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Paolo VerdeschiWritten by: Forum

Politica e architettura, a Roma un’altra occasione persa

Politica e architettura, a Roma un’altra occasione persa
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione in occasione dell’inaugurazione di un monumento in piazza Bainsizza

 

Politica

Il 17 marzo è stato inaugurato, in piazza Bainsizza nel quartiere delle Vittorie, il monumento dedicato alla memoria dei marinai caduti, militari, mercantili e di tutte le persone scomparse in mare. L’opera, finanziata da Leonardo Finmeccanica e poi donata a Roma Capitale, è stata voluta dall’Associazione nazionale marinai d’Italia (ANMI), sorta nel 1895 e poi confluita nel 1911 nell’Unione marinara italiana: un sodalizio di ex combattenti, ex militari della Marina militare italiana e di semplici cittadini che conta 456 sedi in diverse città d’Italia e presente in molte capitali europee.

Nell’occasione il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha detto che il nuovo monumento “Impreziosisce una piazza e pone un luogo di memoria e omaggio all’impegno straordinario dei marinai italiani. Insieme a voi vogliamo trasmettere ai romani i sentimenti di solidarietà, fratellanza, partecipazione e coesione sociale che fanno grandi le tradizioni marinare, e pensiamo che opere come queste siano un tramite significativo”. Non possiamo che essere in sintonia con quanto dichiarato, soprattutto se pensiamo ai migranti. Oltretutto, a Roma mancava un monumento del genere. Tuttavia, nutriamo qualche dubbio quando il sindaco afferma che esso impreziosisca la piazza. Si tratta di una voluminosa e tondeggiante fontana di travertino con, al centro, la classica àncora posta su un pavimento raffigurante la rosa dei venti.

 

Architettura

Il progetto di riqualificazione di piazza Bainzizza nasce nel 2010, all’interno del PUP di via Oslavia, affidato, dopo varie vicissitudini, ad Anomia Studio (Gianluca Nucci, Domenico Simone e Tiziano Testa). Gli architetti avevano elaborato una soluzione che, in continuità con quanto richiesto dal Comune nel concorso della limitrofa Rimessa Vittoria (deposito ATAC), ben s’inseriva e interpretava il tessuto circostante. L’area dell’intervento, un tempo adibita a sosta precaria, veniva trasformata dando vita a uno spazio urbano, definendo una nuova forma della piazza. Due ellissi generano un ovale allungato, dialogante con gli assetti viari preesistenti, utilizzando le stesse tecniche e materiali di via Oslavia. Il progetto includeva cinque aiuole, aree verdi simili a basse collinette tondeggianti disposte in maniera plastica che offrono piccole insenature protette dalle chiome degli alberi. Una fontana circolare a raso, mai realizzata, e dei sedili in blocchi di pietra completavano questa nuova piazza rendendola una piacevole area di sosta, d’interazione sociale e svago.

 

Un’occasione persa

La legge 633/1941 all’articolo 1 recita che “Sono protette le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Ma la stessa legge all’articolo 20 prevede che l’autore non può opporsi alle modifiche che si rendessero necessarie dell’opera, ma non se alla stessa viene riconosciuto un “importante carattere artistico” dal Ministero dei Beni culturali.

Non voglio entrare nelle pieghe della legge, ma nell’ambito del buon senso. A parere di chi scrive, e non solo, la fontana/monumento progettata da tre architetti della Soprintendenza Capitolina (Filacchione, Panìco e Vacanti), stride nel contesto in cui è stata collocata. Il materiale, la volumetria, l’orientamento, la pavimentazione non hanno nulla che possa rifarsi al progetto originario e allo stato dei luoghi. Sembra un regalo di nozze che per forza bisogna esporre in casa.

Prescindendo dalla difficile attuabilità della legge 633/1941, interpellare gli architetti progettisti della piazza e avere un confronto d’idee con essi non sarebbe stato più etico e anche proficuo? È un’occasione persa dalla politica di fare architettura riqualificando un’altra piazza distante poche centinaia di metri da piazza Bainsizza. Mi riferisco alla piazza Giovanni Randaccio, in cui, nella caserma Riccardo Grazioli Lante della Rovere, ha sede l’ANMI. La fontana/monumento avrebbe avuto una collocazione più consona e si sarebbe trasformato urbanisticamente un disordinato parcheggio abusivo in una piazza urbana.

Insomma, quando a Roma diventerà virtuoso l’eterno e bilaterale rapporto tra politica e architettura?

Autore

  • Paolo Verdeschi

    Nato a Roma (1952), si laurea in architettura nel 1979 e segue un corso ICCROM nel 1980. Si occupa di restauro. Tra i suoi principali interventi, il restauro di villa La Saracena di Luigi Moretti a Santa Marinella (Roma). È relatore a convegni e tiene conferenze nei corsi di Storia, disegno e restauro dell'architettura, e di Gestione del processo edilizio presso la Sapienza, Università di Roma

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Last modified: 4 Aprile 2022