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Paolo VerdeschiWritten by: Forum Patrimonio

Roma: Foro Italico, mon amour

Roma: Foro Italico, mon amour

Riceviamo e pubblichiamo una lettera che riflette sui nodi delle recenti vicende di un complesso monumentale delicato e composito

 

Il 6 luglio si è svolto il convegno Foro Italico Mon Amour – Difendere e valorizzare il ‘900, presso la Casa dell’Architettura, organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma con il coordinamento scientifico dell’architetto Marco Maria Sambo. Vecchie problematiche e nuove proposte sia politiche che tecniche si sono confrontate ma, a parere di chi scrive, senza la precisione dei layers cad drawing che, ognuno con la propria funzione, sovrapposti e combacianti, definiscono un progetto condiviso di restauro e sviluppo del Parco del Foro Italico.

Puntuali gli interventi dei tecnici relatori, corretti ma generici quelli dei politici intervenuti che non hanno chiarito le perplessità riguardo alle dichiarazioni (ANSA, 13 maggio 2023) del presidente di Sport & Salute Vito Cozzoli rilasciate durante lo svolgimento degli Internazionali di tennis a Roma: “Il Foro Italico quest’anno si è superato (si è passati da 95 a 125.000 metri quadrati); è più grande, più accogliente, più innovativo, più artistico, con più servizi. La sua bellezza invece è rimasta identica”. E nel convegno del Maxxi sul Foro Italico “Sguardi sul/dal Foro Italico” del 24 maggio: “Storia, sviluppo e innovazione. Queste le tre direttrici su cui si muoverà il nostro intervento di sviluppo e valorizzazione grazie alle risorse messe a disposizione della struttura di missione che fa capo al ministro Abodi […]. Vogliamo fare del Parco un vero monumento nazionale ‘vivente’, mettendo a sistema tutti i beni: dagli impianti sportivi agli edifici monumentali e valorizzando gli straordinari contenuti artistici ed architettonici”.

A parte i 30.000 mq in più, i concetti sono condivisibili ma l’interrogativo è come vadano realizzate queste idee. Nei fatti qualche altra perplessità nasce quando l’ingegner Emiliano Curi, responsabile tecnico di Sport & Salute, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera del 13 maggio “… ci siamo accorti che qualsiasi nostra ipotesi cadeva di fronte alla perfezione delle soluzioni scelte da un grande autore come Luigi Moretti…” affermazione che però non trova riscontro quando ha citato la biblioteca dell’Accademia della Scherma e il Palazzo GIL di via Induno come esempi virtuosi.

Il Foro Italico romano è un esempio straordinario di architettura moderna del Novecento, ideato dall’architetto Enrico Del Debbio, realizzato dal 1927 e inaugurato nel 1932 con il contributo di altri architetti come Luigi Moretti e Costantino Costantini e, successivamente negli anni cinquanta, di Cesare Valle e Annibale Vitellozzi. I vari interventi sono stati calibrati rispetto all’impianto urbanistico originale e quindi rapportati con la collina di Monte Mario e il Tevere, che divengono essi stessi parte del progetto.

Confrontando le foto di epoche diverse del Foro Italico e quelle di progetti futuri, sembrerebbe che la strada che si sta seguendo sia quella di adattare tutto il complesso alle esigenze del momento e non quella di restaurare prima filologicamente tutto il complesso e dopo inserirvi delle funzioni compatibili con la storia e la qualità architettonica dei luoghi. Negli ultimi anni sono stati riempiti dei vuoti con nuove strutture sportive, senza considerare che essi erano parte integrante del progetto originario, come l’obelisco, i mosaici e la sfera.

Il primo intervento di sostituzione avvenne con la demolizione del vecchio Stadio dei Cipressi del 1932, inaugurato dopo la guerra nel 1953 come Stadio dei Centomila, mantenendo sempre un’altezza non prevaricante rispetto alla collina di Monte Mario. Nel 1990 fu praticamente demolito e ricostruito, stravolgendo il progetto iniziale: un fuori scala avulso dall’insieme architettonico e paesistico. Di lato alla Casa delle Armi vi era un vuoto con strutture sportive a raso che la distaccavano dallo stadio della Pallacorda, oggi intitolato a Nicola Pietrangeli. Negli anni novanta su questo spazio venne realizzato uno stadio in legno lamellare, demolito nel 2007 e ricostruito in acciaio e cemento, inaugurato nel 2010.  Per la sua copertura, nel 2019 è stato bandito un concorso, di cui solo da pochi mesi sono stati pubblicati gli esiti ma il progetto vincitore non è visibile. È difficile immaginare che essa possa migliorare il contesto, vista la vicinanza con la Casa delle Armi. Come amante del tennis posso concordare con la dichiarazione del presidente Cozzoli, ma come architetto dissento fortemente dall’affermazione sulla bellezza del Foro Italico rimasta invariata.

Altri dubbi nascono dalle condizioni dell’Accademia della Scherma, la Casa delle Armi di Luigi Moretti, capolavoro internazionale brutalizzato negli anni ottanta trasformandolo in aula bunker del Tribunale di Roma. Dopo anni di damnatio memoriae, nonostante gli archivi, le pubblicazioni, la recente monografia dedicata dall’Ordine di Roma a Moretti, mostre e convegni, ancora non c’è una comprensione del suo linguaggio architettonico che miri a un corretto restauro filologico.

Un altro aspetto che richiede delle riflessioni è che nel restauro generale di tutto il Foro Italico, e soprattutto della Casa delle Armi, non risulta che siano stati consultati studiosi e istituti universitari con competenza nel campo del restauro del moderno. Il restauro della Casa delle Armi, prima dal punto di vista filologico e poi tecnico, è molto delicato: basti pensare ai marmi dei rivestimenti esterni (livello di carbonatazione, stato delle malte di adesione, metodo di consolidamento consolidamento).

Quando s’interviene in uno spazio urbano architettonicamente composito, bisognerebbe valutare tutti gli elementi e la loro storia, perseguendo un equilibrato dialogo tra la struttura originaria e i nuovi spunti progettuali. Lo strumento del concorso dovrebbe essere la norma per attuare gli interventi di trasformazione. Come si fa a non pensare al complesso del Foro Italico senza considerare, al di là del Ponte della Musica, lo stadio Flaminio, il Palazzetto dello Sport e poli culturali come il Maxxi e l’Auditorium? Penso che sarebbe opportuno, visto il sempre maggiore successo degli Internazionali di Tennis inseriti stabilmente nel circuito ATP World Tour Masters 1000 e nel circuito WTA 1000, valutare la collocazione in altra zona di un nuovo stadio del tennis moderno e funzionale. Gli US Open hanno avuto una nuova e moderna sede. Il centrale di Wimblendon è un luogo storico, del 1922, senza particolari qualità architettoniche e poteva già contenere circa 14.000 spettatori; la copertura non ha intaccato l’esistente. Stessa cosa vale per il Roland Garros a Parigi, nato nel 1928.

Altro aspetto che si evidenzia in questo caso è la necessità dei piani di conservazione e manutenzione programmata di tutti gli edifici storici e comunque pubblici, anche se in carico a un ente o ministero, avendo costatato che il vincolo diretto, passivo e discrezionale in alcuni casi, non è stato sufficiente a preservare opere architettoniche di notevole interesse. Un’opinione, quest’ultima, condivisa da molti. La trasformazione della Casa delle Armi in museo multimediale dello sport è difficile da immaginare. A quel punto sarà un addio alle armi e rimarrà solo la casa.

 

Autore

  • Paolo Verdeschi

    Nato a Roma (1952), si laurea in architettura nel 1979 e segue un corso ICCROM nel 1980. Si occupa di restauro. Tra i suoi principali interventi, il restauro di villa La Saracena di Luigi Moretti a Santa Marinella (Roma). È relatore a convegni e tiene conferenze nei corsi di Storia, disegno e restauro dell'architettura, e di Gestione del processo edilizio presso la Sapienza, Università di Roma

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Last modified: 30 Gennaio 2024