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Written by: Città e Territorio Progetti

Paesaggi italiani contemporanei: adattamenti, contaminazioni, fragilità

Paesaggi italiani contemporanei: adattamenti, contaminazioni, fragilità
Nella ricorrenza della firma della Convenzione Europea del Paesaggio, un atlante di progetti recenti testimonia lo sviluppo di una cultura legata alle istanze sociali e ambientali

 

Nel 2000, il riconoscimento della centralità del paesaggio nei processi di amministrazione e progettazione dei territori europei tramite la Convenzione Europea del Paesaggio coincide con un momento storico nella comunità scientifica a livello mondiale, ovvero la pubblicazione dell’articolo “The Anthropocene” da parte del chimico Paul Crutzen e del biologo Eugene Stoermer. 

Negli anni a seguire attorno a questo termine sono stati costruiti la maggior parte dei discorsi e delle teorie sulle relazioni fra i cambiamenti climatici e l’impatto delle azioni antropiche sulla Terra. Nonostante le problematicità fatte emergere a più riprese in vari ambiti disciplinari, va riconosciuto il merito a questa popolare locuzione di aver concettualmente reintrodotto l’umano nella complessità delle dinamiche ecologiche terrestri, in una dimensione dove discernere con chiarezza il limite fra naturale e artificiale per interpretare i fenomeni del mondo perde di senso, o almeno di efficacia. È proprio nel paesaggio e nel suo progetto contemporaneo che questo cambio di passo si è inscritto in maniera più evidente, tanto a livello teorico quanto operativo. Se da un lato la Convenzione non ha avuto il risvolto attuativo sperato, dall’altro ha registrato questo cambiamento, in particolare tramite due passaggi essenziali. 

Il primo è l’estensione del concetto di paesaggio alla totalità del territorio esistente, non più solo quelli riconosciuti dagli enti addetti ai lavori, ma anche quelli che appartengono alla quotidianità, agli spazi obsoleti, ai contesti urbani: insomma il paesaggio è una questione globale che attraversa tutte le scale e condizioni. 

Il secondo è il riconoscimento del paesaggio come l’esito dell’interazione congiunta di attori e forze, umani e non-umani. È qui che emerge il cambio di prospettiva probabilmente più significativo, ovvero da una concezione di paesaggio come un sistema esclusivamente formale e quantitativo al paesaggio come una questione processuale e qualitativa. Ne deriva un modo radicalmente diverso di analizzare e progettare gli spazi aperti, improntato sempre di più sull’osservazione, l’interazione, la negoziazione e la reciproca trasformazione fra le parti in gioco, umane e non-umane. Al tempo stesso, la rinnovata attenzione per il paesaggio coincide, e non è casuale, anche con il riconoscimento di “una condizione di dominante degrado che inizia dall’incapacità di tutelare e mantenere il nostro patrimonio storico e ambientale, ma che in realtà ha la sua causa più profonda nell’incapacità di saperlo riprodurre, reinventare secondo le esigenze e i valori del tempo presente”, come scrive Franco Zagari nel 2017. In Italia, più che in altri paesi firmatari della Convenzione, questa sensazione è molto forte e diffusa. 

L’esiguo numero di progetti di paesaggio di qualità a fronte di un elenco vastissimo di contesti che necessitano un intervento ne è la riprova, complice anche l’anacronistica e ingiustificata resistenza a un adeguato riconoscimento professionale della figura del paesaggista nei processi di progettazione degli spazi aperti in Italia, a differenza di quanto accade da decenni nel resto d’Europa. Tuttavia, questo contributo vuole portare sotto i riflettori alcune di quelle esperienze progettuali che dimostrano che una cultura del paesaggio aggiornata alle istanze sociali e ambientali del mondo contemporaneo sta emergendo anche in Italia. Di seguito, viene presentato un sintetico atlante di 5 progetti, la cui realizzazione si colloca negli ultimi 15 anni, differenti per geografia, scala e tipologia, ma ognuno rappresentante una categoria ricorrente nei paesaggi contemporanei. 

Immagine di copertina: Parco della Pace, Vicenza, 2025 (dalla pagina web panassociati.it/progetto/parco-della-pace-vicenza/) 

 

Paesaggi in traduzione | Giardini Camerini | Piazzola sul Brenta (Padova)

Progettisti: CZ Studio | Costruzione: 2016 | Superficie: 0,6 ha 

Questo progetto lavora sull’accessibilità dell’ala adibita a giardino della piazza a emiciclo Paolo Camerini di fronte a una villa di disegno palladiano, lo spazio pubblico di massima rappresentanza della città di Piazzola sul Brenta. Lo studio di progettazione, ben consapevole di agire in un contesto sottoposto a vincolo, tra la monumentalità palladiana e l’ingegneria idraulica della pianura veneta, decide di tradurne e reinterpretarne gli elementi e i materiali adeguandoli alle esigenze del paesaggio contemporaneo. Il suolo è il protagonista del progetto utilizzato come matrice del sistema distributivo, funzionale, materico, ecologico ed estetico del progetto. La piattaforma di accesso all’area alberata è realizzata in binderi di porfido su sabbia per garantire un grado minimo di permeabilità, ma al tempo stesso la durabilità; il percorso che conduce verso la roggia antistante la villa è fatta in blocchi di stabilizzante in polvere fibrorinforzato, anche in questo caso superficie semi-permeabile, ma anche elastica; la parte di pavimentazione vicino alla roggia consiste di pietre recuperate dalle panche esistenti; infine, nell’area multifunzionale vengono realizzate tre fasce di superfici in ghiaia con cromie tra il grigio, bianco e beige, in risonanza con gli altri trattamenti dei suoli esistenti e progettati. 

 

Paesaggi delle ibridazioni | Parco Centrale di Follonica (Grosseto)

Progettisti: Microscape + Proap + Gonçalo Byrne | Costruzione: 2009-2016 | Superficie: 7,5 ha 

Il parco occupa una posizione centrale nella città di Follonica, punto di giuntura e potenziale articolazione fra differenti tessuti urbani. Precedentemente il sito ospitava un ippodromo che nel 2012 cessa le attività. Il progetto prevede la realizzazione di un’arena per spettacoli e un’area per ospitare il mercato settimanale. Le due parti sono accostate, ma funzionano come un tutt’uno: da sud-ovest a nord-est delle strisce di densa e rigogliosa vegetazione arbustiva e alberata definiscono le vie che ospitano le piazzole per il mercato; a fine di questo sistema lineare un accumulo di terra alto fino a cinque metri e di forma semi-circolare ospita l’arena per concerti ed eventi. Le funzioni richieste sono accomodate nel progetto, ma ibridate nella struttura continua del parco e tenuti insieme da una vegetazione diffusa che contempla elementi dell’ecologia dunale così come altri tipici dell’entroterra toscano.  Quando il sito non ospita il mercato settimanale o altri eventi nell’arena lo spazio è utilizzabile come parcheggio o come luogo per lo svago e il tempo libero. Il Parco Centrale di Follonica è un paesaggio ibrido dove usi ed ecologie differenti si incontrano e convivono. 

 

Paesaggi degli adattamenti | Parco della Pace | Vicenza

Progettisti: EMF + Pan Associati + Franco Zagari | Costruzione: 2016-2024 | Superficie: 65 ha 

Il Parco della Pace è situato a nord di Vicenza nel sito di un ex aeroporto militare. L’opera è il risultato di una misura compensativa voluta dal comune per la costruzione di una nuova base militare americana su una metà del sito. Il gruppo di progettazione decide di trasformare l’area in una grande macchina idraulica, un ricco rifugio per la biodiversità e uno spazio pubblico multifunzionale. L’intero progetto si potrebbe riassumere in una massiccia operazione di terra forming (240.000 metri cubi di terreno smossi) con l’intenzione di generare una grande varietà di paesaggi e topografie che appartengono al mosaico ecologico della pianura veneta: zone umide, boschetti igrofili e planiziali, filari e siepi, prati incolti, orti. Il parco funziona essenzialmente come un grande bacino di laminazione (con una capacità di contenere fino a 100.000 metri cubi d’acqua) suddiviso però in numerosi specchi d’acqua diversificati fra canali e laghetti di varie dimensioni. La regia delle acque è pensata in modo adattivo non solo rispetto ai cambiamenti stagionali, ma soprattutto in relazione agli effetti drastici dei cambiamenti climatici: il paesaggio del Parco della Pace è molteplice, capace di funzionare dal punto di vista ecologico e sociale durante i momenti di siccità così come quelli di intense piogge.

 

Paesaggi delle contaminazioni | Osservatorio La Goccia | Milano

Progettisti: Terrapreta | Costruzione: 2021 – in corso | Superficie: 18 ha 

Osservatorio La Goccia è un progetto che nasce in seno a un’iniziativa di citizen-science mirata a catalogare le specie vegetali presente sul sito abbandonato delle ex-Officine del Gas nel settore nord-est Bovisa di Milano condotta nel 2021. Dal 1994, anno della chiusura delle attività, a oggi una ricca selva di specie pioniere e parti in stato più maturo della successione ecologica hanno preso posto sui suoli industriali contaminati dalla combustione del carbone dando il via a un processo spontaneo di bonifica. L’Osservatorio promuove un’idea di progettualità come pratica laboratoriale ed esplorativa dove la conoscenza del sito e delle sue trasformazioni avviene tramite l’esperienza diretta in molteplici momenti aperti alla cittadinanza e con contributi da altre discipline. Non solo, questa esperienza promuove anche una cultura del progetto che è capace di svincolarsi dai consueti meccanismi di rigenerazione delle nuove centralità urbane, dove spesso contaminazione è sinonimo di rimozione. L’Osservatorio La Goccia decide intenzionalmente di “restare con il disturbo”, secondo la visione di Donna J. Haraway, della contaminazione e seguire i processi in atto nel luogo e i ritmi della foresta. A oggi il progetto consistite di attività partecipate mirate ad approfondire la conoscenza della vegetazione, delle specie animali e dei suoli, e nel futuro, a partire da questo quadro assortito delle conoscenze, sono previste azioni di trattamento delle aree ancora contaminate e altri interventi per garantire l’accesso e la fruibilità alla cittadinanza.

 

Paesaggi delle fragilità | Stasi e Agamennone (Messina)

Progettisti: NOWA studio | Costruzione: 2012 | Superficie: 0,5 ha 

A seguito della disastrosa alluvione dell’ottobre 2009 (causò 37 morti, 95 feriti e più di mille persone sfollate; è stato calcolato che la quantità di fango scesa dalle montagne, 900.000 metri cubi, avrebbe riempito per 11 volte il Colosseo) nella provincia di Messina è urgente la riparazione dei fragili sistemi idrici delle fiumare. Anche in questo caso l’attitudine progettuale vuole mettere in discussione un paradigma culturale diffuso: quello secondo cui ogni trasformazione fisica dell’ambiente appartiene esclusivamente alla sfera della tecnica, intesa come riduzione e semplificazione dei problemi, soprattutto dopo fenomeni di collasso e traumi. Stasi e Agamennone si inseriscono nel più ampio progetto di ricerca “Riparare Fiumare” che mette a sistema workshop partecipati, azione temporanee, microinterventi e operazioni più durevoli per informare la cittadinanza, renderla partecipe delle diverse possibilità di trasformazione dei territori che abitano. Si tratta di due progetti di infrastrutture idrauliche che operano lungo le aste fluviali di due fiumare utilizzando elementi standard come gabbioni metallici, briglie, barriere, recinzioni e muri di contenimento. Questi elementi vengono reinterpretati attraverso variazioni di forma e materiali, trasformandosi in occasioni per creare spazi pubblici, percorsi e nuovi suoli. Le architetture proposte si radicano in una lettura approfondita delle specificità geologiche, morfologiche e topografiche delle fiumare e ne rappresentano una continuazione, assumendo la fragilità intrinseca di tali paesaggi non come condizione da rimuovere, ma come principio generativo di valore e qualità spaziale, ecologica e sociale.

 

Marco Armiero, “L’era degli scarti: Cronache dal Wasteocene, la discarica globale”, Einaudi, 2021

Gianni Celestini, “Agire con il paesaggio”, Aracne, 2018. In particolare l’articolo di Franco Zagari, “Agire con il paesaggio: Fermare, conquistare, trattenere uno spazio”

Paul Crutzen e Eugene Stoermer, “The “Anthropocene”, in Eckart Ehlers e Thomas Krafft (cura), “Earth System Science in the Anthropocene”. Springer-Verlag, 2006 

Donna J. Haraway, “Staying with the trouble: Making kin in the Chthulucene”, Duke University Press, 2016

IASLA, “Paesaggio Europa. Linee guida per l’attuazione della Convenzione europea del paesaggio”, DeriveApprodi, 2022

Annalisa Metta, “Il paesaggio è un mostro: Città selvatiche e nature ibride”, DeriveApprodi, 2022

Marco Navarra, a cura di Liliana Adamo, “Terre Fragili. Architettura e catastrofe”, LetteraVentidue, 2022

Marco Navarra, “Geologic architecture. Circular trajectories in the Anthropocene”, in TECHNE – Journal of Technology for Architecture and Environment, 2021

Autore

  • Federico Broggini

    Federico Broggini è architetto e ricercatore laureato all’Accademia di Architettura di Mendrisio. Fa parte del collettivo di architett*, urbanist* e architett* del paesaggio Latitude Platform for Urban Research and Design operante a Bruxelles, Roma e Venezia. È dottore di ricerca in architettura del paesaggio, titolo conseguito presso l'Università degli Studi Roma Tre. Durante il percorso di dottorato è stato visiting researcher all’École Nationale Supérieure du Paysage (ENSP) Marseille. Un tema ricorrente esplorato nelle ricerche e nei progetti è l’agentività dei materiali del paesaggio, con una particolare fascinazione e attenzione per il mondo dei suoli urbani. Dal 2025 ricopre il ruolo di segretario di IASLA, la Società scientifica italiana di architettura del paesaggio.

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Last modified: 12 Novembre 2025