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Alessandro ColomboWritten by: Design Reviews

Il Bauhaus fra spirito e materia

Il Bauhaus fra spirito e materia

Una mostra al Musée des Arts Décoratifs di Parigi ripercorre, attraverso oltre 900 opere, l’epopea della mitica scuola statale tedesca che voleva superare l’antinomia fra arte e artigianato

 

Formazione base: classe di pittura (docenti Wassily Kandisky e Paul Klee). Laboratori: falegnameria (docenti Walter Gropius e poi Marcel Breuer); teatro (Oskar Schlemmer). Direttori: Walter Gropius a Weimar e poi a Dessau, in seguito Hannes Meyer per lasciare a Ludwig Mies van der Rohe da Dessau a Berlino.

PARIGI. Solo questi nomi, fra gli altri, sono quelli che fanno tremare i polsi a chi, come noi, ha alle spalle la storia del Novecento, ma che allora erano i nomi della quotidianità per quella famiglia di discepoli e docenti riuniti attorno all’esoterico ideale di un mondo educato dal buon disegno.

Come tutti i miti, il Bauhaus, o la Bauhaus come dicono quelli che sanno, è conosciuto per la punta dell’iceberg, per gli aspetti più esteriori che hanno influenzato per decenni l’arte, l’architettura, il design, il teatro e le cui tracce sono ancora ben evidenti nella nostra vita quotidiana e nella nostra forma mentale. Ma sfuggono le radici, la genesi e gli aspetti più esoterici di quella che fu una breve parentesi, dal 1919 al 1933, dalla repubblica di Weimar al Nazismo, di una scuola, statale, che voleva superare l’antinomia fra arte e artigianato grazie all’opera di maestri artigiani e maestri della forma che diedero vita a nuovi giovani maestri che, scontratisi con l’uomo nuovo nazionalsocialista, furono costretti alla diaspora nel mondo fecondando l’epopea moderna del Novecento così come la conosciamo oggi. Ben venga, dunque, la bella mostra «L’esprit du Bauhaus» che, al Musée des Arts Décoratifs, rende conto, grazie a più di 900 opere, di questa “formidabile avventura umana”.

S’inizia dalle radici, da William Morris a Henry van de Velde, dall’Arts & Crafts all’artigianato delle Deutsche Werkstätten senza dimenticare le influenze teosofiche di Rudolf Steiner, per arrivare alla nascita del primo Staatliche Bauhaus a Weimar nel 1919. De Stijl è già presente dal 1921 con Theo van Doesburg e in soli quattro anni si arriva alla mostra del 1923, opera corale di straordinaria qualità ma anche di deliziosa ingenuità, che trova espressione nell’innovativa Haus am Horn, laboratorio reale di dimostrazione pratica delle nuove idee.

Il punto più alto è però costituito dalla nuova architettura di Dessau, masterpiece di Walter Gropius, che diverrà icona del Moderno per eccellenza al punto che le sue parti saranno venerate come relique da generazioni di architetti: vedi i balconcini nella mirabile ripresa dal basso o le grandi vetrate replicate in molteplici occasioni dai seguaci del Razionalismo. È un trionfo di oggetti in ceramica, legno e metallo, tessuti, vetri e sculture, pittura, tipografia e pubblicità, architettura, teatro e fotografia.

La summa si ha in un video straordinario ove, in una casa dal rarefatto minimalismo ante litteram, una famiglia benestante si muove nella modernità dei trovati del design e della moderna architettura di interni, ovviamente assistita dalla cameriera in perfetta tenuta che tradisce le radici profondamente borghesi dei nostri padri razionalisti. Inevitabile l’amara constatazione odierna: tutto era già stato inventato, tutto era già codificato per i decenni a venire. E così è stato per il mondo del design che non è mai più riuscito a riconoscersi in una visione positiva e totalizzante che, forse, solo il mondo nato a Weimar, ad un passo dalla tragedia, poteva avere.

Mostra ricca, documentata e molto ben articolata; anche se l’allestimento è solo una messa in fila dei materiali sotto le volte del Musée di rue di Rivoli. Ha forse il solo difetto di non sapersi fermare per tempo e, anzi, va a cercare una molto improbabile sezione contemporanea che ha il solo merito di riportarci alla realtà per constatare come, oggi, la grande avventura del Bauhaus sia un’utopia ormai lontana.

 

Immagine di copertina: Marianne Brandt, teiera (1924 circa). © Metropolitan Museum of Art

 

L’Esprit du Bauhaus

dal 19 ottobre 2016 al 26 febbraio 2017
Musée des Arts Décoratifs – 107 Rue de Rivoli, Parigi


Commissari generali: Olivier Gabet, Anne Monier con Louise Curtis e Raphaèle Billé
Commissari scientifici: Monique Blanc, Béatrice Quette


Direzione artistica: Mathieu Mercier
Allestimento:
Laurence Fontaine

Grafica: Bastien Morin

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 1 Febbraio 2017