A Bologna, fino al 12 novembre la mostra dal titolo “Metodo Simoncini. Ricerca di un’estetica dell’insieme” celebra l’autore dei font più iconici dell’editoria italiana
BOLOGNA. Ha inaugurato il 22 settembre presso il Museo del Patrimonio industriale la mostra Metodo Simoncini. Ricerca di un’estetica dell’insieme. Pochi conoscono la storia di questo imprenditore bolognese che dal 1954 al 1975 (anno della prematura scomparsa; era nato nel 1912) ha guidato l’azienda paterna, le Officine Simoncini. Inizialmente piccola officina per la riparazione di Linotype (le macchine con le quali in quel periodo si stampava), poi azienda produttrice delle matrici per le stesse macchine (dalla fusione pertanto dei singoli caratteri in piombo alla composizione delle pagine pronte per la stampa).
L’attività, grazie alla creatività di Francesco, messosi da autodidatta a ideare caratteri, si è allargata fino a diventare un’industria concorrenziale a livello internazionale per la progettazione e produzione di quelli che oggi chiameremmo “font“. Il “Metodo Simoncini“, il suo più grande successo, ha infatti ottenuto un brevetto internazionale, oltre che italiano e di altre nazioni europee: consisteva nel riprogettare i caratteri in modo tale da evitare le distorsioni e le sbavature dovute all’impatto dell’inchiostro sulla carta.
I suoi font più famosi sono passati sotto gli occhi di milioni di lettori per oltre quarant’anni e sono tuttora apprezzati in tutto il mondo: basti pensare al Garamond Simoncini, utilizzato dalla Einaudi e divenuto un carattere iconico nell’editoria italiana; al Delia, utilizzato per gli elenchi telefonici italiani. Il tutto sempre tenendo a mente l’utente finale dei suoi prodotti: il lettore. Chiarezza e leggibilità erano gli obiettivi che si poneva costantemente.
Anche nel rapporto con i suoi collaboratori e dipendenti emergeva il lato etico del suo operare: si prendeva cura del loro benessere e partecipava attivamente alla vita dell’azienda. Spostò la sede dalla periferia sud di Bologna alla vicina località di Rastignano, in un capannone realizzato appositamente che conteneva servizi all’avanguardia per l’epoca: una mensa, docce per i dipendenti, un asilo per le lavoratrici con figli. Quest’ultimo esiste ancora, benché trasformato nell’utilizzo da parte delle aziende che sono subentrate negli anni successivi. Ricerche ulteriori sono indirizzate a conoscere l’autore di questi spazi.
L’allestimento è ispirato alla disposizione del reparto disegno caratteri delle Officine Simoncini, con una suddivisione in tavoli, ciascuno che riporta filmati, fotografie e strumenti originali dell’epoca, introducendo al processo d’ideazione e realizzazione di una matrice per Linotype. La mostra è curata da Elisa Rebellato, conservatrice e studiosa di beni culturali (e nello specifico, librari) e da Antonio Cavedoni, progettista e studioso di caratteri (con esperienza di svariati anni alla Apple, negli USA). L’ideazione e produzione della stessa va invece attribuita a Griffo, La Grande Festa delle Lettere mentre il design e la direzione artistica sono di Dina&Solomon.
A integrare l’esposizione si aggiunge dal 12 ottobre la mostra a ingresso gratuito “Il Garamond ritrovato”, in cui più di 40 artisti-grafici hanno, senza vincoli di tecnica, reinterpretato una lettera, un numero, un segno del carattere ideato dall’imprenditore bolognese.
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Immagine di copertina: Francesco Simoncini
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Last modified: 17 Ottobre 2017