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Luigi BartolomeiWritten by: Città e Territorio Forum

Città a 30 km/h: Bologna rallenta troppo in fretta

Città a 30 km/h: Bologna rallenta troppo in fretta

Le prime multe hanno reso operativa una norma che rincorre gli slogan senza offrire ponderate alternative al trasporto su gomma

 

BOLOGNA. Da questa settimana, se entrate in città, fatelo ai 30, e con molta attenzione, perché il percepito può ingannare: che si tratti di via Emilia Levante o di San Donato, di Andrea Costa come di Massarenti – dalla rotonda d’innesto della tangenziale ai viali di circonvallazione -, sia giorno che di notte, tutti i principali assi urbani (con limitate eccezioni, anche quelli che si potrebbero percepire di scorrimento) ammettono o presto ammetteranno come limite massimo i 30 km/h.

Beninteso: lungi da chi scrive e da questo Giornale un elogio della velocità. Il futuro reclama decrescita e prossimità, ma la riduzione che si predica nelle velocità dev’essere anche quella conquistata alla scala dei progetti che dovrebbero essere così l’esito di analisi caso per caso, quartiere per quartiere, e non il versamento di un retino isotropo sulla quasi totalità della rete viaria urbana.

La misura era già stata annunciata quest’estate, ma solo dal 16 gennaio sono scattate le prime multe. Complici le sanzioni, si percorreranno a 30 km/h assi stradali ove il superamento dei 50 km/h non è mai stato sistematicamente contrastato (per esempio con autovelox), nemmeno a valle d’incidenti mortali. L’inasprimento dei divieti rischia così la stessa fine delle grida manzoniane.

In ogni caso, se doveste venire a Bologna, una ragione in più per arrivare in treno.

 

Un sistema che scricchiola

Le città 30 sorte in Europa (Helsinki, Graz, Bruxelles, Grenoble) hanno avuto anche lo scopo di favorire i mezzi pubblici negli spostamenti urbani, ridurre l’impatto del rumore veicolare (per questo Amburgo ha zone 30 notturne), limitare gli incidenti e l’inquinamento e, in generale, favorire l’abitabilità dei quartieri. Si tratta di provvedimenti che possono giungere a riguardare anche l’80% dei segmenti viari dell’area urbana, ma ottengono questo risultato per aggregazione di zone, in un disegno complessivo a isole che preserva canali di scorrimento a 50 km/h o più, sedi di efficaci sistemi di trasporto pubblico, sovente in sede propria.

Quanto a questo, il sistema bolognese scricchiola, perché tra le virtù del capoluogo emiliano non vi sono certo le infrastrutture e i trasporti pubblici, stratificati dalle diverse amministrazioni in assenza di una strategia di lungo periodo, non senza catastrofici dietrofront (si pensi ai filobus a guida ottica) ed esose quanto inefficaci operazioni cosmetiche (il People Mover). Sta di fatto che a tutt’oggi non vi è alternativa ai mezzi su gomma per attraversare la città. Si unisca a questo un provvedimento indiscriminato a tutta la città di 30 km/h ed è alto il rischio che l’inefficienza diventi stasi.

 

Bologna-Europa, una distanza culturale

La maggiore distanza con i contesti europei si misura però in termini culturali, e riguarda la dimensione del progetto: i 30 km/h, infatti, non sono solo un limite di velocità, ma una scala di progettazione e una nuova misura della qualità urbana. La città 30 richiede un disegno di dettaglio (nei marciapiedi, nelle pavimentazioni, nel displuvio e nella raccolta delle acque, nelle aiuole e nell’arredo urbano) che dichiari all’autista il primato del pedone e della città pedonale, delle biciclette e delle utenze fragili. Ma per un approccio siffatto, che considera il dettaglio delle infrastrutture in termini di progetto di architettura e paesaggio, è ancora rara in Italia la sensibilità e la formazione.

Così, “la prima grande città italiana a diventare Città 30”, tanto voluta dall’amministrazione, pare piuttosto discendere da uno slogan che conseguire alle esigenze e alla fisionomia di questa città e dei suoi quartieri, che di lentezza, qualità e progetto continuano ad avere bisogno, anche senza andare a caccia di primati.

 

Autore

  • Luigi Bartolomei

    Nato a Bologna (1977), vi si laurea in Ingegneria edile nel 2003. È ricercatore presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, ove nel 2008 ha conseguito il dottorato di ricerca in Composizione architettonica. Si occupa specialmente dei rapporti tra sacro e architettura, in collaborazioni formalizzate con la Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna ove è professore invitato per seminari attinenti alle relazioni tra liturgia, paesaggio e architettura. Presso la Scuola di Ingegneria e Architettura di Bologna insegna Composizione architettonica e urbana, ed è stato docente di Architettura del paesaggio e delle infrastrutture. È collaboratore de "Il Giornale dell'Architettura" e direttore della rivista scientifica del Dipartimento, “in_bo. Ricerche e progetti per il Territorio, la Città, l’Architettura”

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Last modified: 18 Gennaio 2024