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Michele RodaWritten by: Biennale Venezia 2021 Reviews

Biennale di Venezia-Partecipazioni nazionali/3: esperienze coinvolgenti, ma che c’azzeccano?

Biennale di Venezia-Partecipazioni nazionali/3: esperienze coinvolgenti, ma che c’azzeccano?

Russia, Giappone, Paesi Nordici, Danimarca, Francia, Spagna, Serbia, Turchia, Tailandia

 

Se alla Biennale cercate più appagamento per gli occhi che ricerca di contenuti, concentratevi su questi 9 Padiglioni.

 

Russia e Giappone

Il primo, scelta obbligata, è la Russia, che ha sfruttato i mesi di chiusura forzata per un restyling intenso della sua casa ai Giardini. Kasa (ma con la K) è lo studio che ha progettato l’intervento, capace di dare un’identità completamente rinnovata. Al suo interno il programma Open! discute del futuro delle istituzioni culturali, con installazioni che sbordano nel digitale. Sembra meglio concentrarsi sulla fisicità, del Padiglione… Quella fisicità, al solito molto curata e preziosa nelle scelte espositive, che suggerisce il vicino Giappone, con un edificio in legno, di tipologia assolutamente comune, completamente smontato e quindi messo a nuda con i suoi elementi tecnologici. “Co-ownership of action: trajectories of elements” parla di una ricerca sul ri-assemblaggio con forme diverse, parzialmente abortita per le difficoltà di spostamenti negli scorsi mesi.

 

Paesi nordici

A proposito di cura e di bellezza, di fronte ci sono i Paesi Nordici. Basta nulla per rendere quel Padiglione uno spazio speciale: quest’anno il programma “What we share. A model for cohousing”, a trazione norvegese e curato dal National Museum of Norway, punta (anche qui) sul legno: un grande modello attraversabile con soluzione per l’abitare collettivo, frutto di un lavoro in collaborazione con gli abitanti di un complesso residenziale.

 

Danimarca

Il premio per l’ambientalmente corretto va però alla Danimarca: il suo Padiglione “Con-nect-ed-ness” è attraversato dall’acqua recuperata dal tetto e immagazzinata in grandi (e bruttine) cisterne, che poi la fanno scorrere in vasche a creare movimenti e flussi. Connessioni non virtuali dunque, ma tangibili, che poi producono – o almeno questa è la suggestione – piante da cui vengono ricavati (sempre all’interno del Padiglione: viva la circolarità!) infusi per tisane offerte ai visitatori. Con buona pace delle mascherine…

 

Francia

È una connessione diversa, quella discussa dalla Francia. Fatta di video, belli, intensi, ma che credono di bastare a sé stessi. “Communities at work” è infatti un progetto visuale di documentari per alcuni quartieri emblematici: francesi, ma anche di Johannesburg, Soweto, Detroit, Hanoi, Buenos Aires.

 

Spagna

Se la Francia accumula immagini in movimento, la Spagna accumula carta. Migliaia di fogli stampati e appesi creano un intrigante, oltre che affascinate, spazio. Incerto, come da titolo del programma, “Uncertainty”. Frutto di una call cha ha coinvolto decine di architetti, in una restituzione a-gerarchica, in cui si fa fatica ad individuare inizio e fine. E per questo l’immagine del padiglione centrale invaso dai fogli è quella che resta.

 

Serbia

Sensazioni opposte invece nello spazio Serbia: lì la solidità è quella della terra e della miniera della città di Bor, indagata attraverso un’intensa ricostruzione (e ottima immagine grafica) di un percorso: “8th kilometer” racconta il sistema di misurazione su cui si struttura il rapporto vita-lavoro, e quindi le forme costruite di un luogo straordinariamente emblematico.

 

Turchia e Tailandia

Opportuno invece trasferirsi all’Arsenale, piano primo delle Sale d’Armi, per una botta straordinaria di colore. La Turchia, sempre molto ricercata, la butta sul giallo. “Architecture as measure” è una grande installazione, divisa in quattro sezioni-diorama: allestimento tridimensionale che dichiara di voler ragionare sui cambiamenti nei rapporti tra architettura e mondo. Ma di cui resta soprattutto l’affascinante colore pervasivo e stimolante. Come anche, poco distante, la Tailandia, il cui “Elephant” descrive – in modo tanto poetico quanto non molto chiaro – il rapporto tra le comunità Kuy e i suoi elefanti. Convivenza che influenza inevitabilmente la scala degli spazi costruiti. Anche questa, al pari delle altre citate – e pur in modo diverso, ben venga sia così – è un’esperienza visiva da non perdere. Con un dubbio che sorge: e il tema di Sarkis? Ma forse possiamo anche soprassedere.

 

Leggi la nostra classifica completa:
Come non perdersi tra i 60 padiglioni nazionali, la nostra classifica con il meglio e il peggio di Biennale#17
1. I padiglioni top, da non perdere
2. Più o meno belli, comunque decisamente “sul pezzo”
3. Esperienze coinvolgenti, ma che c’azzeccano?
4. Alziamo le braccia, non li abbiamo capiti
5. Nulla di indimenticabile, vivevamo anche senza

 

Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 26 Maggio 2021