Autore del classico di Mit sui dettagli dellarchitettura moderna (The Details of Modern Architecture, 1990 vol. 1 e 1996 vol. 2), Edward Ford ha pubblicato nella collana Writing Matters di Princeton un resoconto di cinque progetti per la propria casa a Charlottesville, Virginia, nella cui facoltà di Architettura insegna Concepts in Architecture Detailing. Dalla descrizione dei progetti, di cui due sono stati realizzati, uno nellaltro, si apre una riflessione ad ampio spettro sul tema del dettaglio in architettura.
La scrittura è densa quanto lineare ed è suddivisa in cinque parti, ciascuna centrata su un progetto, mentre lintroduzione dichiara il problema guida di ognuno.
Lipotesi è che i dettagli siano lessenza dellarchitettura, anche quando vengano mimetizzati. Questo assunto genera loriginalità del testo: le argomentazioni non sono prese a prestito da altre discipline ma nascono dalla pratica del progetto e addirittura del cantiere. Ci sono fatti e prove; le immagini sono descrittive, mai allusive. Il risultato è un manifesto sovversivo rispetto a quasi tutte le posizioni del dibattito contemporaneo. La polemica è infatti contro le letture critiche fondate sullidea che «questo significa quello», per cui linvolucro liscio rappresenterebbe lera informatica (vedi Koolhaas, Hadid, Lynn ecc.), piuttosto che il vernacolo rivisitato il legame coi luoghi (vedi Frampton e altri). La tesi è che solo la centralità del dettaglio garantisce un legame empirico con la realtà. Esclusivamente a partire dai dettagli si possono comprendere gli edifici come «manifestazioni che vanno oltre la soddisfazione di una necessità pratica», ergo si può pensare (al)larchitettura.
La narrazione dei progetti per le Five Houses (numerate con numeri arabi: uno sfregio ai numeri romani di quelle di Eisenman?) spiega come e perché. La prima casa indaga il tema del dettaglio «articolato», che cioè dimostra la risoluzione di problemi di peso, materiale, connessione e assemblaggio, contrapposto al dettaglio astratto, che invece nega questi fattori. Il fine è riflettere su come larchitettura si leghi o si sleghi dal luogo, a seconda di quale dei due prevalga. Ne risulta una lettura dei temi regionalisti del tutto indipendente dalluso delle tecniche tradizionali o dei materiali locali: è legato al luogo ciò che è articolato, è slegato ciò che è astratto perché, per esempio, nega il rapporto con il clima nascondendo gronde e pluviali.
La seconda casa è dedicata al dettaglio come espressione di un materiale le cui caratteristiche informano il progetto. Dimostrando lillusorietà di questo assunto, viene sfatato il mito modernista su onestà e purezza nelluso dei materiali.
La terza casa esplora il dettaglio come espressione strutturale: la sua forma vuole derivare dalla scelta delle strutture. Centrale è il rapporto (sempre ambiguo, si dimostra) tra esibizione e rappresentazione della struttura. A cadere è il feticcio dellonestà strutturale che si trascina dietro, tra le altre, la metafora pelle-scheletro come garanzia di chiarezza degli edifici.
La quarta casa, realizzata, è sul dettaglio come giunto. La tesi è che il giunto, non importa se esibito o nascosto, sia lantidoto alla finzione che larchitetto, con la sua idea platonica delledificio come pura forma e/o programma, non abbia interferito nella costruzione.
La quinta casa, che è lallestimento interno della quarta, riflette sul tema del dettaglio «scultoreo» dentro un ambiente architettonico. La tesi è che alle scale diverse dellabitazione e dellarredamento corrispondano approcci diversi, a garanzia di una dialettica interna agli edifici.
Questultima parte, oltre allepilogo, riassume il libro, che è una pragmatica dimostrazione dellambiguità intrinseca a ogni visione del progetto come metafora di (qualsiasi) tutto.
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