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Alessandro Colombo e Paola GarbuglioWritten by: Biennale di Venezia

Gli allestimenti in Biennale: istruzioni per l’uso

Gli allestimenti in Biennale: istruzioni per l’uso

Un manuale lagunare per appassionati, tra ironia, strutture, natura e padiglioni…

 

Per fare un buon allestimento meglio avere a disposizione un padiglione. Quelli della Biennale di Venezia vanno benissimo. Preferire comunque sempre quelli ricavati in spazi di risulta o nati per altri usi (vedi Arsenale). Quelli nati nazionali (vedi Giardini) necessitano di approcci più radicali che verranno illustrati nel prosieguo.

 

Strutture

Strutture, strutture, strutture!

Nessun allestimento, se non una bella struttura: garantisce successo e considerazione. Vanno molto archi e volte, a padiglione e a botte, in legno o in laterizio, meglio se autocostruiti. Il top è il bambù. Pronunciare bene, beemboou, no bambù. Come dite? Ai vostri tempi solo gli sfigati frequentavano Tecnica delle Costruzioni? Aggiornarsi, aggiornarsi (Foster Foundation, Corderie dell’Arsenale, Padiglione Centrale)

Scale e rampe

Vanno sempre bene per salire e vedere le cose da un punto di vista nuovo (Italia, Danimarca, Paesi Nordici, Corderie dell’Arsenale, Gaggiandre)

Archistar

Ci sono, ci sono sempre, eccome se ci sono… meglio dissimulare, comunque. Scegliere altro titolo, tipo senatore, o istituzione, una fondazione ad esempio. Se proprio si vuole far vedere un progetto celarlo dietro bellissima accumulazione di abiti colorati (Foster Foundation, Padiglione Centrale, Arsenale)

Materiali

Legno. Legno uber alles. Da utilizzare assolutamente. In pannelli o lamellare, osb o multistrato, piallato o non, massiccio solo se esotico o con una storia. Pareti, pavimenti e, ovviamente, strutture: si può usare ovunque e mette subito nella luce giusta. Vanno bene anche semilavorati, rami, radici e modellini in legno. Se qualcuno osserva che si tagliano troppi alberi, che c’è la deforestazione, che una volta eravamo contro l’uso del legno e ci legavamo agli alberi, invitare a non sottilizzare. Ovunque

Cartongesso. Materiale da Leone d’oro e da curatore generale. Ma non sognatevi assolutamente di fare una parete di cartongesso o, almeno, non fatelo troppo vedere. Il cartongesso va usato destrutturato: la struttura da una parte, i pannelli dall’altra oppure non li usate proprio. Ottimo quello di recupero, sempre separato. Se proprio dovete fare un controsoffitto lasciatelo con le stuccature a vista. Se qualcuno nota che non ha mai visto un cartongesso di recupero così nuovo, che tutti gli elementi sono storti uguali, che solo quelli in fondo alla sala dove si vede meno hanno qualche vite, che prendere le lastre, spezzarle a pezzettini tutti uguali, montarli uno sull’altro in pareti instabili, ma fascinose, anche curve, costa una cifra impressionante a metro quadrato e non rende sensato alcun recupero ed è, di fatto, insostenibile, se qualcuno nota tutto ciò: non consideratelo (sala introduttiva Corderie, sala Chini Padiglione Centrale, sala padiglione Centrale, Spagna)

Metalli. Per pochi, anzi per pochissimi. Solo se hanno una storia di tremila anni e madre natura vi ha dotati di mano leggera (Barhain) o in versione mare del golfo se avete chi ve lo lucida (Kuwait)

Fotografie e immagini

Otiima scelta. Alle pareti, sospese, incorniciate, in pile da portare via eccetera eccetera, funzionano: siamo pur sempre nell’epoca dell’immagine (Spagna, Perù, Brasile, Austria, Venezuela)

Ready made

Citate Duchamp e usatelo con scioltezza e a grande scala, potreste arrivare a risultati poetici (Turchia)

Multimedia

Da evitare: siamo proprio fuori dal mood. Si rischia di sembrare degli esseri preistorici (Irlanda)

Natura

Se avete un giardino buttatevi: è il vostro momento. Approccio basico: contenitori ricolmi di terra e semini da piantare, stile orto urbano o terrazza metropolitana solidale. Costa poco e rende molto (Cina)

Padiglioni nazionali storici

Usateli, ma mettete subito in chiaro che non li avete voluti voi così.

Padiglione modernista: rivestire con reti da cantiere blu e luci blu all’interno (Olanda)

Padiglione eclettico: gettata di bitume con sassi che cola all’esterno (Francia) oppure buttatela sul centro commerciale e fate finta di essere all’Ikea (Gran Bretagna)

Padiglione firmato da architetto dal nome imbarazzante: demolite le pareti (forometrie a regola d’arte con dettagli da manuale per non far dimenticare la vostra cultura) e allestite con bancali di mattoni pieni in modo da far capire che ricostruirete subito dopo (Germania)

Padiglione movimento moderno in legno: se è disegnato da Alvar Aalto non fate niente, va bene così.

Padiglione che l’ho finito l’anno scorso, per favore non rovinatelo: realizzate una piscina all’interno (Australia)

Padiglione che questo è quello che abbiamo: fate un buco per terra (Uruguay)

Padiglione che è proprio brutto: demolitelo (fate finta, of course) mettendo i sacchi di macerie allineati in bella mostra all’esterno (Canada)

Padiglione che è proprio bello: fate uno ziggurat all’interno, in legno ovviamente, ma ricordatevi che la gente sale e picchia la testa contro il soffitto, bellissimo, in sottili costole di beton brut (Paesi Nordici)

 

Per chi non ha un padiglione

Non disperatevi, se ne può sempre realizzare uno. La tenda è bene accetta, ma assolutamente scegliete il modello da protezione civile e non quello da colonia estiva (Giardini). Il container sbarcato sulla riva con struttura annessa è una scelta molto elegante e non impegna (Foster Foundation). Si può anche costruire una struttura a scala (due piccioni con una fava) da far galleggiare alle Gaggiandre

Memento

Per fortuna a novembre si smonta e fra due anni nessuno si ricorderà più di niente.

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PS: perché questo Manuale? Un po’ per celia, un po’ per non morire e, soprattutto, perché questa è una Biennale di smarrimento e priva di (auto)ironia

 

Autore

  • Alessandro Colombo e Paola Garbuglio

    ALESSANDRO COLOMBO nasce a Milano. Dopo gli studi classici e musicali si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1987 con Marco Zanuso. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura. Nel 1996 cura, con Pierluigi Cerri, il disegno di Palazzo Marino alla Scala a Milano per Trussardi e nel 1998 il progetto degli spazi pubblici e delle strutture di Expo ‘98 a Lisbona. È socio fondatore di Studio Cerri & Associati e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per la Villa Reale di Monza e il compasso d’oro con Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster, Expo 2015 Milano. PAOLA GARBUGLIO nasce a Milano. Completati gli studi classici si laurea in architettura al Politecnico di Milano sotto la guida di Marco Zanuso. Nel 1989 incomincia una collaborazione di dieci anni con la Gregotti Associati. Nel 1990, con Alessandro Colombo, vince il Major of Osaka City Prize indetto dalla Japan Design Foundation di Osaka con il progetto Terra: Instructions for Use. Nel 1994 conosce il maestro Gino Cosentino di cui diviene allieva ed amica e con il quale lavorerà fino al 2006 anno della sua morte. Nel 1999 fonda con Alessandro Colombo lo studio Terra, luogo d’incontro di arte, grafica, design e architettura. La sua produzione artistica degli ultimi anni comprende alcune centinaia di opere.

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Last modified: 30 Giugno 2016