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Gerardo DotiWritten by: Reviews

Nitidi particolari: Gian Luigi Banfi fotografo razionalista

Nitidi particolari: Gian Luigi Banfi fotografo razionalista

All’Università IUAV la mostra «Comporre, costruire, fotografare. L’architetto Gian Luigi Banfi fotografo razionalista», a cura di Giuliano Banfi e Serena Maffioletti

 

VENEZIA. L’occhio del fotografo cade ovunque, sulla cortina di case della moderna periferia, su singoli brani di architettura, su particolari di fontane monumentali, elementi decorativi, interni domestici e oggetti di arredo. È l’importante raccolta antologica di fotografie di Gian Luigi Banfi, riferibili al periodo compreso tra il 1938 e il 1942, presentata nella mostra a cura del figlio Giuliano, che le ha offerte al Sistema Bibliotecario e Documentale Archivio Progetti dell’Università IUAV di Venezia, e di Serena Maffioletti, coordinatrice del Comitato scientifico dell’Archivio. Le foto esposte, appartenenti al Fondo Julia e Gian Luigi Banfi, sono solo parte di un ricco patrimonio di immagini costituito da 2.200 negativi e numerosi provini, alcuni dei quali attentamente montati a mo’ di progetti di scena dallo stesso architetto.

Con queste fotografie Banfi si ritaglia il tempo della verifica e dell’affinamento dei temi portanti della ricerca condotta dai BBPR, le cui basi teoriche e programmatiche sono tutte già poste in anni precedenti. L’osservazione intorno al linguaggio dell’architettura e del design occupa quindi un posto centrale nel corpo d’immagini da cui, tuttavia, non sono estranei confronti e rinvii sui lasciti della storia. La ripresa dal basso di un particolare della fontana del Nettuno a Firenze, che oppone il candore del marmo di mischio del dio del mare dell’Ammannati al bronzo di una delle dee marine attribuite al Giambologna, o l’uso di fotografare dei monumenti solo i particolari, come nel caso dei gattoni rampanti del Duomo di Orvieto, echeggia interessi e schemi che negli stessi anni della sua breve vita appartengono anche a Giuseppe Pagano, la cui opera fotografica occupa uno spazio rilevante nella sua attivissima esistenza.

Le ricorrenze formali, le connessioni logiche o i collegamenti semantici emergono con grande evidenza. Che siano dettagli delle leggere intelaiature di facciata del Palazzo delle Poste all’E42 (1937-42) e di Villa Venosta a Gornate Olona (Varese, 1936), scorci d’interni domestici o complementi di arredo, il rigorismo strutturale del gruppo, applicato tanto alla scala dell’oggetto di design come a quella dell’edificio, è restituito senza infingimenti. L’intelligibilità del rapporto tra elementi resistenti e piani di chiusura, unita all’economia nell’uso dei materiali e delle forme, forniscono un’efficace chiave di lettura di una ricerca «affidata a una geometria che misura e ravvolge gli spazi» (Bruno Zevi, Storia dell’architettura moderna, Torino 1975) e di uno stile teso a «qualificare la quantità» (Serena Maffioletti, BBPR, Bologna 1994). Alcune foto tradiscono una predilezione per gli elementi ripetuti, le sequenze ritmiche, la cui efficacia comunicativa è frutto dell’abilità selettiva con cui Banfi svela rapporti logici e artistici.

Nel corpus di fotografie solo apparentemente documentaristiche, non è difficile cogliere qua e là un oscuro e profondo senso di introspezione, come nei particolari dell’edificio delle poste all’E42 a Roma. Qui Banfi non si fa cronista, sceglie piuttosto di proporne una rivelazione, renderci partecipi di una visione in profondità. Alla maniera del grande fotografo statunitense Harry Callahan, Banfi immerge le nitide trame e le astratte geometrie dell’edificio postale in dense tonalità scure. L’uso programmatico degli estremi della scala tonale, con le ombre nere delle membrature strutturali e l’abbagliante luminosità dei piani, restituisce spazi impersonali, stimolando interrogativi sugli elementi base dell’architettura e le risorse disciplinari impegnate nell’esercizio progettuale.

Alcune immagini sembrano scene di un film, scampoli di sceneggiatura. Prove eloquenti di un utilizzo assolutamente naturale della macchina fotografica e dell’autenticità di una produzione che non è mai un sottoprodotto del progetto ma testimonianza dell’impegno, attraverso l’uso del tutto autonomo del linguaggio fotografico, a favore di un alfabeto moderno da cui fare scaturire, come scrive Pagano nel 1939 sulle pagine di «Casabella-Costruzioni», «il linguaggio dell’architettura viva».

«Comporre, costruire, fotografare. L’architetto Gian Luigi Banfi fotografo razionalista»
a cura di Giuliano Banfi e Serena Maffioletti
26 febbraio – 15 marzo
Università IUAV di Venezia, Cotonificio, spazio Gino Valle

Autore

  • Gerardo Doti

    Architetto e ricercatore di Storia dell'architettura presso la Scuola di Ateneo di Architettura e Design dell'Università di Camerino. Si è laureato cum laude nel 1988 (Roma "La Sapienza"). Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia dell'Architettura e dell'Urbanistica (VIII ciclo) nel 1997 ed è in possesso dell'abilitazione scientifica a professore associato (Icar/18). È membro del Consiglio direttivo dell'Associazione Italiana di Storia Urbana, del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura (coord. dell'Osservatorio sulla ricerca) e del comitato di redazione di "Roma Moderna e Contemporanea". I suoi interessi scientifico-culturali sono prevalentemente orientati verso la storia dell'architettura e dell'urbanistica otto-novecentesca e verso la storia del territorio.

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Last modified: 18 Marzo 2019