altri settori – in leggera flessione rispetto all’edizione del 2023, l’ultima con la biennale di Euroluce che vide 307.418 presenze.

La vocazione internazionale della rassegna non viene meno, annoverando il 38% di espositori esteri e ben il 68% di visitatori provenienti da tutto il mondo.

La Cina si consolida come la prima provenienza estera con il 6,5%, seguita da Germania, Spagna, Polonia, Brasile, Russia che vanno nell’ordine dal 3,5% al 3%, poco sotto Francia e Stati Uniti d’America, quest’ultimo il paese oggetto di grande attenzione a causa delle tensioni internazionali sulla questione dazi.

Questione che, certamente, aggiunge un maggiore grado di complessità e incertezza ad un settore che vede la filiera legno-arredo chiudere il 2024 con un fatturato alla produzione pari a 51,6 miliardi di euro, in flessione del 3,1% rispetto ai 53,2 miliardi del 2023 (dati Federlegno), a sua volta in discesa rispetto ai due anni di crescita che era stata prodotta, sostanzialmente, dalla distorsione Covid.

 

Una formula che deve innovarsi e guardare al futuro

La conformazione dell’evento si mantiene immutata, con novità che riguardano l’immagine mediatica esterna, più che la struttura interna. Euroluce mantiene il suo assetto di fiera nella fiera, ma sembra essersi normalizzata rispetto al cambiamento della passata edizione.

Ma i grandi sforzi profusi per creare novità e punti di attrazione nel quartiere di Rho e in centro non sembrano, però, volere affrontare la questione di una formula fieristica che, sostanzialmente, non innova rispetto al passato e non propone guardando al futuro.

Dalla grande discontinuità creata dal Covid, e dalla ripresa della manifestazione con il cosiddetto Supersalone del settembre 2021, ha iniziato una lenta, ma innegabile, tendenza delle aziende a riconsiderare la loro presenza al Salone a favore di investimenti più stabili in città, sotto forma di showroom e sedi più o meno grandi, più o meno importanti, ma in ogni caso votati alla permanenza.

Parimenti la grande voglia di incontrarsi e la dimensione del rito collettivo di aprile si è fortificata, arrivando al punto, ben visibile quest’anno, di costituire un evento quasi predominante e autosufficiente, almeno per il grande pubblico che affluisce incurante della ressa, delle code e, più spesso di quanto si vorrebbe credere, della sostanziale inconsistenza dell’offerta.

Il meccanismo che ha reso grande il Salone negli ultimi sessant’anni – chiaramente indentificato nella possibilità delle aziende di crescere confrontandosi le une con le altre, le piccole con le grandi, di fronte ad un pubblico selezionato – ha progressivamente lasciato il posto alla Fiera come luogo dove conoscere e assimilare le tendenze e le idee migliori e più innovative – inevitabilmente proposte dai gruppi consolidati e dai designers di punta – e di queste vivere per il biennio a venire.

Da qui l’interesse mondiale che, spostandosi i grandi marchi in città, inizia a volgere il proprio sguardo ai palazzi cittadini più che ai padiglioni fieristici.

I tempi sono maturi per capire, con urgenza, se il Salone può continuare, in futuro, ad essere l’incubatore di crescita del settore non solo per l’Italia, ma per il mondo. Direzione che non si può che auspicare si torni a prendere con forza.

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Last modified: 16 Aprile 2025