Gli esiti del meeting organizzato dall’International Confederation of Architectural Museums
HONG KONG. ICAM (International Confederation of Architectural Museums), la rete internazionale dei musei, centri, archivi e biblioteche di architettura nata a Helsinki nel 1979, si è riunita per la prima volta in Asia, a Hong Kong dal 2 al 7 dicembre scorsi, negli spazi del museo M+, una giovane istituzione che colleziona, espone e interpreta in forma transdisciplinare arti visive, design, architettura e immagini in movimento. La direttrice del museo Suhanya Raffael e la curatrice delle collezioni e vera ispiratrice dell’evento Ikko Yokoyama hanno aperto i lavori illustrando il visionario progetto, firmato Foster+Partners, di un grande distretto culturale di 40 ettari (di cui 32 di parco) nella penisola di West Kowloon, dove a M+ e Hong Kong Palace Museum si aggiungerà nel 2026 il Lyric Theatre Complex.
M+ ha atteso dieci anni per avere una sede stabile, anni preziosi – precisa Raffael – di sperimentazione in sedi provvisorie, i travelling studios che hanno portato arti visive e architettura a contatto con le comunità, in dialogo con i giovani, proponendo un progetto pedagogico ed educativo di grande efficacia. Da novembre 2021 il museo ha una sede prestigiosa, opera di Herzog & de Meuron, uno spazio dinamico e permeabile che fino a novembre 2024 ha attratto 7,4 milioni di visitatori da tutto il mondo.
M+ ha preparato la conferenza ICAM22 attraverso una capillare campagna di diffusione della missione della confederazione in Asia, stimolando l’interesse per le collezioni di architettura e favorendo un’inedita aggregazione d’istituzioni di varia natura che guardano all’esperienza occidentale per trovare un proprio modello autonomo.
Così, nell’intensa settimana di sessioni di lavoro, visite ed eventi, con 120 partecipanti in rappresentanza di oltre 50 istituzioni, si sono alternate le voci del mondo occidentale e quelle di realtà di recente costituzione del mondo asiatico, da Singapore a Indonesia, da Cina a Sri Lanka, Corea, India e Giappone.
Le cinque sessioni tematiche – Drawing trans/national lines, Long term Strategic Planning and Delivery. An active dialogue, The Architects’ Story, New Approaches to the Design of Architecture Exhibition e Scope and Agency: the Architecture Archive in the University – hanno proposto un affascinante scenario d’impegno culturale nei diversi continenti.
Al centro sono le collezioni, riconosciute come patrimonio da recuperare, studiare e tutelare per conservare l’identità e la memoria. Intorno a esse ruotano le esperienze e le pratiche professionali di curatori, conservatori, restauratori, educatori, le quali richiedono continui aggiornamenti e adattamenti in differenti contesti culturali, economici e politici.
Dall’Architecture Collection di Singapore al Museo di architettura dell’Indonesia, dagli Archivi nazionali di architettura moderna di Tokyo al Centre for Environmental Planning and Technology di Ahmedabad fino alle collezioni del Flanders Architecture Institute di Anversa, la prima sessione ha proposto un confronto sui diversi modi di costruzione di una collezione, sulle sue finalità e limiti temporali e soprattutto sul significato di “nazionale” o “transnazionale” in contesti postcoloniali o in regioni di confine come le Fiandre, su quali narrazioni elaborare e per quale pubblico.
Si è anche discusso di strategie a lungo termine nella costituzione o gestione dei musei, come nella circolazione delle collezioni in contesti climatici differenti, temi consueti per ICAM ma resi oggi più complessi per i cambiamenti climatici. La soluzione potrebbe essere nell’uso di applicazioni digitali, sulle quali si sono confrontati il Museum of Urbanism and Architecture di Seul, Arc en rêve Centre d’architecture di Bordeaux e il Nieuwe Instituut di Rotterdam, che, a fronte di una gigantesca campagna di digitalizzazione delle sue collezioni, propone nuove strategie di cooperazione in reti regionali, nazionali e internazionali.
Sul fronte occidentale, le istituzioni più consolidate cercano nuove strategie. In Finlandia, a Jyväskylä è nato il Museo Aalto2 dalla fusione del Museo della Finlandia Centrale con il Museo Alvar Aalto, mentre a Helsinki si assiste all’ennesimo tentativo di fusione del Museo di architettura finlandese con il Museo del design in un nuovo spazio espositivo che si propone di localizzare in un’area del porto meridionale, la stessa proposta per il Guggenheim Helsinki. È sorprendente che questo spazio non ospiterà le collezioni dei due musei, che resteranno in depositi localizzati fuori dal centro della capitale. Dunque i suoi 6.600 mq ospiteranno le gallerie espositive, spazi per eventi e conferenze, biblioteca e centro di ricerca, laboratori, caffetteria e shop. La prima fase del concorso, lanciata ad aprile 2024, ha avuto 624 proposte, dalle quali saranno selezionati i finalisti ammessi alla seconda fase, che si concluderà a settembre 2025.
ArkDes, il museo di architettura e design di Stoccolma, ha riaperto a settembre 2024 dopo un anno di completa riorganizzazione degli spazi e delle collezioni disegnata da Arrhov Frick, che prevede in primo luogo di ripristinare l’ingresso originario, separandolo da quello del Moderna Museet disegnato da Rafael Moneo, e una completa fluidità degli spazi per ospitare mostre temporanee, insieme alla rinnovata esposizione permanente della storia dell’architettura e design svedese dal 1880 a oggi, con una rotazione di opere mai esposte. Una nuova proposta d’interazione è Unboxing, uno spazio quotidiano in cui i curatori scoprono i materiali delle collezioni, analizzandoli in diretta con il pubblico.
È un mondo in continuo movimento, tra evoluzioni e involuzioni, fallimenti e rinascite, che trova in ICAM – come ha sottolineato la presidente uscente Rebecca Bailey – una comunità coesa e uno spazio di condivisione e scambio sempre fruttuoso e stimolante.
Immagine copertina: sede del convegno ICAM22 all’M+ Museum di Honk Kong (progetto di TFP Farrells, Herzog & de Meuron, Arup) (© Virgile Simon Bertrand)
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Last modified: 10 Dicembre 2024