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Written by: Inchieste

Decreto sviluppo: cosa ne pensano Inu, Cnappc e Italia Nostra

Il Decreto sviluppo è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 5 maggio e, parallelamente alla levata di scudi dell’opinione pubblica e dei mass media soprattutto in merito alla questione delle spiagge, molte associazioni hanno preso posizione.
L’Inu ha espresso preoccupazione e dubbi. Accolto il primo punto critico prima della firma del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (sugli anni di concessione del diritto di superficie delle spiagge), le osservazioni dell’Inu si spostano sul Piano Casa (dall’Inu chiamato «Piano Città»), che ripropone le misure d’incentivazione volumetrica limitandole alle aree urbane degradate: obiettivo giusto secondo l’Istituto che comunque «sottolinea la rozzezza culturale e disciplinare con cui è trattata una problematica delicatissima, che riguarda le modalità di riqualificazione urbana che non possono essere ridotte alla presenza di “destinazioni tra loro compatibili” e di modiche alla sagoma degli edifici per una “armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti”». Terzo e ultimo punto problematico riguarda la procedura del silenzio assenso, la cui estensione è «sostanzialmente inutile». Conclude ribadendo la necessità di approvazione di una «legge sui principi fondamentali del governo del territorio» attesa da molti anni.
Il Cnappc, offrendo collaborazione alla fase di conversione, valuta il Decreto «un’occasione perduta per rendere sostenibile la vita nelle città italiane». Anche gli architetti sono critici soprattutto riguardo al nuovo Piano Casa, le procedure edilizie e le opere pubbliche. Per il primo, accettano che meccanismi di premialità volumetrica siano possibili solo a integrazione di un vero piano nazionale. A livello edilizio, pur apprezzando la maggiore chiarezza e semplificazione portata dalla sostituzione della Dia con la Scia, nutrono dubbi sull’estensione del silenzio assenso («non scelta che abdica alla possibilità della pubblica amministrazione di esercitare un controllo sulle trasformazioni del territorio») e propongono invece una riduzione della documentazione necessaria per ottenere i titoli abilitativi e una maggiore responsabilizzazione del progettista, a cui demanderebbero, anche con l’aiuto di organismi di validazione, le certificazioni degli apparati tecnici di supporto. Sulle opere pubbliche, invece, c’è il rischio di compromettere la programmazione degli interventi per l’estensione, in deroga ai programmi triennali, dell’istituto della concessione. Gli architetti chiedono inoltre che l’innalzamento della soglia per le procedure semplificate non riguardi gli incarichi di progettazione.
Anche Italia Nostra è scesa in campo denunciando l’incostituzionalità del Decreto e mettendo in dubbio la procedura «d’urgenza» e l’uso distorto dello strumento del decreto legge. Criticando soprattutto la parte a scala edilizia (la deregolamentazione imposta dal ricorso al silenzio assenso, la premialità volumetrica e la sostituzione della Dia con la Scia), avanza il dubbio che esista un contrasto con l’articolo 9 della Costituzione, che prevede che «la Repubblica tuteli il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

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Last modified: 10 Luglio 2015