parigi. Curata da Jean-Marie Duthilleul (Arep-Sncf), architetto di molte delle stazioni del Tgv francese e recentemente partner di Jean Nouvel e Michel Cantal-Dupart per la consultazione internazionale del Grand Paris, e da Marcel Bajard, autore di De la gare à la ville (2007), la mostra «Circuler. Quand nos mouvements façonnent les villes» esplora la relazione tra levoluzione delle tecniche e delle pratiche di trasporto e la forma urbana, attraverso 9 sezioni che propongono un percorso allo stesso tempo cronologico e tematico. Uno degli aspetti più riusciti consiste nellesperienza sonora concepita da Louis Dandrel e Bernard Lubat, che immerge il visitatore da un paesaggio sonoro allaltro durante il percorso. Dopo alcune brevi, e a dire il vero un po rudimentali e non sempre convincenti, considerazioni storiche, dal neolitico al barocco, la mostra comincia con limmersione sensoriale in una strada del Medioevo. Viene poi il tempo dei trasporti meccanizzati e lirruzione del treno nel cuore delle città: la stazione, vista come nuova porta urbana, è presentata nella sua veste di «cattedrale» dellOttocento. Molti esempi, sia francesi che internazionali, illustrano questo aspetto spettacolare nellevoluzione delle città al momento della loro crescita.
La sezione successiva è incentrata sullo sviluppo dei mezzi di trasporto meccanizzati allinterno dello spazio urbano, tramvie, metro e poi automobile, e sopratutto su come abbiano cambiato il modo di vivere e concepire la città, spesso in maniera radicale. Segue, logicamente, una sessione sulle utopie urbane che hanno avuto i trasporti come vettore dellimmaginazione sulla città futura, dalle visioni di William Robinson Leigh (1909) a quelle di Harvey Wiley Corbett (1913) per esempio, o al progetto di un aeroporto urbano sotto la torre Eiffel tra i ponti della Senna. Per la seconda parte della mostra, Duthilleul adotta una retorica che parte dalle conseguenze, negative per le città, di una separazione delle funzioni e dei flussi resa possibile dallo sviluppo dei trasporti, insistendo poi sulle possibilità di un nuovo approccio, dal ritorno al tram come mezzo di trasformazione dello spazio viario, alla riscoperta del piacere di viaggiare, a partire degli anni novanta, grazie allalta velocità. La mostra approda infine alle prospettive odierne del Grand Paris e del suo anello di trasporto pubblico. Questa visione orientata verso un futuro al cui centro cè lattività odierna del curatore stesso stenta a volte a convincere, ma almeno dice molto sullo spirito attuale dei dibattiti parigini, il che è già di per sé una ragione.
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