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Losanna: il formalismo degli Aires Mateus per il Mudac

Losanna: il formalismo degli Aires Mateus per il Mudac

Visita al Museo cantonale di design e arti applicate contemporanee, che ha completato la rigenerazione del comparto urbano Plateform 10

 

LOSANNA (SVIZZERA). Plateform 10 è l’area che la città ha sottratto allo scalo ferroviario e ha dedicato ai nuovi musei della città. Situata di fianco all’imponente stazione, che ha un ruolo centrale nell’urbanistica cittadina, gode per questo di un’accessibilità straordinaria. Nel 2019 avevamo visitato il primo dei due musei previsti nell’area (entrambi progettati a seguito di concorsi): il Museo Cantonale delle Belle Arti (MCBA) di Barozzi Veiga, che abbiamo apprezzato soprattutto per la sapiente interpretazione del luogo. Un’architettura dalle forme elementari e razionali, che rivolge ai binari il fronte cieco e verso il nuovo spazio pubblico il fronte caratterizzato da una fitta sequenza di lame, il cui effetto prospettico viene colto dal visitatore proveniente dalla stazione. Rispetto allo spazio pubblico triangolare, infatti, il museo è collocato di lato e viene avvicinato tangenzialmente.

 

Un volume cubico in cemento bianco

Il secondo museo, inaugurato nel 2021 e progettato dai fratelli portoghesi Aires Mateus, è collocato come fondale dell’area e viene avvicinato frontalmente. Progettato dai fratelli Aires Mateus, è un volume cubico, che sembra giocare tutta la sua presenza sull’importanza del fronte, segnato da una profonda fenditura diagonale, che divide in due porzioni la massa di cemento bianco, definendo l’ingresso nel punto in cui tocca il terreno.

Quando tuttavia, prima di varcarne la soglia, il visitatore decide di giraci intorno per capirne la planivolumetria, scopre che tutti e quattro i fronti sono formati in modo analogo a quello dell’ingresso, con la fenditura continua che sale in corrispondenza degli spigoli e scende al centro dei fronti. Come se fosse stato concepito, appunto, per essere visto dinamicamente da tutti lati. Ma è accessibile solo il lato rivolto alla ferrovia, mentre gli altri due sono schiacciati a pochi metri da altri fronti realizzati nella montagna e separati dal museo da una depressione profonda fino al piano interrato. È singolare e poco comprensibile, questa modalità di relazione con il contesto, realizzata collocando nel luogo prescelto un edificio i cui fronti non reagiscono alle condizioni contestuali così diverse.

L’effetto di queste fenditure, realizzate per sospendere il volume, per liberarlo dalla gravità che lo lega al terreno, viene inoltre ridotto dai montanti verticali dei serramenti, che sono di notevole spessore e di colore nero e che cuciono tra loro i due volumi invece che distanziarli. Il progetto di concorso prevedeva, al contrario, un vetro privo di telaio e situato sul filo esterno della muratura, realizzando, grazie all’ambigua materializzazione, un più efficace effetto di sospensione.

Inoltre la vista frontale, apparentemente più importante, rimane fissa durante il lungo percorso di avvicinamento, e penalizza l’architettura che non preveda sorprese nella relazione tra spazio esterno ed interno. Nella percezione del volume di Barozzi e Veiga, invece, l’avvicinamento laterale consente di scoprire che tra le lame murarie ci sono pieni e bucature, che alla sera la luce interna rende più evidenti.

 

Museo del design e delle arti applicate, Museo della fotografia e Musèe de l’Elysèe

Il museo è composto da tre piani: il piano terra, quasi completamente libero da setti di separazione degli spazi, è dedicato ai servizi per il pubblico (accoglienza, biglietteria, bookshop, caffetteria, guardaroba, servizi igienici), il piano primo e il piano interrato sono spazi espositivi. Il piano primo ospita il Museo del design e delle arti applicate (MUDAC), il piano interrato ospita il Museo della fotografia e il Musèe de l’Elysèe.

I due piani espositivi sono spazi di forma quadrata, liberamente divisibili a seconda dei criteri di allestimento, mentre al piano terra viene messo in scena uno spazio che vuole essere spettacolare e attrattivo per il pubblico. La soletta di copertura si piega e appoggia a terra in alcuni punti, in modo da formare una specie di grande origami di cemento, le cui superfici riflettono la luce in modo diverso. La modulazione degli spazi prescinde, tuttavia, dalle esigenze delle attività alle quali sono destinati, e l’effetto risulta un po’ disordinato.

Il museo moderno ha ribaltato la gerarchia del museo ottocentesco, i cui spazi espositivi erano monumentali e gli spazi di accoglienza quasi inesistenti. Offre al pubblico spazi e servizi per metterlo nelle condizioni più adeguate alla fruizione delle opere esposte, che rimangono, comunque, la ragione centrale dell’istituzione museale. Nel caso del museo dei Mateus appare evidente un grande sforzo per rendere attrattivi gli spazi d’ingresso, per stupire il visitatore con effetti speciali.

L’esito di questo sforzo risulta un po’ deludente, sebbene rispetto alle nostre personali aspettative, di chi apprezza la capacità dei Mateus di risolvere situazioni complesse con l’uso della geometria elementare esaltata dal nitore dei volumi, come nel campus dell’Università cattolica di Lovanio. Infatti, in Belgio, gli antichi fabbricati vengono messi in relazione tra loro creando nuovi spazi didattici, con invenzioni formali dotate di potenza espressiva. A Losanna la condizione contestuale era indubbiamente più semplice e i raffinati strumenti espressivi messi a punto per risolvere condizioni difficili si sono rivelati inefficaci, lasciando prevalere la soluzione formalista.

Il Museo della Fotografia espone a rotazione parti del grande archivio, ordinando mostre di grande interesse. Nei giorni della nostra visita ospitava anche una bellissima mostra temporanea del fotografo ceco Josef Koudelka. Gli spazi del MUDAC offrivano, invece, una mostra temporanea sul tema della sedia contemporanea, con numerosi oggetti prodotti dal design radicale cosiddetto radicale.

 

Una felice rigenerazione urbana

All’interno della città densa e poco soggetta a processi di rinnovamento, lo spazio pubblico di Plateform 10 si conferma come uno spazio di una qualità speciale. La sua situazione, con un lato affacciato verso il lago e uno delimitato dalle grandi arcate di pietra sopra le quali continua la città costruita, ne fa un luogo particolare, appartato e silenzioso rispetto al traffico della piazza della stazione. Inoltre, è stata un’occasione di riqualificazione, soprattutto dei percorsi cittadini: lo spazio, infatti, non è a fondo cieco, ma collega parti della città con una pista ciclabile molto frequentata. I due nuovi musei sono tra i pochi esempi di architettura contemporanea di qualità di Losanna, che ha finora espresso la sua modernità soprattutto all’esterno della città vera e propria, nella costruzione della città universitaria, costantemente oggetto di rinnovamento.

 

Autore

  • Alberto Caruso

    Nato nel 1945, ha studiato al Politecnico di Milano, dove è titolare di uno studio di architettura, associato con Elisabetta Mainardi. Ha pubblicato progetti su «Casabella», «Domus», «Zodiac». È stato membro della Commissione edilizia del Comune di Milano e della Giunta esecutiva del Piano intercomunale milanese. Studioso dell'architettura ticinese, ha diretto «Rivista tecnica» nel 1996 e 1997. Nel 1998 ha fondato «Archi», rivista della SIA (Società Ingegneri e Architetti svizzeri), che ha diretto fino al dicembre 2017. È membro associato della Federazione Architetti Svizzeri (FAS). Ha pubblicato "La resistenza critica del moderno" (Tarmac Publishing Mendrisio, 2008) e "Caruso Mainardi Architetti, Abitazioni" (Electa, 2023)

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Last modified: 20 Dicembre 2022