Scomparso a 94 anni uno dei massimi esponenti del professionismo romano, che in settant’anni di attività ha contribuito in modo significativo alla costruzione dell’immagine della città e della sua identità moderna
Laureato in ingegneria civile nel 1945 (laurea honoris causa in architettura nel 2011), Lucio Passarelli eredita insieme ai fratelli Vincenzo e Fausto lo studio dal padre Tullio, dando continuità a una realtà professionale a conduzione familiare che attraversa ormai tre secoli.
Dal dopoguerra l’attività dello studio Passarelli è guidata dal più giovane Lucio, interprete di un modernismo architettonico che trova le sue ragioni soprattutto nella tecnica, esprimendo una fiducia nel progresso aderente allo spirito della ricostruzione e del boom economico. L’interesse per la sperimentazione strutturale ed impiantistica, insieme al rigore funzionale nell’approccio progettuale, si traducono in un linguaggio che offre per ogni occasione declinazioni sempre nuove del “moderno”, accogliendo (e talvolta anticipando) le suggestioni che provengono dalle ricerche contemporanee. L’edificio polifunzionale in via Campania (1964-65), inserito da Bruno Zevi tra i capolavori del XX secolo, è un’architettura “stratificata” che sintetizza magistralmente l’identità di una città complessa come Roma e s’inserisce con garbo nel tessuto storico, pur essendo decisamente moderna: nel progetto vengono affrontati con soluzioni all’avanguardia temi complessi come il curtain wall, l’integrazione tra sistema strutturale ed impiantistico e la flessibilità spaziale.
Fondatore dell’INARCH nel 1959 insieme a Zevi e Accademico di San Luca dal 1970, Passarelli ha affiancato alla professione un’intensa attività culturale, animando incessantemente il dibattito disciplinare in varie sedi istituzionali e diventando una figura di riferimento per la cultura architettonica romana. Fondamentale il suo contributo alla discussione sul futuro assetto della città con la fondazione dello Studio Asse nel 1967 (con il fratello Vincenzo e con Zevi, Ludovico Quaroni, Riccardo Morandi e Vincio Delleani), che per circa tre anni produce un insieme di studi sull’Asse attrezzato e sul Sistema Direzionale Orientale, trasformando in ambiziose “visioni” le previsioni del PRG del 1962 che individuava a est una vasta area destinata alle funzioni direzionali. Passarelli dimostra il suo interesse per la scala urbana non solo nella progettazione di centri direzionali (tra i realizzati, quello per la FIAT in Corso Ferrucci a Torino, con Quaroni) ma anche di grandi interventi residenziali come Vigne nuove e Torrevecchia (quest’ultimo con Pietro Barucci e Marcello Vittorini), realizzati a fine anni 70 nell’ambito del primo PEEP.
Negli anni dell’ondata postmoderna, Passarelli è tra i pochi architetti romani a restare ancorato a un’idea di modernità che rifiuta qualsiasi atteggiamento nostalgico. Ed è soprattutto nella capacità d’infondere nel progetto valori sempre nuovi e aderenti a una realtà in continua trasformazione che si può sintetizzare la sua eredità, già raccolta dalla nuova generazione di professionisti attiva nello studio.
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