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Written by: Professione e Formazione

Marco Romano (1934-2025)

Marco Romano (1934-2025)

Una vita dedicata a sperimentare e aprire nuovi percorsi di conoscenza e di consapevolezza su città e bellezza            

 

È morto Marco Romano, magister urbis infinitamente curioso, generoso senza mai mostrare d’esserlo, indomito esploratore di città, viaggiatore instancabile di regioni lontane così come della più minuta provincia italiana, irriverente e appassionato nella polemica, strenuo indagatore di cibi, vini e bellezza per quel che raccontano delle civiltà umane. 

È stato un intellettuale di tradizione socialista e di convinzione liberale, con profondissime radici nella cultura europea di derivazione borghese e illuminista.

 

Una ricerca curiosa e spavalda

Nel 1980 – non ancora cinquantenne, direttore della rivista «Urbanistica» dopo essere stato segretario dell’INU, direttore del dipartimento di Urbanistica allo IUAV, assistente di Giovanni Astengo – Romano decise di fare i conti con la disciplina che insegnava. Restituì, attraverso le pagine de L’urbanistica in Italia nel periodo dello sviluppo (1942-1980), il suo personale e disincantato “racconto urbanistico”. Lo fece con il naturale spavaldo coraggio che gli era proprio e con quella sua ricerca curiosa di possibili punti di vista differenti, utili a dimostrare che “le cose non stanno esattamente così”. Una volta superato quel punto del non ritorno, impiegherà dieci lunghi anni per riconfigurare il possibile ruolo della città come foucaultiano oggetto discorsivo. 

Così, L’estetica della città europea. Forme e immagini (Einaudi, 1993) è un libro sorprendente: le venti pagine della bibliografia ragionata testimoniano un forte radicamento del testo in quella che Romano chiama l’antropologia storica.

 

Ha contribuito alla revisione dei saperi

Civitas

, urbs, diritti di cittadinanza, individuale/collettivo, sfera simbolica, percezione, politica, tecnica, progresso e soprattutto bellezza sono solo alcuni dei lemmi di un nuovo vocabolario della città, che guarda alla sua concretezza, ai temi architettonici, alla sequenza degli spazi, costruendo una stretta relazione tra i desideri dei cittadini e quello che la città è, o forse potrebbe essere, se architetti e urbanisti si rendessero conto della sua reale consistenza.

Quel libro s’iscrive in un generale movimento di revisione dei saperi, verificatosi nella cultura architettonica italiana tra gli anni Ottanta e Novanta. Dopo anni di movimenti centrifughi, tentati dalla possibilità di cercare all’interno di altrove quei fondamenti, alcuni autori si sono impegnati a investigare, attraverso i loro libri, l’oggetto stesso della propria disciplina. 

Spesso, quelle sistematiche rifondazioni si sono giovate di uno sguardo alle discipline nel loro sviluppo storico”. È capitato per le costruzioni con Edoardo Benvenuto (La scienza delle costruzioni e il suo sviluppo storico, 1981) e con Salvatore Di Pasquale (L’arte del costruire. Tra conoscenza e scienza, 1995), è avvenuto con Paolo Torsello per il restauro (La materia del restauro. Tecniche e teorie analitiche, 1988). Forse anche il libro di Manfredo Tafuri sul Rinascimento del 1992 va letto come un’analoga operazione dedicata alla storiografia (dentro un dibattito a distanza con il volume di Roberto Gabetti e Carlo Olmo, Alle radici dell’architettura contemporanea, 1989).

 

Un’azione indomita di sperimentazione civile

Tuttavia a Romano non bastò, trent’anni fa, segnare il punto sul piano accademico. Le aule delle università, i seminari, gli scambi con i suoi dottorandi, non erano che una parte di un’azione civile molto più ampia. Utilizzò ogni mezzo possibile per comunicare il suo punto di vista: i quotidiani, i talk show televisivi, i pubblici dibattiti con gli amministratori locali, un sito web nel quale archiviare le descrizioni di città che via via visitava, le posizioni pubbliche come membro del Consiglio superiore del Ministero dei Beni Culturali. 

Soprattutto non smise di scrivere, specificando i termini della sua estetica antropologica, coinvolgendo tutti i possibili editori italiani. Diede alle stampe un manuale con figure, un pamphlet sulla città come opera d’arte, una riflessione sul declino della città europea, un libro politico (bellissimo) sulla libertà dai codici edilizi e urbanistici, un catalogo di città e una raccolta di figure di piazze, per chiudere con un accorato invito a cogliere il ruolo delle donne come portatrici del gusto nella costruzione della civiltà urbana europea.

Difficile per chi gli è stato allievo, amico, compagno di studi e di ricerca non subirne il fascino, assumendone l’imprinting. Commemorandolo, Stefano Boeri ha detto che è stato un urbanista umanista che ci ha insegnato la concretezza della città e delle sue forme. 

L’ha pensato spesso chi, nella casa sua e della cara Lina (Sotis) a Milano, varcava la soglia dello studiolo ricolmo di libri nuovi e vecchi e di appunti trovando ad attenderlo una nuova avventura editoriale o un nuovo progetto, una nuova domanda tutta da aggiustare e riarticolare, un ragionamento destinato a prendere presto la strada meno frequentata. Lasciandosi così appassionatamente sorprendere fino a provare pienamente la vertigine di trovarsi in un punto di vista del tutto differente da quello condiviso dai più.

Come ha detto Robert Frost: “Due strade trovai nel bosco e io, io scelsi quella meno battuta. Ed è per questo che sono diverso”.

Autore

  • Marco Trisciuoglio

    Architetto e dottore di ricerca in Problemi di metodo nella progettazione architettonica, insegna al Politecnico di Torino e alla Southeast University di Nanchino. Insieme alla collega Bao Li, dirige l’unità di ricerca congiunta “Transitional Morphologies”, che studia le dinamiche di evoluzione della forma urbana in culture insediative europee, asiatiche e del sud del mondo, con attenzione ai temi del progetto urbano. Studioso delle teorie dell’architettura, delle tecniche di progettazione, delle relazioni che l’architettura ha intrattenuto nel tempo con la natura e con i principi della costruzione, coltiva da un decennio la passione per la storia e la civiltà cinesi

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Last modified: 15 Gennaio 2025