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Luca GibelloWritten by: Progetti

Palais Campofranco: ferve il cantiere intorno al vaso da Guinness

Palais Campofranco: ferve il cantiere intorno al vaso da Guinness

Report sullo stato di avanzamento dell’intervento di rigenerazione urbana nel cuore di Bolzano firmato da MdAA Architetti Associati

 

BOLZANO. Isolato, al centro del cortile, il ginkgo-biloba – donato dalla principessa Sissi a suo zio e padrone di casa, l’arciduca Heinrich – domina incontrastato. Soprattutto ora che, intorno a sé, c’è il cratere dei tre livelli ipogei dei servizi e spazi commerciali che man mano verrà coperto dalle campate dei solai. Già, perchè l’albero secolare, uscito un po’ malconcio dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale e ora vincolato dalla Soprintendenza, è il simbolo di Palais Campofranco: a lui si riservano particolari cure, e le sue buone condizioni di salute sembrano il miglior auspicio per la prosecuzione dell’intervento. Per il momento, in loco la vista è spettacolare, con enormi puntoni metallici tubolari a sorreggere provvisoriamente lo scavo verticale – sono stati movimentati 190.000 mc di terra – sotto la cortina di edifici che separano l’area di cantiere dalla via prospiciente la cattedrale. L’albero è avvolto da un vero e proprio vaso, costituito da uno strapiombante setto di cemento armato gettato in opera, realizzato grazie a 110 casseri nella parte superiore e 90 in quella basamentale, ora in fase di approvazione presso il Guinness dei primati per le sue dimensioni record: 5 metri di raggio. Esso diventerà il fulcro del nuovo cortile: infatti, intorno ad esso scenderanno le rampe che distribuiscono i livelli ipogei. Ai piedi del ginkgo-biloba, la zolla di terra – che, come ha ricordato l’architetto paesaggista Stefano Olivari durante la giornata di presentazione dei lavori alla stampa, a metà novembre, con successiva visita al cantiere, coordinata da Franz-Ferdinand Graf Huyn, project manager dell’operazione, costituisce un significativo spaccato della realtà geologica atesina – presenterà una varietà di piante rare provenienti dalla Cina (ossia dalla stessa zona di origine dell’albero).

Così, nel cuore di Bolzano, dietro l’aulica manica edilizia affacciata su piazza Walther e coperta dalla terrazza con padiglione angolare inutilizzati dal secondo dopoguerra che presto torneranno a essere fruibili, fervono i lavori per un intervento che ingenera attese e curiosità nell’opinione pubblica. La corte-giardino privata diventerà per la prima volta sempre permeabile ai cittadini (i quali finora potevano accedervi solo in occasione dell’allestimento dei mercatini di Natale), mentre, in virtù di una collaborazione con l’Università di Bolzano, gli studenti della Facoltà di Design e Arti contribuiranno all’allestimento degli arredi connessi agli spazi pubblici.

Dopo un precedente iter autorizzativo durato ben 13 anni – periodo a cui risale la prima concessione edile per il lotto -, a poco più di due anni dall’esito del concorso a inviti che selezionò il progetto di MdAA Architetti Associati e sbloccò finalmente l’operazione, le tempistiche sembrano rispettate. Per la direzione lavori dell’architetto Michele Stramandinoli, il cantiere, partito a fine 2016, dovrebbe concludersi a fine 2019, per una piena agibilità dell’intero intervento a inizio 2020. A breve, con la tombatura della voragine ipogea, partiranno le strutture in elevazione sui tre fronti del lotto affacciati verso l’esterno. In particolare, il corpo del ristorante con un involucro in vetro e acciaio (realizzato dall’azienda locale, ma nota internazionalmente, Stahlbau Pichler) che, senza soluzione di continuità, proseguirà la pavimentazione della corte addossandosi alla manica terrazzata su piazza Walther.

Intanto, i bolzanini, oltre alla vista della gigantesca gru che sbuca dalla corte, cominciano a prendere confidenza con il nuovo Palais Campofranco attraverso la campagna online e offline #EyeOnPalais, sviluppata dall’agenzia di comunicazione Madre: un nuovo logo; un profilo Instagram; vari artisti che, a rotazione ogni sei mesi, realizzano un’opera su un grande pannello che cela il cantiere ma che permette, attraverso spioncini, di coglierne l’avanzamento.
Foto di copertina (© Gregor Khuen Belasi)

Autore

  • Luca Gibello

    Nato a Biella (1970), nel 1996 si laurea presso il Politecnico di Torino, dove nel 2001 consegue il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica. Ha svolto attività di ricerca sui temi della trasformazione delle aree industriali dismesse in Italia. Presso il Politecnico di Torino e l'Università di Trento ha tenuto corsi di Storia dell’architettura contemporanea e di Storia della critica e della letteratura architettonica. Collabora a “Il Giornale dell’Architettura” dalla sua fondazione nel 2002; dal 2004 ne è caporedattore e dal 2015 direttore. Oltre a saggi critici e storici, ha pubblicato libri e ha seguito il coordinamento scientifico-redazionale del "Dizionario dell’architettura del XX secolo" per l'Istituto dell’Enciclopedia Italiana (2003). Con "Cantieri d'alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi" (2011, tradotto in francese e tedesco a cura del Club Alpino Svizzero nel 2014), primo studio sistematico sul tema, unisce l'interesse per la storia dell'architettura con la passione da sempre coltivata verso l’alpinismo (ha salito tutte le 82 vette delle Alpi sopra i 4000 metri). Nel 2012 ha fondato e da allora presiede l'associazione culturale Cantieri d'alta quota

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Last modified: 13 Dicembre 2018