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Emanuele PiccardoWritten by: Biennale Venezia 2021 Reviews

Padiglione Italia: la resistenza della resilienza

Padiglione Italia: la resistenza della resilienza

Il curatore alchimista Alessandro Melis crea uno spazio dall’alta densità intellettuale, penalizzato da un allestimento che rende difficile la comprensione

 

La prima sensazione entrando nel Padiglione Italia, curato dall’architetto Alessandro Melis, è di aver sbagliato luogo. Il buio e l’atmosfera gothic richiamano i fumetti della DC Comics e di Gotham City, nell’episodio filmico Batman & Robin diretto dal regista Joel Schumacher nel 1997.

Siamo nel 2021 e il curatore alchimista, come lo ha definito Pierluigi Panza sul “Corriere della Sera”, ci offre una visione sulle comunità resilienti che potremmo ridefinire resistenti. Il visitatore viene accolto da una installazione tentacolare: lo Spandrel. Un termine usato da Stephen Jay Gould e Richard Lewontin nel 1979 per descrivere un fenotipo (l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo determinate dall’interazione fra la sua costituzione genetica e l’ambiente) che è un sottoprodotto dell’evoluzione, esemplificato dalle biosfere all’interno delle quali sono conservate le specie botaniche dell’Orto dell’Università di Padova, con l’obiettivo di mettere in relazione le specie viventi e l’architettura. Questa dimensione della ricerca di Melis andrà poi verificata concretamente nel progetto di architettura, se non vorrà rimanere solo un’affascinante suggestione. È indubbio che la fascinazione per la biologia ha orientato le ricerche di molti architetti come Paolo Soleri, Mario Galvagni e Vittorio Giorgini, laddove però la biologia era generatrice di forme e strutture. In questo senso si è dato spazio alle ricerche spaziologiche di Giorgini oggetto della videoinstallazione dell’artista Luca Ciacagli, insieme alla struttura realizzata dall’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Informazione del CNR di Pisa, in collaborazione con l’Archivio Giorgini diretto da Marco Del Francia. Struttura che si è ispirata alle ricerche formali dell’architetto toscano ma attraverso l’elaborazione computazionale, dimostrando quanto Giorgini fosse un grande sperimentatore, scoperto purtroppo solo tardivamente.

 

Alta densità intellettuale in un allestimento di difficile comprensione

Muovendosi dentro al padiglione si percepisce la densità intellettuale, ma allo stesso tempo un’eccessiva teorizzazione non supportata da un adeguato allestimento, ciò determina una difficile comprensione che allontana i cittadini dall’architettura. Questo non significa che si deve banalizzare, bensì attuare un processo di de-strutturazione di un linguaggio complesso attivando una semplificazione accessibile a tutti, usando media appropriati ed evitando l’effetto del bombardamento sensoriale.

Nonostante queste riflessioni sul display si denota, forse per la prima volta, la trasformazione del padiglione da luogo di promozione dell’Italian Style in versione fiera a luogo di ricerca. Il cambio di paradigma ci consente di leggere le scelte di Melis più in linea con la crisi pandemica rispetto alla confusione del curatore internazionale Hashim Sarkis.

 

Le molte occasioni per il progetto di architettura dalla comunità che resiste

Così l’idea di una comunità che resiste alle avversità, dalla crisi economica alla pandemia, al climate change, dimostra quante occasioni ci siano ancora per il progetto di architettura, in cui agire per il bene delle comunità stesse.

In questo senso si colloca Dolomiti Care, sezione curata da Gianluca D’Inca Levis, ideatore di Dolomiti Contemporanee, che riguarda la salvaguardia e la cura del patrimonio paesaggistico e architettonico. Patrimonio che comprende il Villaggio Eni (1954-1962) progettato da Edoardo Gellner a Borca di Cadore, l’area del Vajont e il trampolino delle Olimpiadi del 1956.

Attraverso progetti specifici di residenze d’artista, workshop e incontri si riattivano siti spenti, dimenticati, convincendo gli enti affinché i progetti di recupero e valorizzazione raggiungano un valore condiviso dalle comunità.

D’altronde la resistenza si sviluppa in quelle comunità che tenacemente affrontano le sfide imposte dalla natura, come accade in “Storia in un minuto” a cura di Alessandro Gaiano, Emilia Giorgi e Guido Incerti. Un minuto è il tempo entro il quale si manifesta la scossa tellurica. Così viene presentato l’esito della ricerca nelle aree sismiche di Abruzzo, Emilia-Romagna e Marche. Una ricerca condotta con il contributo delle associazioni locali e dei comitati di cittadini, il supporto di Action Aid e del Gran Sasso Science Institute. Tre sono i media scelti dai curatori: il video, la fotografia e la mappa.

Antonio Ottomanelli presenta la videoinstallazione “La prima casa in cui il cavallo andrà sarà nel vuoto”, che si relaziona con le fotografie realizzate nelle Marche da Alessandro Imbriaco, dove i frammenti delle essenze arboree di un bosco si leggono come macerie. A completare il puzzle i ritratti di Göran Gnaudschun all’interno del progetto “Voci che si cercano” (a cura di Antonella Perin del Goethe Institute di Roma).

In un contesto ancora più estremo opera Stefano Pujatti, architetto di ElasticoFarm, friulano ma torinese di adozione, che ha vinto con KFA Architects il concorso indetto dal Weengushk Film Institute (fondato dalla regista Shirley Cheechoo) situato in Quebec nell’isola Manitoulin. L’oggetto del concorso era la realizzazione di uno spazio dedicato alla formazione dei giovani alla creatività, partendo dalle molteplici identità locali, definendo un altro significato di resilienza in un contesto ambientale difficile.

 

Inclusività, equità e uguaglianza

La dimensione politica del padiglione viene ampliata con lo spazio dedicato al collettivo Rebel Architette, fondato a Bergamo nel 2020, che si prefigge la sensibilizzazione della società civile e di coloro che operano nel mondo dell’architettura a una visione inclusiva, intersezionale ed equa della professione, mettendo al centro il ruolo delle donne che non dovrebbe essere rivendicato, ma già adottato sia in ambito pubblico che privato.

La questione delle disuguaglianze e dei diritti dimostra il livello di maturità di una democrazia per cui tutti dobbiamo lottare senza ipocrisie.

Immagine di copertina: © Marco Introini

 

Autore

  • Emanuele Piccardo

    Architetto, critico di architettura, fotografo, dirige la webzine archphoto.it e la sua versione cartacea «archphoto2.0». Si è occupato di architettura radicale dal 2005 con libri e conferenze. Nel 2012 cura la mostra "Radical City" all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2013, insieme ad Amit Wolf, vince il Grant della Graham Foundation per il progetto “Beyond Environment”. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship per la ricerca “Living the frontier” sulla frontiera storica americana. Nel 2017 è membro del comitato scientifico della mostra "Sottsass Oltre il design" allo CSAC di Parma. Nel 2019 cura la mostra "Paolo Soleri. From Torino to the desert", per celebrare il centenario dell'architetto torinese, nell'ambito di Torino Stratosferica-Utopian Hours. Dal 2015 studia l'opera di Giancarlo De Carlo, celebrata nel libro "Giancarlo De Carlo: l'architetto di Urbino"

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Last modified: 25 Maggio 2021