In mostra al MAK di Vienna le celebri ville, ma anche progetti meno noti dell’architetto moravo nel 150° dalla nascita
VIENNA. Per motivi di forza maggiore il 2020 è stato un anno di ricorrenze trascurate. Sono infatti passati, quasi sotto silenzio, due importanti anniversari: i 150 anni dalla nascita di Adolf Loos e di Josef Hoffmann. Difficile guardare separatamente alla loro vicenda umana e artistica: nascono entrambi nel 1870 in Moravia, una regione della attuale Repubblica Ceca, da sempre crocevia di genti e commerci. Sarà, forse, per questa comune radice cosmopolita che entrambi si ritrovano, poco più che ventenni, nel cuore della capitale asburgica a combattere la cultura accademica del tardo Ottocento, da posizioni inconciliabili ma con analoghi obiettivi. Se Hoffmann è il punto di riferimento della Secessione e dell’elegante Wiener Werkstätte (Officina Viennese), Loos incarna al contrario l’aspetto provocatorio e radicale dell’avanguardia moderna.
Per onorare Hoffmann, il MAK (Museo delle Arti applicate) sta organizzando per fine anno la mostra “Fortschritt durch Schönheit” (“Progresso attraverso la bellezza”). Per celebrare Loos, invece, nonostante le difficoltà del periodo, il museo ha inaugurato lo scorso dicembre una esposizione dedicata alle sue idee sull’abitare, che raccoglie una serie di foto e disegni tratti dall’archivio custodito all’Albertina.
Nella grande sala espositiva del primo piano del museo, sullo Stubenring, si stagliano i candidi plastici delle sue celebri ville. Fra questi spicca il modello originale in legno, a fasce bicolori, del progetto per Josephine Baker (1928, Parigi), accompagnato dalle piante con la magnifica piscina interna. Foto di archivio arricchiscono l’esposizione, offrendo scorci inediti delle ville loosiane coi loro rivestimenti lapidei e gli immancabili tappeti orientali. I lati lunghi della sala sono occupati da vetrine a muro che accolgono una selezione di disegni originali, schizzi e appunti. Disegni freddi e scarni i suoi, per la convinzione che lo spazio si possa descrivere a parole ma mai catturare col tratto.
Piuttosto che indugiare sui progetti più celebri disseminati fra Praga e Parigi (villa Karma a Montreaux 1906, la villa Moissi al Lido di Venezia 1923, casa Tzara a Parigi 1925, villa Moller a Vienna 1928, villa Müller a Praga 1930), pur ben rappresentati, la mostra ci lascia godere soprattutto dei materiali che riguardano progetti meno noti, come il complesso urbano con monumento equestre (1909, Vienna?), la casa Brummel (1909, Pilsen) o la villa Bauer (1914 ca., Brno). Colpisce, in particolare, la serie bifronte di cartoni ripiegati del progetto per la villa Konstandt (1919 circa, a Olmütz, con Paul Engelmann), che sottolinea la profondità del rapporto con la tradizione classica.
Un posto di rilievo occupano i progetti di residenze sociali: dallo schema costruttivo della “Casa con un muro” (1921) alle celebri “abitazioni a terrazza” (1923), dal Vinarskyhof (1923) alla casa doppia per il Werkbund viennese (1932, con Heinrich Kulka), per finire con le nitide case operaie a Nachód (1931).
La mostra non nasconde le ombre della tormentata vita di Loos, raccontando con dovizia di particolari il cosiddetto “Affaire Loos”, il processo per pedofilia e corruzione morale che lo travolge nel 1928 e dal quale si salva solo grazie alla sua fama e alla sua posizione sociale.
Una vera sorpresa è, infine, un pezzo tratto dalle sue personalia: uno scrittoio da viaggio in mogano, metà mobile e metà cassa da trasporto, proveniente da una collezione privata e per la prima volta visibile in pubblico. Sul suo ripiano, in bella mostra, una lettera alla prima moglie Lina e alcune copie della rivista “Das Andere” da lui edita. Nello spazio di quella cassa è simbolicamente racchiusa una vita intera, trascorsa tra le capitali del vecchio continente.
Come l’artista che, sostiene Loos, sa fare della soluzione un enigma, anche noi c’interroghiamo emblematicamente sull’attualità della sua lezione teorica, che ha il grande merito di aver dischiuso al progetto di architettura le porte della modernità. E tanto basta a fare dell’architetto moravo non solo un raffinato intellettuale cosmopolita, ma anche il primo grande europeo dei nostri tempi.
Adolf Loos. Privathäuser (“Adolf Loos. Abitazioni private”)
MAK – Museum für angewandte Künste (Museo di Arti applicate)
Stubenring, 5 – Vienna
a cura di Markus Kristan, Adolf Loos Archiv presso l’Albertina, Vienna
8 dicembre 2020 / 14 marzo 2021
mak.at/en/adolfloos
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anniversari , austria , mostre , vienna
Last modified: 3 Marzo 2021