A 50 anni dalla scomparsa, un convegno ricorda a Genova il “più coerente dei razionalisti italiani”
Luigi Carlo Daneri è stato un protagonista del razionalismo italiano, agendo prevalentemente a Genova e in Liguria. Nato nel 1900 in un piccolo paese della Valle Scrivia dell’entroterra genovese, Borgo Fornari, è scomparso 50 anni fa. Nel 1920 studia alla Regia Scuola superiore navale di Genova e prosegue la formazione nel triennio successivo a Roma alla Regia Scuola di applicazione per ingegneri civili, nella sezione Architettura, dove si laurea nel 1923, nello stesso anno in cui Le Corbusier pubblica il suo testo manifesto Vers une architecture. Nella scuola romana tra i suoi professori figura Gustavo Giovannoni, che, fautore della rivisitazione dell’architettura classica, orienta i primi progetti dell’ingegnere genovese. Il rientro a Genova lo porta a collaborare con i fratelli Coppedè interpreti dell’eclettismo, corrente architettonica che per un certo periodo affascina un Daneri che poi si rende conto della sua vocazione per il Movimento moderno.
Genova alla fine degli anni venti è un territorio ostile all’avanguardia, soprattutto in architettura. Con l’avvento del fascismo si hanno grandi trasformazioni urbane. Daneri s’inserisce in un contesto culturale formato da altri progettisti quali Eugenio Fuselli, Mario e Giorgio Labò, Robaldo Morozzo della Rocca, Luigi Vietti. Nel 1929 partecipa al concorso per la cattedrale di La Spezia usando ancora un linguaggio neoclassico, che finalmente tradisce nel 1933 per la V Triennale di Milano quando, insieme agli architetti liguri, realizza il prototipo di una casa a torre. È la prova del cambio di paradigma teorico, dall’eclettismo al moderno, rimarcato dal progetto della chiesa di San Marcellino (1935) a pianta centrale, di chiara matrice piacentiniana, come testimoniano sia il pronao centrale sia la cupola (la cui struttura è calcolata da Pier Luigi Nervi).
Nel 1938 due progetti sanciscono il suo passaggio al modernismo: la colonia Rinaldo Piaggio a Santo Stefano D’Aveto e la Casa littoria N. Buonservizi a Genova Sturla. Nel primo progetto Daneri si confronta con un territorio montuoso aprendosi verso la valle con un emiciclo materico di cemento, con la facciata continua in curtain wall, instaurando una forte osmosi con il paesaggio. La Casa littoria sancisce invece la definitiva appartenenza al lessico moderno lecorbusieriano, alterando il credo neoclassico dell’architettura fascista.
Il passaggio al Movimento moderno viene in qualche modo confermato dai libri presenti nella sua biblioteca, alternando pubblicazioni tecniche sul cemento alle riviste tedesche e francesi sull’abitare collettivo e sui problemi della città. “È stato uno dei più qualificati”, scrive Bruno Zevi, “e certo il più coerente dei razionalisti italiani perché ha saputo scegliere un maestro. Era convinto che il linguaggio di Le Corbusier offrisse una sorgente da esplorare. […] rifiutò ogni alternativa […] impervio a ogni suggestione […] ad ogni moda...”
Nel dopoguerra Daneri concentra la sua ricerca sulle residenze collettive pubbliche, tra cui spiccano i progetti Ina-Casa: Bernabò Brea, Forte Quezzi, Porta degli Angeli; insieme a residenze private come le case al Lido e le case alte alla Foce. Soprattutto Bernabò Brea risente delle influenze delle siedlungen tedesche, sia nella disposizione sul terreno sia nel linguaggio. Diverso è il discorso per Forte Quezzi, rinominato “biscione” per la sua forma che segue le curve di livello, una felice intuizione di Eugenio Fuselli. Un’architettura che ha saputo imporsi per la capacità di costruire una nuova identità urbana, di chiara matrice lecorbusieriana (il riferimento al Plan Obus di Algeri è palese) fatta propria e contestualizzata a Genova dall’antiretorico Daneri.
Per celebrare il 50° anniversario dalla scomparsa, la Fondazione dell’Ordine degli architetti di Genova organizza il convegno La lezione di L.C.D. (1900-1972): qui il programma
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abitare , anniversari , congressi , genova , le corbusier
Last modified: 3 Ottobre 2022