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Daniele ManacordaWritten by: Professione e Formazione

Franco Ceschi (1938-2022)

Un ricordo intimo dell’architetto degli allestimenti dei parchi archeologici e dei restauri, dalla Sicilia alla Toscana, passando per Roma

 

Ci siamo frequentati troppo poco. Ma quei mesi intensi di lavoro gomito a gomito qualcosa più di venti anni fa hanno lasciato un segno profondo: una stima, un affetto, che era innanzitutto un’istintiva consonanza.

Quando l’allora Soprintendenza archeologica avviò l’allestimento del Museo della Crypta Balbi, a coronamento delle ricerche condotte in quel fantastico ettaro del centro di Roma negli anni ottanta, e mi chiese di progettare i contenuti dell’esposizione ospitata al pianterreno, tornai sul posto dopo dieci anni di assenza. Molte cose erano cambiate e un cantiere di restauro di parte degli immobili occupava buona parte dell’area. Si trattava di riprendere il filo di un ragionamento in un contesto profondamente mutato. Franco Ceschi, scelto per allestire il museo, fu la luce. Non lo conoscevo, se non per la fama che lo accompagnava dopo le sue tante esperienze di allestimenti di musei e siti archeologici, specialmente in Sicilia (a Siracusa, Camarina, Catania, Taormina, Lipari…).

Era per me un nome, un bel nome, ma non ancora una persona: qualcuno che stava lavorando in Toscana, a Orbetello, all’Argentario, in luoghi dove avevo speso buona parte della mia formazione. Quel nome fatto persona divenne per me l’interlocutore vero, risolutivo in un percorso irto di ostacoli. Le difficoltà di convivenza con un cantiere di restauro edilizio in larga misura trasformativo potevano manifestarsi di giorno in giorno. Ma l’esperienza e l’aplomb signorile di Ceschi sapevano aggirare le difficoltà, trasformando in punti di forza le debolezze.

Per me, inesperto di allestimenti, era uno spettacolo osservare la sua capacità di portare a sintesi i problemi, di “vedere” la soluzione finale, comunicativa ed estetica, alla luce di una sequenza ordinata di soluzioni pratiche. Non era un museo facile quello che voleva illustrare una storia bimillenaria a partire dai resti archeologici tratti dal sottosuolo di un isolato fatiscente. Non avevamo un esempio a portata di mano. Quel museo non portava in dote una valanga di oggetti belli, ma un intreccio di fonti documentarie disparate, dove i cocci dovevano dialogare con le carte d’archivio, le fotografie, i calchi di quanto non si poteva portare in originale nelle sue sale, e con i disegni ricostruttivi che chiedevano pari dignità con gli oggetti in carne e ossa. Ma sapevo di avere a che fare con chi aveva coraggiosamente sperimentato pochi anni prima la riproposizione evocativa del santuario di Apollo a Veio.

I pochi metri quadrati a disposizione imponevano (fortunatamente!) una drastica riduzione di quanto si sarebbe potuto o voluto esporre, e la genialità di Ceschi seppe trovare gli espedienti più semplici ed eleganti per costringere in poco spazio un coacervo di dati messi in condizione di dialogare armonicamente su una serpentina di pannelli che accoglievano nella loro “pancia” la materia del racconto. Alle richieste, talora ingenue, di fare spazio a qualcosa che sembrava non indispensabile, ma utile, egli replicava con la disponibilità di chi cercava la soluzione possibile, che garantisse comunque sobrietà alla narrazione.

La sua lezione mi ha accompagnato in questi venti anni, durante i quali l’ho incontrato come interlocutore virtuale nelle esperienze che mi sono trovato ad affrontare. Meno, purtroppo, come interlocutore reale, perché altre occasioni di lavorare insieme sono mancate, e mi addolora sapere di non poter più contare sulla concretezza della sua signorilità.

 

Autore

  • Daniele Manacorda

    Daniele Manacorda (Roma 1949), archeologo, ha insegnato nelle Università di Siena e Roma Tre. Ha diretto il primo progetto di archeologia urbana a Roma (Crypta Balbi. Archeologia e storia di un paesaggio urbano, 2001) e gli scavi di Populonia in Toscana, accompagnati dall’allestimento del nuovo Parco archeologico dell’acropoli (2007). Si è occupato di archeologia dei paesaggi urbani, di storia economica del mondo antico, di cultura materiale, di storia dell’archeologia, approfondendo temi connessi alle relazioni tra sistemi di fonti (Dizionario di archeologia, 2000). È autore di numerosi interventi su aspetti dell’archeologia contemporanea (Il mestiere dell’archeologo, 2020; I libri degli altri, 2021) e sulle politiche del patrimonio culturale (L’Italia agli italiani, 2014; Posgarù, 2022). È membro del Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggistici, dei Consigli di amministrazione del Parco archeologico del Colosseo e della Soprintendenza speciale ABAP di Roma, e della Commissione scientifica delle Scuderie del Quirinale.

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Last modified: 8 Marzo 2022